Direttivo CGIL: il sindacato, il nuovo governo ed i suoi amici

Resoconto del direttivo nazionale del 2 settembre 2019

Il Comitato Direttivo della CGIL si è riunito in Corso Italia lunedì scorso, 2 settembre, per fare il punto sulla situazione politico sindacale, nel quadro della crisi di governo e della nuova probabile maggioranza parlamentare. Un primo confronto, che non si è risolto con la presentazione di documenti o un voto, e che sarà concluso con una prossima riunione dell’Assemblea Generale, una volta definito compiutamente il nuovo esecutivo.
Questo primo confronto, in ogni caso, ha rilevato e rivelato due diversi aspetti della reazione CGIL a questo nuovo quadro politico. Da una parte (senza particolari sorprese) il diffuso sollievo per la soluzione parlamentare della crisi di governo [a parte i compagni e le compagne di Riconquistiamotutto, ovviamente]. Dall’altra (più inaspettatamente) l’impressione che questo nuovo quadro politico possa fluidificare, e potenzialmente anche cambiare, gli assetti dell’organizzazione per come si sono determinati all’ultimo congresso.

LA RELAZIONE DI MAURIZIO LANDINI ha innanzitutto richiamato il confronto nel Direttivo dello scorso giugno [di fatto la prima riunione dopo il congresso di Bari dello scorso gennaio], che aveva avviato una riflessione sulla linea primaverile della CGIL [l’unità con CISL e UIL, le mobilitazioni di settore, il fronte con Confindustria] e le prospettive d’autunno [la definizione di una piattaforma sindacale unitaria, il confronto col governo, l’eventuale mobilitazione]. Quel confronto, che si sarebbe dovuto concludere nel Direttivo stesso verificando la tenuta unitaria della piattaforma e quindi definendo più chiaramente i suoi sviluppi, è di fatto stato interrotto dalla crisi politica d’agosto ed il cambio di stagione politica che ne è conseguito.
Il segretario della CGIL ha quindi sottolineato la pericolosità del disegno di Salvini. La conclusione di quell’operazione, le sottovalutazioni e i possibili errori che l’hanno segnata, non devono occultare la sua lucidità, con cui si voleva forgiare (attraverso le elezioni) un’alleanza sociale e un nuovo impianto di governo, segnato dalla prospettiva di un’esplicita rottura con la UE. Non un delirio di onnipotenza (la richiesta di pieni poteri), ma una svolta politica in un particolare contesto continentale (la richiesta di Boris Jhonson di una lunga sospensione del Parlamento per la Brexit, l’ampio consenso per la AFD in due importanti Lander tedeschi, ecc).
Landini ha quindi ribadito il sostegno della CGIL, e degli altri sindacati confederali, alla soluzione parlamentare della crisi, nel quadro di un rispetto delle istituzioni e del quadro costituzionale. Un sostegno espresso pubblicamente, attraverso il documento unitario del 13 agosto 2019. Di fronte alla pericolosità dell’operazione di Salvini era cioè fondamentale sostenere la centralità del parlamento, il determinante passaggio del suo dibattito per farla saltare, la verifica nel suo quadro della possibilità di diverse politiche.
In questo nuovo contesto, il segretario della CGIL ha quindi posto il problema di come sviluppare e agire la piattaforma unitaria. Il nuovo quadro, ovviamente, non prevede più uno sciopero generale, ma non lo esclude neppure. Nel quadro dell’autonomia del sindacato, che non ha governi amici, la risposta sindacale infatti dipende dal confronto con il nuovo governo e dalla definizione concreta della prossima legge di stabilità. Per questo, sarà utile dare continuità e visibilità a questa piattaforma, anche con un’azione pubblica ed una mobilitazione. In questo quadro, si colloca la mobilitazione a fine settembre di Friday for future, l’indicazione della centralità della questione ambientale e di un diverso modello di sviluppo su un terreno di massa. Il segretario ha ricordato l’incontro nel corso dell’estate con FFF, il sostegno della CGIL alla sua mobilitazione ma la difficoltà ha dichiarare uno sciopero senza una vertenza, ed indicato la proposta di organizzare proprio il 27 settembre assemblee in luoghi lavoro, magari anche con partecipazione di questi giovani.
Nel quadro della piattaforma unitaria, Landini ha quindi sottolineato l’opportunità di indicare alcune priorità per la legge di stabilità, per segnare una discontinuità delle politiche anche rispetto ai governi precedenti. Nella relazione, in particolare, sono state indicate sei priorità: investimenti e flessibilità di bilancio (una diversa politica di austerità, visto che modello produttivo su esportazioni è oggi alla corda in tutto il continente); la questione migranti, nel suo complesso e complessità; la riduzione dell’imposizione fiscale su pensioni e lavoro dipendente; il rinnovo dei contratti (pubblici, metalmeccanici, ecc), anche in rapporto con questo intervento fiscale; una pensione di garanzia per giovani e un riconoscimento delle differenze dei lavori e di genere sulle pensioni; la definizione della rappresentanza sindacale (nei prossimi giorni è probabile la firma con l’INPS su certificazione), con il rilancio dell’estensione erga omnes dei contratti.
In sostanza, il segretario della CGIL ha ribadito l’autonomia sindacale che si deve praticare anche con il futuro governo, l’esigenza di portare a casa dei risultati della nostra piattaforma e, se non li portiamo a casa, di prevedere il necessario percorso di mobilitazione.

