FLC. L.Scacchi. Contro ogni autonomia, contro ogni patto sociale: un anno cruciale.
Intervento di Luca Scacchi al direttivo nazionale FLC del 10 giugno 2020.
In questi giorni si chiude un anno scolastico straordinario. Primo elemento che dovremmo sottolineare è il fatto che questa una chiusura è negativa. Si chiude infatti, come è stato sottolineato dalla relazione di Francesco [Sinopoli, segretario generale FLC] e da molti interventi, con uno sciopero politico. Uno sciopero giusto ma che non ha inciso sulla stessa chiusura dell’anno scolastico. Non ha inciso sul decreto scuola, non ha inciso sulle risorse. Quest’anno scolastico si è chiuso cioè con un Ministero dell’Istruzione, ed anche un Ministero dell’Università e della Ricerca, che ci hanno preso a schiaffi negli ultimi mesi e che nonostante questo stanno portando avanti tutte le proprie politiche, ottenendo i loro risultati. Azzolina, su tutta la vicenda dei precari come della riapertura, ma anche Manfredi: lo sottolineo qui, questo ministro dell’università e della ricerca ha gestito e sta gestendo tutta l’emergenza enfatizzando l’autonomia dei diversi atenei; anche quel famoso tavolo di confronto sindacale che ha promesso e che ha aperto, si sta arenando nel nulla.
Io credo che sarebbe stato necessario reagire prima. L’ho detto in Assemblea Generale, lo ripeto qui. A maggio c’era la stanchezza dei lavoratori e delle lavoratrici, perché in questi mesi lavoratori e lavoratrici hanno lavoratori di più (tutti quelli dei settori della conoscenza con la didattica dell’emergenza o l’home working). A maggio c’era la stanchezza e c’era anche la rabbia. Come c’era ancora l’indeterminatezza dei provvedimenti del governo (il DL Scuola ed il DL Ricrescita ancora aperti). Era allora, quindi, a maggio che si sarebbe dovuto provare a fare sciopero. Uno sciopero non solo politico, non solo con un valore politico e generale, ma anche uno sciopero sindacale che avrebbe potuto provare ad incidere, a ottenere dei risultati rivendicativi.
Il problema, a questo punto, è il prossimo anno: un anno cruciale per il sindacato. Abbiamo il problema della riapertura, di come avverrà: tempi, modalità e risorse [spazi, organici, disposizioni di sicurezza]. Abbiamo il problema generale delle risorse a disposizione per una ristrutturazione più generale del paese, il recovery found o comunque questo inedito e massiccio intervento pubblico che si annuncia: quanto sarà a disposizione per istruzione e ricerca? Abbiamo il problema poi di come saranno gestite queste risorse: il problema cioè delle politiche con cui si intendono usare queste risorse. Alcuni vogliono usarle per rafforzare quell’indirizzo neoliberale con cui si è (contro)riformato il sistema dell’istruzione e della ricerca in particolare negli ultimi quindici anni. E quindi abbiamo anche il problema degli autoritarismi e dei cambiamenti che si vuole introdurre con queste risorse e con la loro gestione, dalla proposta di queste settimane dell’Associazione Nazionale Presidi al Piano di Colao. Abbiamo infine il problema del rinnovo del CCNL. A chiusura di tutto questo, forse l’autunno dell’anno prossimo, le elezioni delle RSU.
Io credo allora che sia qui, oggi, questi prossimi 12 mesi, che segneranno la categoria ed il nostro sindacato. È in questo anno che come FLC ci giochiamo la capacità o l’incapacità, l’adeguatezza o l’inadeguatezza, nello stare in questo passaggio straordinario.
In questo quadro, credo allora che abbia ragione Francesco (nella relazione): su questi percorsi, si gioca uno scontro politico generale sull’uso delle risorse pubbliche per sostenere il sistema imprenditoriale. Siamo davanti all’intervento statale più straordinario della storia, di questo paese e non solo (fino ad oggi 70 miliardi di euro, la più grande manovra economica del dopoguerra, nei prossimi anni si parla anche di 200 miliardi di euro). Il problema è che ci sono forze che vogliono gestire e pensare questo enorme investimento pubblico non solo all’interno di logiche di mercato, ma solo (o soprattutto) per sostenere imprese e capitale, all’interno di un sistema competitivo e di un mondo sempre più preso dalle contraddizioni di questo modo di produzione.
