E.Como. AG Cgil. Perché non ritiriamo l’odg sul refererendum
Intervento di Eliana Como, AG CGIL nazionale, 14 settembre 2020
Rispetto ai temi generali, dirò alcune cose molto velocemente (rimando più dettagliatamente a questo mio articolo). Credo che sia una illusione pensare che un tavolo con il governo determini davvero l’utilizzo delle risorse del Recovery Fund in direzione dei temi a noi cari, a partire da quello centrale della sanità.
È vero, a differenza delle precedenti fasi, ora ci sono risorse in campo, ma l’EU post Covid non è migliore di prima. È la stessa delle politiche di austerità che ci hanno portati fin qui. Il Recovery Fund è un prestito condizionato e agirà non diversamente dal MES, con il rischio che ci troveremo a dover ripagare, in termini di controriforme, le risorse che oggi vengono stanziate.
Aggiungo che l’EU non è migliore neppure dal punto di vista politico, né dentro che fuori dai suoi confini: non ha detto una parola sui pieni poteri di Orban in Ungheria a marzo, né sul tentativo della Polonia di uscire dalla Convenzione di Istanbul, per non parlare di come chiude non uno ma quattro occhi su quanto sta avvenendo in Turchia sotto il regime guerrafondaio e fascista di Erdogan.
Non sto per questo sostenendo che i soldi del Recovery Fund siano sporchi e cattivi e quindi che non dovremmo pretenderli e rivendicarli, a partire dalla sanità, la scuola e lo stato sociale, la difesa dell’occupazione. Certo che dobbiamo farlo, altrimenti rischiamo di ripagarli senza averne visto nemmeno un euro. Tanto più dobbiamo farlo a fronte a una Confindustria che in modo rapace vuole che quelle risorse vadano interamente a imprese e investimenti, non contenti di aver già messo le mani su oltre 60 dei 90 miliardi di euro fin qui stanziati dal decreto Cura e dal decreto agosto.
Penso, però, che sia una illusione sperare di farlo a un tavolo con il governo, mettendo in campo solo mobilitazioni di apparato come quella del 18 settembre. Senza una risposta all’altezza dell’attacco di Confindustria, non abbiamo partita, né sulle risorse europee né sulle vertenze contrattuali. Confindustria ci ha dichiarato guerra. Dobbiamo avere il coraggio di dare una risposta radicale, all’altezza dello scontro. Non mi pare, per questo, che sia stata una buona idea uscire dal primo incontro con Bonomi il 7 settembre dichiarando ai giornali “incontro positivo”.
Rispetto al Referendum, condivido l’analisi fatta dalla segreteria: il taglio dei parlamentari produrrà, se sarà approvato, un ulteriore restringimento della rappresentanza territoriale, politica, di genere e di classe (già oggi lavoratori e lavoratrici non sono sono rappresentate in Parlamento, figuriamoci dopo il taglio). C’è in gioco un ulteriore accentramento della rappresentanza che rischia di determinare ulteriore corruzione e una ancora maggiore lontananza della politica dal mondo del lavoro (qui l’appello sul quale abbiamo raccolto centinaia e centinaia di firme di iscritti/e e militanti Cgil).
Per questo credo che sia sbagliata la proposta della segreteria nazionale di non dare indicazione e di lasciare “libertà di voto”. Espressione peraltro bruttissima, perché in nessun modo la nostra libertà di voto è in discussione, tantomeno quella dei nostri iscritti e iscritte.
A maggior ragione non condivido questa scelta, se il segretario generale riconosce, come ha detto nella introduzione, che il nostro posizionamento nel 2016 esplicitamente a sostegno del NO diede un contributo decisivo al suo esito. Se è così, perché ci sfiliamo oggi, tanto più se i sondaggi sono così fluidi e incerti! Prima di noi, si sono schierate organizzazioni di massa come l’ANPI e l’ARCI, con le quali condividiamo da sempre un impegno nella difesa della democrazia. Cosa impedisce a noi di assumerci fino in fondo la responsabilità di dare indicazione di voto!