IL DIBATTITO. In primo luogo, si è evidenziato l’ampio consenso [ad esclusione del nostro] per l’azione a sostegno della soluzione parlamentare della crisi, in alcuni interventi persino con toni entusiastici (nel quadro di un generale profumo da interlocuzione con il governo, in cui come ha riportato il compagno Grondona nel dibattito “la Cgil non ha mai avuto governi amici, ma sicuramente nella Cgil ci sono stati molti amici di alcuni governi”).
Sull’autonomia differenziata, alcuni interventi hanno sottolineato la necessità di una rinnovata azione della CGIL (anche nel quadro delle priorità della piattaforma), anche in considerazione del nuovo quadro di governo, nello sfondo della proposta dell’Emilia Romagna e del suo prossimo appuntamento elettorale: hanno cioè sottolineato la necessità di ribadire la difesa di servizi universali e di un sistema fiscale nazionale, contrastando la possibilità che in qualche modo prosegua il processo di autonomia differenziata impostato dal precedente governo [ad esempio Treves, Sposato, Mannino, ecc.]. Mentre altri hanno ricordato come proprio la soluzione Emiliano Romagnola sia diversa dalle impostazioni venete e lombarde, e possa quindi rappresentare un terreno di sviluppo per un diverso federalismo solidale [ad esempio Giove]. La FLC, nell’intervento di uno dei suoi principali esponenti [Santoro], ha invece esplicitamente sottolineato come anche la soluzione dell’Emilia Romagna non può esser presa in considerazione e che, in ogni caso, la scuola è nazionale o non è: qualsiasi progetto di autonomia la deve quindi escludere, per evitare qualunque differenziazione territoriale e qualunque minaccia al CCNL.
La discussione ha però rivelato, oltre questo trasversale consenso e questo evidente punto critico, un’articolazione parzialmente inaspettata.
Alcuni hanno sottolineato con particolare forza il rischio democratico rappresentato dall’opzione autoritaria di Salvini, la fragilità del governo (a partire dalla sua composizione, con una delle forze gialloverdi), il complicato spazio di manovra a disposizione (crisi e vincoli europei). In questo quadro, per alcuni si colloca quindi l’opportunità di un riposizionamento della CGIL o, in ogni caso, un’azione di interlocuzione e sostegno nel quadro dell’obbiettivo di ricostruzione di un campo politico progressista nel paese, in gradi di arginare le destre. [Con toni e argomentazioni diverse, ad esempio, Genovesi, Megale, Fammoni, ecc].
Altri hanno invece sottolineato, nel solco della relazione, l’importanza dell’autonomia sindacale: pur ribadendo una valutazione positiva sul sostegno alla soluzione parlamentare della crisi, hanno cioè rimarcato che nei confronti del governo sarà necessario verificare l’effettiva discontinuità delle sue politiche. Lo strumento per farlo è inevitabilmente quello della piattaforma sindacale. Non ci può esser quindi nessuna altra priorità politica da far valere, un’azione ed una mobilitazione per sostenere la piattaforma è necessaria e lo sciopero ancora nell’ordine delle cose, se la legge di stabilità e l’azione del governo non trovasse un riscontro positivo [ad esempio Re David, Mannino, Botti, Brotini, Sgrò, ecc].
Altri ancora hanno articolato una riflessione articolata sul governo, ponendo la necessità di guardare non solo alla dinamica contingente, ma dandosi uno sguardo lungo; sottolineando l’ampio consenso della destra, capace di organizzare settori produttivi e di raccogliere il consenso di massa, a fronte della fragilità del governo: in questo quadro è fondamentale l’unità sindacale, per contrastare le derive negative e imporre politiche di discontinuità [ad esempio Lunghi e Giove].
Diversi infine i silenzi: non è intervenuto (diversamente dal solito) nessuno dello SPI, come quasi nessuno del corpo centrale dell’organizzazione [grandi regioni e principali categorie].

