Padroni criminali!

Bloccare le produzioni non essenziali. Rendere sicure quelle essenziali. Sosteniamo le mobilitazioni e gli scioperi

Ph: striscione apparso ieri davanti alla sede della Confindustria di Bergamo, lungo l’autostrada (fonte: BGreport)

Ieri l’ennesimo provvedimento del governo che, invece di chiudere i posti di lavoro non essenziali e imporre misure stringenti di sicurezza in quelli essenziali, si accanisce contro comportamenti individuali. Ancora misure limitative dei singoli (vietato fare attività fisica all’aperto) e nessuna restrizione per decreto ai datori di lavoro, lasciando loro la decisione se tenere aperto e in quali condizioni di sicurezza.

Pare che ogni libertà individuale si possa limitare, persino con l’intervento repressivo delle forze dell’ordine, tranne la libertà di impresa, sulla quale la prima e ultima parola resta ai datori di lavoro, compresi quelli che, in modo criminale, continuano, nonostante il crescere di casi accertati negli stabilimenti, a tenere aperte le produzioni, anche nelle province più colpite, a partire da quelle iper-manifatturiere di Bergamo e Brescia. Alcuni chiedendo persino lo straordinario, altri premiando chi rientra al lavoro dalla malattia, altri stipulando macabre assicurazioni private contro il Covid19 per i dipendenti. Quello che accade nella miriade di piccole imprese artigiane, in appalto, poco o per niente sindacalizzate spesso supera persino l’immaginazione, con ‘sanificazioni’ fatte dagli stessi operai cui viene imposto di pulire la propria postazione, igienificazioni in ambienti dove a stento c’è il sapone per le mani nei bagni, stracci di ogni tipo adibiti a mascherine usate e strausate per giorni.

Si vieta ai cittadini di fare jogging ma si permette «libertà di coscienza» agli imprenditori. Quegli stessi imprenditori che, già da fine febbraio, hanno imposto e ottenuto di « lasciar andare avanti il paese » perché l’economia non può fermarsi, vantandosi il 10 marzo di aver « limitato » l’impatto restrittivo delle misure del governo. Gli stessi per i quali ogni diritto, persino quello della sicurezza e della salute deve essere subordinato ai loro interessi e profitti. Gli stessi che a Bergamo hanno impedito da subito che si chiudesse la zona industriale della Val Seriana, prima, e l’intera provincia, dopo, nonostante i casi di contagio fossero già allora superiori a quelli del lodigiano. Gli stessi che hanno volutamente imposto al governo misure socialmente ingiuste quanto collettivamente inefficaci, contro ogni evidenza statistica (tanto nel lodigiano che nella regione di Hubei la chiusura drastica delle attività produttive ha ampiamente dimostrato di avere efficacia). Gli stessi che hanno condannato chi è stato costretto a continuare a lavorare alla paura di ammalarsi e di contagiare i propri cari. Anche esponendoli alla generale riprovazione pubblica perché « non restano a casa » e « affollano i mezzi pubblici ». Gli stessi che, giustamente, qualcuno ieri ha definito « assassini » appendendo uno striscione davanti la sede della Confindustria di Bergamo, nel gigantesco complesso industriale del Kilometro Rosso di Bombassei.

Basta davvero appelli all’unità, al buon senso o all’eroismo del personale sanitario, che sta svolgendo il proprio lavoro in condizioni impietose e, in molti casi, senza le condizioni sufficienti di sicurezza e persino in deroga all’obbligo di quarantena dove previsto, perché manca personale a causa di decenni di tagli, blocco del turnover e privatizzazioni. Il governo prenda finalmente le decisioni che avrebbe dovuto prendere due settimane fa, stanziando le risorse necessarie, ben oltre quelle ad ora stabilite da decreto cura: chiudere tutti i posti di lavoro non essenziali e concentrare risorse e DPI per quelli davvero essenziali, a partire dalla sanità, la produzione e distribuzione di energia e alimentare (possibile che ancora non si sia deciso di chiudere i supermercati di domenica!!), gli appalti delle pulizie e sanificazioni, la produzione farmaceutica e di materiale sanitario, il trasporto di beni essenziali (fermando finalmente l’e.commerce!) e quanto è strettamente necessario. Tutto il resto può e deve attendere. Compreso gran parte dei servizi postali, le filiali delle banche e le agenzie assicurative. Altro che bonus di 100 euro a chi continua a lavorare, come prevede incredibilmente il decreto cura (anche nei settori non essenziali)! Si stanzino risorse vere per le strutture e il personale sanitario.