Non condivido la posizione di chi minimizza l’impatto di questa riforma. Non è in discussione l’impianto stesso della Costituzione come nel 2016, ma in ogni caso il taglio dei parlamentari comporterebbe un grave e ulteriore peggioramento delle rappresentanza politica. Invece che risolvere i problemi, se ne produrrebbero di maggiori.
Tanto meno condivido l’opportunità, che il segretario ha richiamato nell’introduzione, di non schierarsi perchè è in gioco la tenuta dell’attuale maggioranza di governo. Trovo incredibile che si prenda in considerazione una simile argomentazione, quando si discute del merito in una riforma costituzionale. Primo perché non mi appassiona la logica del governo del “meno peggio”. Non si discute sul fatto che un governo alternativo a questo, in mano a Salvini e Meloni, sarebbe peggiore. Ma questa logica non ha fatto che danni in questi decenni e ha contribuito a farci perdere credibilità.
Peraltro, rispetto alla tenuta dell’attuale maggioranza di governo, sarei molto più preoccupata dell’esito delle elezioni regionali. E in ogni caso, ricordiamoci che assumenre la difesa di questa maggioranza significa difendere quegli stessi che voglio il taglio dei parlamentari e che, aggiungo, non hano ancora abrogato i decreti sicurezza (visto che parliamo di difesa della democrazia e rischio di un governo di destra).
È invece importante che la Cgil si schieri. Questo referendum è tutto giocato su un populismo spiccio, fatto di comprensibile e diffuso sentimento anticasta e antipolitica. Chi se non noi, dovremmo andare a spiegare le nostre ragioni nel luogo in cui quel populismo ha maggiore presa, cioè le fabbriche e i posti di lavoro. Il sindacato deve tornare ad avere il coraggio di sostenere tra i lavoratori e le lavoratrici i propri valori di riferimento e dire ciò che pensa su questioni come questa che attengono alla vita democratica del paese. E se populismo deve essere, ammesso e non concesso, andiamo noi a spiegare nei posti di lavoro perché per risparmiare non si tagliano piuttosto gli stipendi dei politici, le doppie cariche, i privilegi, gli sprechi, la corruzione.
Credo, peraltro, convintamente che noi dovremmo avere il coraggio di dire che la democrazia non è mai un costo (lo sostengo anche quando qui mi si spiega che è meglio fare riunioni online del gruppo dirigente perché così si risparmia. Per me è un errore: si deve risparmiare su altro, non sul confronto politico e democratico, che non è sostituibile dalle riuniuni online). E credo che dovremmo essere proprio noi ad andare a spiegare che la quantità della rappresentanza non è una variabile neutra rispetto alla sua efficacia. Vale anche per noi, storicamente, perché essere rappresentati da 3 rsu non è non è la stessa cosa che, come un tempo, essere rappresentati da decine di delegati di reparto.
Quindi lo dico senza remore: voterò NO. E vorrei che la Cgil si schierasse e desse precisa indicazione di voto. E non mi dà fastidio sapere che dirigenti di questa organizzazione dichiarino esplicitamente cosa voteranno su un referendum come questo, rispetto al quale si discute un tema legato alla democrazia di questo paese. Non mi avrebbe dato fastidio se il segretario, come ci ha raccontato nell’introduzione, avesse risposto alla giornalista che gli chiedeva cosa avrebbe votato, invece che eludere la domanda. Mentre mi dà eccome fastidio, quando viene detto alle elezioni politiche. Quante volte è accaduto che autorevoli dirigenti e segretari si siano schierati e abbiano usato mezzi e strumenti dell’organizzazione per questo o quel partito. Questo è sbagliato! Non lo è invece dire come si voterà in un referendum costituzionale su un tema così centrale per noi come quello della democrazia.
Per queste ragioni, insieme a Adriano Sgrò e agli altri compagni/e con cui lo abbiamo presentato, abbiamo deciso che non ritireremo, come ci è stato chiesto, l’odg (leggi qui). Nel chiedere il ritiro è stato richiamato il principio della lealtà. Ma compagni e compagne, questo è il maggiore organismo decisionale della Cgil: non credo che permettere che esso si esprima su un tema così importante metta in discussione la lealtà che esiste tra noi.
Eliana Como
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