NOI, COME AREA RICONQUISTIAMOTUTTO!, SIAMO INTERVENUTI CON DUE COMPAGNE/I.
Eliana  Como ha sottolineato l’esigenza di un’altra discussione (tra l’altro, segnalando che non c’era proprio necessità dell’endorsement a Conte sulle pagine del Corriere durante la crisi). Una discussione diversa, a partire dalla preoccupazione per un nuovo governo segnato dalla continuità dei 5 stelle, dal ruolo di Renzi, da un PD che con le sue politiche ha gonfiato nell’ultimo decennio il consenso della destra. Il problema, allora, è anche quello della piattaforma sindacale, attraverso cui si chiede discontinuità a chi non la darà: una piattaforma troppo interlocutoria [defiscalizzazioni, pensioni di garanzia, ecc], quando invece serve ribaltare l’austerità, forti politiche rivendicative (non la defiscalizzazione del salario), contrastare l’autonomia differenziata (senza dubbi o mediazioni), riconquistare un’età pensionistica decente (non tralasciare i 41 anni), porre il problema sempre più grave della sicurezza sul lavoro. E conseguentemente, serve preparare sin da subito ad una grande mobilitazione nel paese (senza tralasciare iniziative già indette, come quella delle donne del 28 settembre).
Mario Iavazzi ha sottolineato la diffusione della crescita della destra, come nel voto tedesco. Sono le politiche d’austerità che la sospingono e nel contempo chi governa con politiche d’austerità si brucia. Salvini ha puntato sulla crisi ed il voto proprio per non intestarsi una manovra lacrime e sangue. Il fallimento della sua operazione, allora, non ha evitato uno scenario catastrofico, lo ha solo rimandato: ora infatti la Lega potrà capitalizzare la sua opposizione ad una rinnovata austerità europeista di Pd e 5 Stelle, senza alcuna discontinuità su sicurezza, autonomia differenziata e politiche economiche. Il problema è come sarà percepito l’atteggiamento della CGIL tra lavoratori e lavoratrici. Serve una vera autonomia: non tanto proclamare oggi lo sciopero, ma sviluppare sin da oggi una piattaforma radicale, che si scontrerà inevitabilmente con un esecutivo di continuità dell’austerità. E infine, necessario sostenere realmente mobilitazione FFF, non con assemblee contemporanee alla mobilitazione ma con uno sciopero, dal valore politico fondamentale come con nonunadimeno.

