Scuola: generalizzare uno sciopero che ha un valore generale
Nella giornata di venerdì 26 novembre 2021 si è tenuta presso il Centro Frentani e on line l’Assemblea Generale Nazionale della FLC CGIL. Al centro della sua discussione, ovviamente, lo sciopero generale della scuola indetto nei giorni precedenti da FLC CGIL, UIL Scuola, Snals-Confsal e Gilda-FGU.
Come area #RiconquistiamoTutto nella FLC siamo interventi con questo intervento di Luca Scacchi [qui sotto] e con quello di Monica Grilli. La segreteria nazionale ha infine presentato un ordine del giorno [qui la bozza] che, sebbene non condiviso da noi in diverse analisi e proposte, non solo prendeva nettamente posizione su due elementi importanti (la necessità di aumenti salariali di 350 euro, come da noi già delineato nella piattaforma alternativa presentata qualche mese fa; il contrasto dell’autonomia differenziata, a partire dalla richiesta di stralcio del relativo collegato dalla Legge di Bilancio 2022, con l’accettazione di un emendamento proposta dalla compagna Monica Grilli), ma sottolineava l’importanza di allargare l’iniziativa del 10 dicembre, da una parte considerando “strategico che lo sciopero possa essere indetto in contemporanea con le analoghe iniziative promosse da altre categorie della CGIL come la FIOM” e che “vengano pienamente coinvolti nella mobilitazione generale studenti, famiglie, associazionismo, movimenti”, dall’altra ritendendo che possa esser considerato “un primo passo di un percorso più generale di mobilitazione, che possa sfociare anche nella costruzione di uno sciopero generale confederale”, oltre che proseguire l’iniziativa di lotta all’inizio del prossimo anno (come sottolineato anche da Francesco Sinopoli, segretario generale FLC, nella sua replica). Per questo abbiamo votato a favore dell’ordine del giorno, con una dichiarazione di voto che compare al termine di questo intervento.
INTERVENTO DI LUCA SCACCHI
Compagni e compagne, settantatré anni fa, in un’altra stagione e in un altro secolo, ma in una fase che come questa era segnata da una sconfitta sindacale e da un arretramento pesante delle organizzazioni sindacali di questo paese, nel novembre del 1958, a Brescia in una fabbrica importante allora in Italia, la OM, un’organizzazione sindacale proclamò uno sciopero contro il premio antisciopero che era dato allora dalla FIAT in ogni stabilimento del suo gruppo. Allora la Om aveva diverse migliaia di dipendenti: scioperano però solo poche persone (15/20), il gruppo dirigente ristretto di quel sindacato, che era la FIM non ea la FIOM, e qualche compagno della FIOM. Dico questo perché ci sono scioperi, occasioni di lotta, momenti particolari, in cui l’adesione immediata a quell’iniziativa di sciopero non sono così rilevanti. Perché in quel momento è più rilevante la stessa proclamazione dello sciopero, l’atto in sé e le sue motivazioni, e segna, segna le dinamiche sindacali, segna le dinamiche di quel posto di lavoro, segna le dinamiche generali e come quello sciopero del 1958 segna la storia della FIM e in qualche modo anche la storia di questo paese. Indipendentemente dalla partecipazione. Io difendo e difenderò sempre il ruolo e l’importanza, l’intelligenza e la forza, di un sindacato che compie scelte di questo tipo, come lo ebbe allora il segretario della FIM di Brescia [Franco Castrezzati], di comprendere e capire quando questi scioperi servono.
Questa non è la situazione del 10 dicembre. Lo dico, e ho richiamato questa storia, perché credo sia importante esserne consapevoli. Il 10 dicembre lo sciopero della scuola è un altro sciopero. E’ uno sciopero in cui quante saranno le persone che si asterranno dal lavoro e quante saranno le persone che quel giorno saranno in piazza sarà una variabile determinante per la nostra azione e anche per la fase politica complessiva. Perché questo sciopero è uno sciopero particolare, io ritengo, e in salita.
