AG CGIL: …inizia il congresso!
Report Assemblea Generale CGIL - 10 e 11 luglio 2017 - Roma - Centro congresso Frentani.
L’Assemblea in breve.
Lunedì 10 e Martedì 11 luglio, si è tenuta l’assemblea generale della CGIL. Alla riunione è stato dato ampio risalto dai media, per l’elezione di Maurizio Landini in segreteria CGIL. Questa riunione, però, non è stata segnata solo da questo passaggio, quanto piuttosto dall’avvio del lungo percorso congressuale che si concluderà nel tardo autunno 2018, con l’elezione del nuovo segretario generale della CGIL.
Da una parte, appunto, c’è stata l’elezione di Landini in segreteria confederale: dopo una progressiva convergenza (culminata nel rinnovo unitario del CCNL, il peggior contratto della storia dei metalmeccanici, il peggiore sinora tra tutti quelli della stagione 2015-2017) è stata conferma la prospettiva di quell’unità di gestione annunciata dalla Camusso alla precedente riunione dell’Assemblea Generale (6/7 settembre 2016).
Dall’altra, la discussione si è sviluppata anche su un’intervista della Camusso, pubblicata dall’Espresso proprio il giorno prima, in cui nelle ultime battute viene tracciato un particolare profilo di questa unità di gestione: “L’unità della CGIL deve esser utile ad un progetto di rinnovamento. Il sindacato è attraversato dagli stessi conflitti della società. I giovani fanno fatica ad emergere, la crisi spinge a chiudersi nella generazione precedente..Abbiamo giovani che dirigono importanti strutture. E per il futuro non bisognerà chiudersi nel gruppo che già c’era prima”.
La riunione, poi, ha soprattutto visto la presa di parola di diversi esponenti del centro e della destra CGIL, che hanno chiesto un governo collegiale dell’organizzazione. In questo quadro, è spiccato l’intervento del segretario dello SPI, che ha tracciato un profilo critico complessivo: bisogna ricostruire un rapporto con la politica (leggi il PD), c’è una sofferenza sul welfare contrattuale (leggi il ccnl metal), è opportuno rilanciare l’unità con CISL e UIL (contro le sottolineature dell’autonomia CGIL), emerge il problema di un allargamento nella gestione (leggi una differenziazione da quell’ipotesi di successione).
Infine, come OpposizioneCGIL, abbiamo sottolineato l’empasse strategica della CGIL (referendum e battaglia contro il Jobsact), i profondi limiti della stagione contrattuale che rischiano di precipitare nei prossimi rinnovi del pubblico, l’assenza di ogni iniziativa di lotta contro il governo (riforma Madia, DL 50, pensioni, DEF): in questo quadro abbiamo ricordato che l’unità di gestione vede una ricomposizione dei gruppi dirigenti FIOM e CGIL, non di tutta l’organizzazione, confermando quindi la presentazione di un nostro documento alternativo al prossimo congresso. E, infine, abbiamo dichiarato pubblicamente il nostro voto contrario all’elezione di Maurizio Landini in segreteria confederale, in quanto conclude l’assimilazione dell’esperienza FIOM degli ultimi vent’anni a questa maggioranza CGIL, contro cui noi continuiamo ad apporci.
In conclusione, l’Assemblea Generale ha di fatto aperto il percorso congressuale, mostrando una maggioranza nuovamente unita (a partire dalla linea contrattuale), ma con evidenti differenze sul futuro assetto del gruppo dirigente. In particolare è evidente la sofferenza di diversi settori del centro e della destra, come anche l’evanescenza di una sinistra sindacale che ha abdicato ad un suo ruolo attivo in nome del percorso di Landini. Fuori da queste dinamiche interburocratiche, il sindacatoèunaltracosa-OpposizioneCGIL ha confermato la propria prospettiva alternativa a questa linea e a questa prassi, annunciando la presentazione di un documento al prossimo congresso.
Per i più curiosi, alcuni dettagli di questo dibattito.
L’AG è stata convocata a quasi un anno di distanza della sua precedente riunione, in cui la Camusso aveva annunciato 4 step per costruire una nuova unità di gestione in CGIL: 1. rinnovo dei contratti (per verificare l’effettiva svolta della FIOM); 2. entrata di Landini in segreteria CGIL (con conseguente reciprocità nei gruppi dirigenti FIOM); 3. una ridefinizione delle regole congressuali e 4. una conferenza di programma (dopo la rottura imprevista con la FIOM e DemocraziaeLavoro allo scorso congresso, per verificare le regole del pluralismo e delle pluralità in CGIL a partire dalla sue basi costitutive, cioè quel programma fondamentale attraverso cui Trentin, nel 1991/92, ridisegnò identità e articolazione politica della CGIL). Quel percorso è sostanzialmente slittato di 6 mesi, con la conclusione entro l’estate solo dei primi due step (a settembre la segreteria FIOM), anche per l’accidentato percorso che la CGIL ha affrontato nel frattempo (il referendum del 4 dicembre, la caduta del governo Renzi, la campagna referendaria ed il suo esito infausto).