LE CONCLUSIONI DI LANDINI. Sull’autonomia differenziata [sostanzialmente glissando], il segretario ha sottolineato che alcuni elementi non sono stati ripresi nella relazione, per sintesi, ma sono ben chiari nelle posizioni dell’organizzazione e nella piattaforma sindacale unitaria. [E così, evitando anche di chiarire se e quanto il contrasto all’autonomia differenziato rientra nelle priorità della piattaforma nel nuovo quadro].
Sul resto ha sostanzialmente ribadito l’impostazione della relazione, forse con più chiarezza. Non è chiaro quale programma (e quale composizione) avrà il nuovo governo, ma sicuramente non sarà quella sindacale. Per questo è fondamentale mantenere e sviluppare azione unitaria (segreterie del 4 settembre per questo). La valutazione definitiva sul governo, quindi, si dispiegherà proprio sulla sua azione e sull’eventuale distanza dalla piattaforma sindacale unitaria: non sulla base di altre valutazioni o ragionamenti politici. Non è la CGIL a riunificare sinistra, a farsi carico delle sue necessità politiche. La CGIL riunifica il lavoro e si pone il compito di recuperare i suoi diritti. Per questo, c’è bisogno dell’autonomia sindacale.
Il segretario ha comunque rivendicato il posizionamento sindacale agostano, l’importanza di un passaggio parlamentare della crisi e anche il riconoscimento del coraggio di Conte. Questo però non significa assumere di per sé il quadro e i contenuti di qualunque governo nasce contro Salvini. Sciopero quindi non è ora nelle cose, ma non è escluso. L’azione sindacale verificherà il governo a partire dalla sua intenzione di un reale confronto con il sindacato (non con le 43 associazioni, le parti sociali in generale, ma con questa parte sociale)
E quindi, il segretario ha ribadito le priorità programmatiche indicate nella relazione: dalla defiscalizzazione (tenendo presente che il cuneo fiscale è una cosa, il cuneo contributivo un’altra) alla solidarietà ed i diritti dei migranti, dalla rappresentatività all’erga omnes. Precisando la priorità degli investimenti, e di investimenti rapidamente cantierabili, a fronte della crisi incipiente. Nel quadro di una necessaria continuità della mobilitazione, senza escludere nulla.
Rispondendo ad una nostra sollecitazione, ha infine precisato che le manifestazioni che nel frattempo si sono definite rimangono confermate (a partire da quella delle donne del 28 settembre, come quelle delle categorie che hanno previsto loro scioperi o mobilitazioni).

IN CONCLUSIONE, LA MIA IMPRESSIONE è che il direttivo della CGIL abbia confermato l’ampio consenso, di tutta la maggioranza congressuale, all’iniziativa sindacale di aperto sostegno alla nascita di questo nuovo governo. Di più, la discussione del Direttivo ha sostanzialmente confermato l’ampio consenso all’impianto di una piattaforma unitaria focalizzata su elementi non conflittuali con il padronato (come era già emerso nei mesi precedenti, nell’allora tentativo di sviluppare un ampio fronte comune contro il governo gialloverde), individuando priorità interlocutorie con il nuovo assetto di governo (defiscalizzazione dei salari, grandi opere e investimenti subito cantierabili, pensioni di garanzia). In questo ampio consenso trasversale, che salda la maggioranza uscita dal congresso, la dinamica della crisi politica innesca una potenziale linea di faglia, in grado potenzialmente di fluidificare i precedenti schieramenti congressuali: alcuni settori sottolineano infatti la debolezza del governo, la sua tendenziale inconsistenza [in fondo, la sua matrice renziana e padronale], e quindi la possibilità, nonostante la moderazione delle proposte, che si porti a casa poco e nulla (e in quel caso, pongono la necessità di sganciarsi in qualche modo). Altri sottolineano invece la necessità che comunque si sostenga il governo, unico argine democratico davanti ad una deriva autoritaria, o che, in ogni caso, ci si ponga comunque prioritariamente l’obbiettivo di in-formare e indirizzare questo governo verso gli interessi del lavoro. Molti, in particolare nel corpo centrale dell’organizzazione, per il momento tacciono. Si intravede quindi una possibile linea di faglia, ma questa faglia e ricomposizione si aprirà soltanto se la dinamica effettiva si muoverà in questa direzione: cioè, solo se l’azione del governo deluderà le già incerte e limitate richieste sindacali (e probabilmente, con effetti diretti più nelle dinamiche e negli assetti dei gruppi dirigenti che sull’azione concreta della CGIL nel suo complesso). La CGIL, cioè, si approssima all’autunno e al confronto con il nuovo governo già disarmata e così facendo rischia di disarmare, come nelle stagioni passati, tutto l’insieme del lavoro.

LS

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