Un inverno di guerra: a marzo coi movimenti, il 26 a Firenze.

Intervento di Luca Scacchi all’Assemblea Generale della FLC CGIL, 11 marzo 2022

Venerdì 11 marzo si è tenuta l’Assemblea generale della FLC, per un confronto sulla nuova situazione di guerra e le iniziative di mobilitazione di marzo. Come area programmatica #Riconquistiamotutto abbiamo partecipato al dibattito con tre interventi: questo di Luca Scacchi, quello di Monica Grilli e quello di Francesco Locantore.
L’ordine del giorno conclusivo proposto dalla segreteria conteneva alcune osservazioni sul possibile ruolo dell’ONU e della UE che alcuni di noi non condividevano, come alcune considerazioni sulla transizione ecologica che non mettevano in risalto il ruolo dell’attuale modo di produzione nell’attuale devastazione ambientale (e quindi le sue contraddizioni con ogni possibile sostenibilità). Però, nel contempo, il documento ha positivamente proposto, con una posizione esplicita contro l’invasione russa e contro le forniture di armi all’Ucraina, di intrecciare le prossime mobilitazioni contro la guerra, per una diversa uscita dalla pandemia e sul clima, sostenendo e partecipazione alle manifestazioni per la pace, prevedendo un’esplicita adesione allo Sciopero Globale per il Clima #PeopleNotProfit del prossimo 25 marzo e ribadendo la partecipazione della FLC alla manifestazione nazionale di Firenze del 26 marzo, #insorgiamo, del Collettivo di fabbrica GKN.
Dopo aver proposto (e visto accolto) un emendamento che sottolineava come la congiuntura economica, approfondita e aggravata dalla nuove dinamiche della guerra in Ucraina, si sta scaricando pesantemente sulle condizioni di lavoratori e lavoratrici, con una crescita strutturale dell’aumento dei prezzi che erode il potere d’acquisto e anche i previsti aumenti contrattuali (e per questo poneva la necessità di riprendere e proseguire la mobilitazione del 10 e del 16 dicembre, al fine di perseguire una concreta svolta nelle politiche sociali ed economiche del governo), abbiamo quindi votato a favore (l’odg è stato approvato con una sola astensione).

Grazie Antonella [Poli, vicepresidente dell’AG FLC],
io ricordo che il 10 dicembre eravamo in piazza, a Roma e in tante altre città per il nostro sciopero generale della scuola. Era l’inizio dell’inverno. Nei nostri cuori e nelle nostri menti, nelle nostre prospettive, c’era un inverno diverso, un inverno in cui provavamo a ricostruire con la partecipazione, con la mobilitazione e con il conflitto un cambiamento e una svolta nelle politiche economiche e sociali che il governo stava costruendo con la legge di Bilancio, sulla scuola, sui servizi sociali universali ma più in generale sull’uscita dalla pandemia. Dentro questa richiesta di svolta c’era anche il ruolo e l’importanza dei contratti pubblici e in particolare il rinnovo del contratto della scuola.

In qualche modo, l’inverno è stato diverso. Alla fine, credo che dobbiamo riconoscerlo ed esserne consapevoli, quello sciopero (come quello del 16 dicembre) si è rivelato ed è stato isolato, in questi mesi. Non ha avuto un seguito e uno sviluppo. Perché l’inverno è stato segnato da qualcosa di diverso, piuttosto che dalla partecipazione e dal conflitto.

È stato segnato dalla ripresa della pandemia, con un picco ai primi di gennaio particolarmente significativo. Una pandemia che non è finita. Contrastando su questo la relazione di Francesco, che forse ha buttato un po’ il cuore oltre l’ostacolo, non penso sia finita, lo vediamo nei 50mila casi di oggi, ancora il centinaio e oltre di morti. Con questa velocità di diffusione, nulla esclude che possa purtroppo tornare il prossimo autunno, in forme anche più pesanti o forse modalità diverse.

È stato l’inverno del contratto separato. Cioè di un governo che ha proseguito la sua azione antisindacale nonostante la mobilitazione. La sua azione antisindacale. Ed un governo che ha trovato una sponda nella CISL, è arrivata a firmare un accordo contro ogni principio di rappresentanza sindacale, oltre che diciamo così in rottura politica con noi, la UIL, Snals e Gilda.

È stato l’inverno in cui l’inflazione si è dimostrata esser una realtà permanente, persistente: non quel picco imprevisto che sarebbe dovuto rapidamente rientrare, come ci raccontavano gli economisti. Oramai è stabilmente tra il 4 ed il 5%, prima della guerra ed indipendentemente dalla guerra. In termini concreti, rischia già di annullare tutto l’aumento contrattuale che stiamo prevendo per il prossimo rinnovo, sugli anni passati.  Rischia anzi che il potere d’acquisto dei salari sia ulteriormente compromesso. Negli Stati Uniti l’inflazione in questo momento è al 7,5% ed è data in rialzo.