E’ uno sciopero contro la politica del governo. Una politica che certo, è sulla scuola: Francesco [il segretario generale FLC] ha ricordato la piattaforma su cui abbiamo convocato lo sciopero, dall’autonomia differenziata alla questione salariale sino al problema degli organici [le dimensioni delle classi!]. Sono le motivazioni specifiche di categoria per cui arriviamo a questo sciopero. Questo sciopero, però assume oggi in controtendenza un valore, un significato e un ruolo politico generale, di cui io credo che tutti dobbiamo esser consapevoli. Sia per gli elementi su cui questo sciopero è stato indetto (la Legge di Bilancio 2022 e la politica economica e sociale del governo Draghi), sia per il fronte sindacale che lo ha indetto (il fatto cioè che non siamo soli a farlo, siamo con UIL, Gilda e Snals, ed oggi ad esser isolato è chi ha scelto di non farlo su una base esclusivamente politica, il pieno sostegno all’esecutivo Draghi). Sia per il fatto che siamo l’unica categoria al momento, oltre la FIOM, ad aver indetto e (diversamente ad oggi dalla FIOM) ad aver anche calendarizzato lo sciopero, organizzandolo concretamente.
Lo richiamava Raffale prima [Miglietta, responsabile struttura di settore scuola]: è uno sciopero contro una politica economica e sociale complessiva di questo governo. Uno sciopero contro una legge di Bilancio che sì, termina la lunga fase di austerità che abbiamo conosciuto in questo paese (con una manovra espansiva di oltre trenta miliardi), ma non termina ed anzi ribadisce un impianto liberale di gestione delle politiche economiche e sociali, che aumenta le divergenze economiche, sociali e territoriali di questo paese. E’ una politica di classe, quella del governo Draghi, diretta fondamentalmente ha sostenere il padronato nel quadro della pandemia e della Grande Crisi, come è evidente nello stesso PNRR. Una divergenza sociale, un impianto padronale e liberale, che è particolarmente evidente nella nostra categoria, perché al centro di uno dei principali diritti e servizi universali; quello dell’istruzione.
In questo quadro, non posso evitare qualche osservazione sull’università, anche in relazione a quanto detto da Francesco nella sua relazione. Queste politiche agiscono pensantemente anche dove le risorse ci sono, non solo sulla ricerca (solo per gli enti vigilati dal MUR e condizionato da un illegittimo commissariamento governativo del CNR), ma anche sull’università (dove si programma un aumento nel quinquennio del Fondo di Finanziamento Ordinario di oltre il 10% e si prevedono quasi 12mila assunzioni, non solo docenti ma anche del personale tecnico, e si delinea un aumento medio degli stipendi del personale tecnico amministrativo che complessivamente arriva intorno ai 170 euro medi lordi mensili). Queste risorse infatti saranno gestiti secondo una logica e secondo i meccanismo della Legge 240 del 2010, dell’Anvur e della VQR (secondo i meccanismi premiali che hanno creato in questi dieci anni discriminazioni e divergenze). Rischiano cioè di esser risorse che paradossalmente amplificheranno e approfondiranno le divergenze di sistema dell’università italiana, tra il personale tecnico amministrativo ed i docenti, tra ateneo ed ateneo, tra i territori più ricchi e quelli più poveri.