Io credo ci sia però anche un altro problema: l’autonomia. Dentro questo percorso, dentro la crisi e la recessione che si aprendo (che divide ancora di più le strutture produttive delle diverse aree di questo paese), si vuole in questa fase utilizzare questo straordinario investimento economico anche per riprendere e rilanciare le autonomie differenziate tra i diversi istituti e quelle regionali, per flessibilizzare ancor di più il sistema dell’istruzione e della ricerca, renderlo così più aderente alle diverse esigenze dei sistemi produttivi. Per l’università, è il progetto Colao: i poli di eccellenza e una disarticolazione del sistema universitario per funzioni e specializzazioni [che tanto ricorda la bozza Valditara]. Guardate, è anche il progetto ANP, sono anche le dichiarazioni di Azzolina sulla centralità dell’autonomia scolastica: non solo nella gestione della riapertura ma anche in tutto il prossimo anno scolastico, giocandosi poi localmente anche i rapporti con il terzo settore, i privati, ecc. È il problema dell’autonomia regionale, che non solo non è scomparsa formalmente [la bozza Boccia è ancora lì], ma che proprio l’attuale gestione complessiva della riapertura da parte del governo, come questa specifica situazione di stallo sulla questione della scuola, proprio nel protagonismo di Bonaccini come di altri rischia di far riaprire le scuole dando una rilevanza a queste istituzioni regionali, ai diversi sistemi di sostegno territoriale, ai diversi finanziamenti locali. Su questo, sottoscrivo tutto quello che ha detto nel suo intervento Paolo Fanti: credo che il rischio della ripresa, nei processi reali, di una deriva federalista sia uno degli elementi più preoccupanti che abbiamo di fronte.
Credo quindi giusto porsi anche il problema di difendere istruzione e ricerca nel quadro più generale delle politiche della CGIL, e non solo della FLC. Credo cioè che anche qui abbia ragione Francesco (nella relazione) ha sottolineare la necessità che la FLC sia in campo nel quadro dell’intervento della CGIL. Però attenzione, io credo che c’è bisogno di più attenzione sui settori dell’istruzione e della ricerca da parte della CGIL, ma anche che la FLC stia molto più attenta al dibattito, alla discussione, al confronto che avviene nella CGIL. Proprio mentre noi apriamo questa discussione nel direttivo nazionale della FLC [una discussione che ha segnato, nella relazione, la distanza da ogni ipotesi di patto sociale], dobbiamo sapere che ci sono categorie, a mia memoria per la prima volta, che hanno prodotto documenti di carattere confederale e generale, in cui sin dal titolo indicano un chiaro asse politico, che è esattamente quello del patto sociale. Sto parlando della Filctem e della Fillea. Con toni molti diversi da quelli usati da Francesco nella sua relazione. E, al di là di queste categorie, è aperta dentro la CGIL una discussione su, come dire, far evolvere l’impianto contrattuale e conflittuale del nostro sindacato per sviluppare politiche di cogestione e compartecipazione di lavoratori e lavoratrici al sistema delle imprese, che mettiamola così ricordano molto alcuni progetti della CISL anni cinquanta e della FIM anni novanta. Il tipo di ragionamento che si sta sviluppando in questo direttivo dobbiamo allora saperlo collocare anche nel quadro di questa discussione generale.
E allora, proprio in questo contesto, importante sottolineare la necessità di continuare la mobilitazione ed aprire il conflitto. Bene quello che ha detto Francesco sul bisogno che oggi in questa partita, come categoria, entriamo in maniera molto determinata. Contro questi tentativi confindustriali e padronali, in diretta contrapposizione con essi (lo abbiamo visto in questi giorni sui giornali). Contro anche le politiche del governo, che sta dando delle risposte chiare, diverse da quelle che vogliamo noi.
Per difendere la scuola pubblica. Ecco, dal punto di vista della scuola pubblica, dobbiamo ragionare sul fatto che si sta imponendo una logica di mercato dell’istruzione. Voglio esser chiaro rispetto alcune sollecitazioni nel dibattito di oggi: la questione dei settori privati dell’istruzione. Ovviamente noi siamo per sostenere tutti i lavoratori e tutte le lavoratrici dei settori privati. Dalla cassa integrazione a tutti gli strumenti di loro tutela, che devono esser garantiti e rafforzati, possibilmente arrivando alla copertura del 100% del salario, nel quadro di un sistema generale di garanzia di tutti i lavoratori e tutte le lavoratrici. Io non vedo nessun problema in questo. Credo però che sia sbagliato che noi come FLC, come CGIL, apriamo da una parte la rivendicazione di una nuova IRI, cioè un nuovo intervento pubblico generale nell’economia, e poi però nella scuola diciamo qui semplicemente finanziamo con risorse pubbliche le strutture private. Guardate, la lotta contro il finanziamento pubblico alle scuole private è stato un elemento centrale con cui la FLC ha affrontato negli ultimi 15 anni tutta una serie di partite, anche referendarie. Da questo punto di vista io credo che abbiamo occasione non di rivendicare lo spazio di una serie di realtà private all’interno del sistema pubblico, che è ragionamento io credo altro da quello della FLC, ma viceversa per chiedere la ripublicizzazione di alcune settori privati che in questi anni sono vissuti ai margini del sistema pubblico.
Infine, io credo che tutto questo percorso di mobilitazione e di conflitto dobbiamo svilupparlo da subito. Sarà centrale l’estate (un periodo complesso e difficile per la scuola e l’università), io cui sarà necessario costruire anche occasioni di mobilitazione, con presenze nelle piazze (qualcuno lo ha detto), saldandoci con movimenti di famiglie e insegnanti. Sarà necessario, soprattutto, rimanere molto determinati su questo asse, contro le politiche del governo, contro i ragionamenti fatti, contro le ipotesi di patto sociale. Sarà fondamentale poi, a settembre, non solo parlare del conflitto ma a quel punto agirlo materialmente.
Luca Scacchi
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