È stato un inverno in cui è arrivata la guerra. Io credo che Francesco [Sinopoli, segretario generale FLC] abbia detto parole importanti, sulla necessità di una riflessione approfondita, sul ruolo della NATO, sui blocchi, su come questo cambia un panorama (non solo una stagione, ma una fase): le guerre localizzate degli ultimi decenni, aperta con la prima guerra in Irak, la Bosnia e il Kossovo, sono diverse da questa. Lo si vede nelle reazioni, che ha richiamato anche Francesco, della mobilitazione nazionale di guerra che attraversa in maniera persino ridicola le nostre università, la nostra società ed i nostri media. Lo si vede nella reazione dell’Unione europea: mai come oggi unita, capace di superare le divisioni e le frammentazioni tra Italia, Francia e Germania (che pure sulla guerra in Libia, ad esempio, ci sono state), ma che rivela pienamente il suo profilo. Non un profilo di pace e superamento dei conflitti, ma un’Unione Europea come tentativo di mediazione e di sintesi fra i suoi imperialismi. Oggi, in queste ore a Versailles stanno finalmente parlando di bilancio federale e eurobond, ma per finanziare politica energetica e riarmo del continente. Un panorama che sottolinea esattamente la cifra della guerra in Ucraina come guerra di attrito tra blocchi, tra poli mondiali, che rischia di esser non una parentesi ma il futuro dei prossimi anni.

Dentro questa realtà, lo ha richiamato Draghi, il rilancio di un’economia di guerra e di una dinamica di mobilitazione nazionale di guerra che rischia di ricadere pesantemente su lavoratori e lavoratrici, a partire dalla ripresa dell’inflazione e dall’emergenza salariale. Io credo che dopo le elezioni RSU, ad aprile, noi dovremmo riconvocare l’AG, o il Direttivo, per una riflessione profonda sulla situazione economica e su come difendere i salari in questo contesto. Una riflessione che io credo debba esser confederale e coinvolgere tutta la CGIL. Come aprire il tema di un recupero salariale attraverso meccanismi automatici di adeguamento all’inflazione, quello che una volta si chiamava scala mobile, soprattutto a partire dal nostro CCNL. Il tema cioè è come, proprio nei prossimi rinnovi, si possa difendersi dall’inflazione oltre che garantire quegli aumenti che, nel nostro impianto contrattuale, stavano in un altro ragionamento (riqualificazione e riavvicinamento ai salari europei). Credo sia un problema che si pone anche sui tempi di questo rinnovo, su come cerchiamo o cercheremo di starci, anche in una dinamica di mobilitazione. Sapendo che la scuola, che è grande parte dei nostri settori, da maggio a ottobre ha un congelamento di fatto della propria capacità di mobilitazione.

Anche perché prosegue l’iniziativa del governo su altri terreni, in alcuni casi significativa e pesante. Nell’università abbiamo aperto tutta la questione del pre ruolo, ma segnalo anche che la Ministra ha presentato qualche giorno fa al CUN un’ipotesi di riforma degli ordinamenti didattici (è circolato qualcosa anche sulla stampa) che rischia di stravolgere il sistema nazionale universitario.

Per chiudere, Francesco ha proposto una linea per stare in campo in questo mese. È una linea di appoggio e di intreccio della partecipazione e dei conflitti, facendo attraversare alla FLC i movimenti e le piazze delle prossime settimane. Io credo sia una linea da appoggiare. Credo che sia importante. Per i motivi che ha detto Francesco e che anche io ho richiamato. Credo però, sulla pace, che non tutti i movimenti e non tutte le piazze siano uguali. Credo, ad esempio, che la piazza di Roma del 5 marzo e quella di Firenze del 12 marzo siano due piazze diverse. Una è una piazza che contro l’invasione russa, contro la NATO e contro l’invio delle armi sviluppa una mobilitazione per la pace, l’altra è una piazza che chiama una mobilitazione di guerra a fianco dell’Ucraina. Credo che la CISL, con la sua scelta di non partecipare il 5 marzo, abbia tracciato un solco verso di noi, a dimostrazione che tra noi diversi sono i modelli sindacali ma anche i valori di riferimento. Credo sia sbagliato andare a Firenze, in una piazza costruita contro quella di Roma, per chiedere armi e sostenere con la NATO la resistenza ucraina.

Credo infine che sia impostante stare in piazza il 25 marzo. Importante la proclamazione di uno sciopero politico da parte della FLC. Anche perché nella dizione in voga di transizione ecologica, credo non sia chiaro quale sia il sostantivo: cos’è che si pensa di far transitare da uno stato all’altro? Nel PNRR, nelle classi dominanti di questo paese come degli altri, credo ci sia l’idea di sviluppare una transizione di questo sistema, in questo modo di produzione, con le sue contraddizioni e i suo sfruttamenti, al fondo con le sue impossibilità in realtà a farsi carico di una sostenibilità ecologica.

Friday for future, io credo non a caso, ha infatti collegato strettamente lo sciopero del 25 marzo alla manifestazione nazionale di #insorgiamo del 26 marzo, promossa a Firenze dal Collettivo di fabbrica GKN.  Io credo che, come FLC, abbiamo fatto bene a dare sostegno a tutto questo percorso di movimento e che sia importante lo sciopero del 25 marzo, ma anche la partecipazione della FLC al corteo a Firenze del giorno successivo.

Luca Scacchi

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