Queste scelte sull’istruzione della legge di Bilancio si collegano comunque ad un impianto generale. Un impianto che in parte, solo in parte io credo, è ricordato anche nella piattaforma confederale. Se guardiamo alle scelte della Legge di Bilancio 2022, questo taglio padronale è evidente: basti guardare quanto rpevisto su l’ètà pensionabile e quindi il ritorno pieno della Fornero, il fisco (una legge che permetterà di far risparmiare le tasse a me come ai professionisti, ma non interviene sul lavoro nel suo complesso e soprattutto sui redditi più bassi), l’assenza di una reale politica industriale, gli indirizzi su quei servizi sociali universali (scuole e sanità) che sono stati i più colpiti dalla pandemia e che proprio nella pandemia hanno rivelato tutte le ingiustizie e le fragilità di 20/30 anni di politiche neoliberale in questo paese. Basti pensare alla questione dell’autonomia differenziata e alla scelta non solo di prevedere un collegato che la rilancia, ma di dar applicazione ai LEP sociali nell’articolato della Legge. Un impianto che conferma e si intreccia con gli assi di un Piano Nazionale di Resilienza volto sostanzialmente all’aumento della produttività totale dei fattori, volto cioè soprattutto a rispondere agli interessi dell’impresa, che in modo opaco ed unilaterale si sta mettendo a terra in queste settimane (in università i bandi usciranno a giorni). Un PNRR; cioè, che come abbiamo segnalato in categoria ma non solo porta lo stesso segno ed indirizzo che oramai in maniera evidente caratterizza tutte le azioni del governo Draghi.
Questo sciopero però non sarà facile. Si sviluppa nel quadro di una profonda divisione del lavoro in questo paese. Una divisione che in primo luogo e del paese, è materiale, è inscritta nella sua struttura produttiva e nei dati stessi della ripresa di questi mesi. Una divisione tra settori produttivi, modelli di accumulazioni e strategie industriali (a riprendersi sono soprattutto le imprese industriali che producono beni intermedi e che esportano, cioè quelle inserite in filiere europee e internazionali). Una divisione tra territori: la ripresa del PIL si concentra in particolare in Veneto, Emilia Romagna e Lombardia, aumentando quelle divergenze geografiche che da vent’anni corrono nella nostra struttura produttiva e, ops, guarda caso sono proprio le tre regioni (di centro sinistra e di centro destra) che chiedono oggi l’autonomia differenziata.
Uno sciopero che interviene in una situazione difficile del lavoro anche nella nostra categoria. Lo abbiamo visto, lo abbiamo toccato con mano, nelle assemblee di settembre e di ottobre, spesso poco partecipate e in cui la rabbia e l’indignazione per la situazione è spesso profondamente intrecciata con la rassegnazione e l’apatia. Lo abbiamo detto sin da agosto e settembre: di fronte alla mancanza di ogni rispetto del patto per la scuola, impegni che sin dalla scorsa primavere ci sembravano vuoti, di fronte all’assenza di ogni reale intervento su salute e sicurezza nella scuole, di fronte alla scelta neoliberista di una politica vaccinale condotta con il greenpass, serviva una reazione immediata e concreta del sindacato, proprio per tessere un rapporto con il lavoro e far emergere un ruolo del sindacato. Quell’azione è mancata e la sua assenza pesa nelle scuole e nel nostro rapporto con la categoria. In questo quadro già difficile, siamo poi di fronte ad una dinamica sociale di ulteriore confusione, segnata dai movimenti reazionari, dal green pass, da una gestione vaccinale neoliberista (individualista e senza porre al centro la sanità pubblica territoriale) del governo Draghi. Una dinamica che da una parte sfrangia e divide il lavoro, dall’altra amplifica apatie sociali nel lavoro, mentre assumono protagonismo e una proiezione di massa movimenti di matrice fascista e di estrema destra, che sull’onda delle sconfitte e della disorganizzazione del lavoro, oltre che dello sviluppo dei movimenti reazionari di massa dell’ultimo decennio, penetrano anche nelle classi lavoratrici e in quelle subalterne.