E soprattutto, si garantisca davvero a tutti e tutte il salario, con misure straordinarie e generali che coprano lo stipendio di lavoratori e lavoratrici. Tutti i lavoratori e tutte le lavoratrici: compresi quelli/e temporanei/e e precari/e, pubblici e privati, dappertutto, compreso appalti e indotti. Si mettano in campo misure straordinarie maggiori, avendo il coraggio di finanziarle con la tassazione dei grandi patrimoni, per non far pagare ancora una volta ai lavoratori i costi di questa crisi. Si garantiscano condizioni di sicurezza a tutti, anche a chi fino ad ora è stato completamente abbandonato come i migranti dei ghetti e dei centri di accoglienza, i detenuti/e e le persone senza fissa dimora.

Non prendere queste misure oggi in tutto il paese, da nord a sud è da irresponsabili. Non averlo fatto già da settimane soprattutto nelle aree più colpite è da criminali. Se si decide di dichiarare zona rossa Rimini, possibile che ciò non si sia fatto e si continui a non fare a Bergamo e altre città, ugualmente o anche più colpite?

Più si tarda a prendere questa decisione, distraendo l’opinione pubblica con misure restrittive e repressive sui singoli di impatto marginale, più tardi sarà. Per tutti e tutte. In particolare per i soggetti più esposti al rischio di contagio: gli anziani, i diversamente abili e tutti coloro che sono in case di riposo, in questo momento, spesso soli e senza nemmeno il conforto dei familiari.

Probabilmente a Bergamo, Brescia e le zone più colpite sarà tardi per sempre. Ma che si faccia, subito. Anche in queste province, se non si prendono queste misure in queste ore, tante aziende, che pure questa settimana hanno chiuso, da lunedì riapriranno, con la scusa di aver fatto le sanificazioni previste dal protocollo sulla sicurezza delle parti datoriali e sindacali. Protocollo che, come abbiamo già detto (leggi analisi di Dario Salvettidichiarazione di Eliana Como), aiuta i padroni a tenere aperto piuttosto che i delegati a chiuderlo. Perché non impone vincoli esigibili (non prevede alcuna pena per chi non lo rispetta), scarica le responsabilità su rsu e rls, rende meno stringente persino il decreto 81 e lascia « libertà di coscienza » a una classe imprenditoriale che ha ampiamente dimostrato, se ce ne fosse stato bisogno, di non averne.

È dall’inizio di marzo che rivendichiamo questa posizione (comunicato del 9 marzo). Continueremo a farlo finché l’ultimo posto di lavoro non essenziale non sarà chiuso e finché tutti coloro che lavorano nei servizi essenziali non avranno le garanzie necessarie. Ci auguriamo che la Cgil nazionale faccia propria con forza, senza la incomprensibile timidezza avuta fino ad ora, la posizione presa in questi giorni da Cgil Cisl Uil della Lombardia e capisca che questa è la principale rivendicazione che i lavoratori e le lavoratrici si aspettano dal sindacato.

Non sempre vale il principio «meglio tardi che mai ». Ma che si faccia tutto questo il prima possibile. A noi resterà comunque l’amarezza di averlo detto, inascoltati, per settimane. Ma di certo, ogni giorno che passa è un giorno in più che si aggiunge alla tragedia.

Per questo, sosteniamo le mobilitazioni per rendere davvero sicure le attività di chi deve operare in servizi e produzioni essenziali, a partire dalla sanità. Per questo sosteniamo e invitiamo a generalizzare gli scioperi spontanei partiti in queste settimane e in questi giorni: lavoratrici e lavoratori fermino le produzioni non indispensabili, ottengano reale sicurezza, garanzia per i posti di lavoro e per il salario.

#RiconquistiamoTutto, area di opposizione in Cgil 

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