In questo quadro complesso lo sciopero del 10 dicembre assume un valore generale, confederale. In questi mesi abbiamo visto anche segnali di una possibile nuova primavera, di un nuovo protagonismo proprio di giovani e lavoratori/lavoratrici. La manifestazione milanese di Friday for Future a settembre, la determinazione del Collettivo di fabbrico GKN e il consenso sociale che si è sviluppato intorno ad essa, lo sciopero Amazon, il corteo del 18 settembre, le mobilitazioni del 30 e 31 ottobre per il G20 a Roma, in queste settimane le occupazioni in tante scuole superiori. Una stagione nuova che vede al centro le contraddizioni centrali di questo modo di produzione: lo sfruttamento sull’uomo e sulla natura. Io credo che proprio in questa stagione, proprio a fronte delle sue contraddizioni e ambivalenze, la CGIL avrebbe dovuto indicare e costruire uno sciopero generale. Oggi, anzi, già nelle scorse settimane. Per dare nelle piazze e nei posti di lavoro un punto di riferimento, intorno a cui ricostruire interessi ed identità collettive. Da soli, se nessuno ci fosse stato, o insieme a chi ci stava come avvenuto nella scuola. Uno sciopero generale che si proponga anche di ricomporre una vertenza generale, intorno alla questione del salario (la difesa del potere d’acquisto davanti ad un ritorno dell’inflazione e il recupero di quanto perso in questi decenni), il salario sociale (il rilancio di pensioni, scuola, sanità, che siano sistemi pubblici, nazionali e universali), la patrimoniale (per far pagare i costi della crisi a chi ha, non per redistribuire ai redditi più alti come con la riforma del fisco di Draghi), una redistribuzione e riduzione di orario (oggi come ieri, lavorare meno per lavorare tutti/e, nel corso della settimana come nel corso della propria vita).
Allora, lo sciopero del 10 dicembre è per rompere. Rompere questo isolamento e questa divisione del lavoro, rompere questa dinamica reazionaria che ha preso le piazze con il movimento novax. Quindi la costruzione e la partecipazione dello sciopero e delle piazze di quello scioperò sarà fondamentale. E sarà fondamentale farlo come scuola, ma sarà fondamentale soprattutto vivere quel ruolo confederale generale che come FLC abbiamo sempre rivendicato. Portare in quella mobilitazione e in quelle piazze gli studenti e i movimenti sociali, i soggetti e le soggettività con cui siamo stati in piazza il 30 ottobre e in assemblea il 31 a Roma, contro il G20 e le sue politiche di gestione della crisi. Io però credo sia utile anche una prospettiva e una propensione a generalizzare questa giornata a tutte quelle RSU, categorie e realtà (a partire dalla FIOM ma non solo) che si sentiranno di partecipare, con cui costruire uno sciopero che io credo sarà determinante per sviluppare quel percorso di lotta che come ha sottolineato Francesco nella sua relazione, non sarà occasionale e non potrà esser nemmeno di breve durata.
Luca Scacchi
LA DICHIARAZIONE DI VOTO SULL’ORDINE DEL GIORNO CONCLUSIVO
Molto rapidamente. Nell’ordine del giorno ci sono divere affermazioni e diversi elementi che non condivido e che non condividiamo come area congressuale. A partire da alcuni ragionamenti che Francesco Ha fatto anche nella replica intorno alla relazione con il governo Draghi ed in generale sull’impianto politico di questo esecutivo. Come riteniamo diversa, come ben sapete, la valutazione sulla necessità di scioperare a settembre, su come la FLC ha affrontato tutta la questione della sicurezza, su come arriviamo con difficoltà allo sciopero a dicembre. Detto questo, in questo ordine del giorno ci sono tre elementi che consideriamo importanti e che sottolineo: l’indicazione di una cifra di 350 euro (che riprende anche un intervista fatta da Francesco, ma che qui pone formalmente una cifra e anche un obbiettivo storico in relazione all’aumento salariale da richiedere), la questione dell’autonomia differenziata [dove si è anche accolto un emendamento che esplicita con chiarezza la contrarietà della FLC], ultimo e soprattutto non solo l’indizione dello sciopero, ma l’indizione di uno sciopero con un impianto e una prospettiva di sua generalizzazione (ripresa anche da Francesco nella replica): uno sciopero della scuola ma che si rivolge ad un campo più ampio, all’interno di un percorso in cui viene esplicitamente dato un carattere, una prospettiva, una dinamica confederale, per arrivare ad uno sciopero generale confederale. Per tutte queste ragioni io, e noi come area #RiconquistiamoTutto, votiamo a favore di questo ordine del giorno.
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