La relazione della Segretaria Generale. La lunga relazione è stata tenuta lunedì, prima della consultazioni sulla proposta di Landini. Camusso, dopo una breve introduzione sul quadro generale (crisi, migranti e guerre), ha stigmatizzato il governo Gentiloni, in piena continuità con Renzi. “Sui voucher sappiamo come è andata a finire” (unico riferimento della relazione a tutta la vicenda referendaria). La politica economica di questo esecutivo, come di quello precedente, si pone l’obbiettivo di flessibilizzare il Fiscal compact, ma per generalizzare decontribuzioni, bonus ed incentivi alle imprese. Una politica dell’offerta (supply side), solo dalla parte dell’impresa, che evita ogni sforzo verso la domanda, il sostegno ad investimenti, salari e consumi. Non a caso ri-emerge dall’oscurità la Flax tax, ricevendo consensi ben oltre la destra.
In questo quadro, le relazioni con Cisl e Uil non sono semplici. Entrambe infatti accettano, se non sostengono, elementi centrali di questa politica dell’offerta, dalla decontribuzione alla defiscalizzazione, sino alle soluzioni anche più radicali sul welfare integrativo. Lo vediamo nella discussione su cuneo fiscale e sul DL 50: per loro non è un problema l’assenza di progressività nella tassazione come il rischio di riduzione dei salari.
Anche le relazioni con Confindustria non sono semplici. Per lungo tempo sono stati divisi. Oggi ci dicono di aver riconquistato una loro unità e che considerano superato il modello dei chimici. Vedremo. Le loro proposte, però, non solo sono schiacciate su questa politica di decontribuzione e defiscalizzazione, ma sono anche sostanzialmente concentrate sulla propria autodifesa: il loro principale obbiettivo, con la formalizzazione di regole sulla rappresentanza datoriale e nuovi perimetri contrattuali, è quelli di costruire un sistema di garanzie per la loro struttura, in una fase in cui si moltiplicano soggetti e associazioni padronali. E’ un loro problema di egemonia, che non posso chiedere di risolvere a noi con un accordo.
In questa difficile fase ci proponiamo quindi di costruire una nuova unità strategica della Cgil. La nostra strategia è data dall’intreccio di Piano del lavoro e Carta dei diritti. Su questo abbiamo sviluppato una nostra autonomia, verso Cisl e Uil, come verso un mondo politico sempre più lontano dalle ragioni del lavoro. Su queste basi abbiamo tessuto un unità complicata e faticosa, che abbiamo però verificato in passaggi importanti: i rinnovi unitari di tutti i ccnl, le pensioni. Abbiamo costruito una lunga pratica unitaria,che ci permette ora un passo avanti. Questa gestione unitaria non sarà monolitica (siamo diversi da una Cisl dove chi vince, vince tutto). Abbiamo e manteniamo una pluralità organizzativa e politica. Però di questo pluralismo abbiamo perso l’impianto programmatico, ci sono rimaste solo prassi e regole senza contenuti. Per questo dobbiamo ricostruire un quadro programmatico di riferimento. Nel percorso che ci siamo dati, oggi si propone Landini in segreteria. “Non è una proposta solo mia, come pure lo Statuto prevede”. Ma anche di tutta la segreteria e con il coinvolgimento delle categorie. Il percorso proseguirà con una nuova AG a metà settembre (a Lecce, sul Sud), il lavoro della Commissione sulle regole congressuali in autunno, una conferenza di programma a dicembre/gennaio sulle trasformazione lavoro, le elezioni RSU (e probabilmente quelle politiche) in primavera, poi quindi il congresso CGIL nella seconda metà del 2018.
Il dibattito si è tenuto martedì.
Toni critici al centro e a destra. Molti gli interventi che hanno sollevato rilievi critici, in particolare di esponenti che rappresentano i settori più moderati dell’organizzazione (dal segretario della CdL di Milano a quello della FILT, da quello della CdL di Napoli a quello dell’Emilia Romagna). Un filo che legava diversi interventi era costituito sostanzialmente dalla richiesta di maggior collegialità, il coinvolgimento dei diversi livelli dell’organizzazione, un’unità di gestione che passi attraverso una maggior condivisione delle scelte, anche costruendo strutture dirigenti più compatte che permettano un dibattito reale. Sostanzialmente una critica esplicita (anche se composta) allo stile della Camusso e del suo gruppo dirigente ristretto, anche in riferimento diretto all’intervista sull’Espresso. Un secondo filo era quello della necessità di allargare il fronte. “Da soli non ce la facciamo. Servono alleanze. Alleanze sociali, politiche e sindacali.” In questo quadro, in più interventi è stata richiamata l’opportunità se non la necessità di sviluppare una maggior convergenza con CISL e UIL, costruendo mediazioni e piattaforme comuni.
In questo quadro, come detto, è spiccato l’intervento di Pedretti (SPI). In primo luogo ha segnalato che l’entrata di Landini in segreteria non rappresenta semplicemente la FIOM, ma un pluralismo politico della CGIL. Bisogna superare la cristallizzazione delle aree, una discussione asfittica tra componenti programmatiche o presunte tali, evitando di esser un semplice agglomerato di burocrati. Discutere nel merito, liberamente, e su quel terreno verificare l’unità. Quindi ha segnalato, con forza, 4 elementi programmatici. Primo, la necessità di costruire un rapporto con la politica (cioè con il governo ed il PD), per portare a casa risultati. Secondo, che il welfare non può esser solo contrattuale, in quanto fuori dal lavoro ci sono parti significative della società (critica ai ccnl firmati, in particolare FIOM, probabilmente per sostenere ipotesi integrative territoriali o bilaterali più generalizzate, Ndr). Terzo, se non ci sono più divisioni politiche, non possiamo non porci il tema del superamento delle divisioni del ‘48, non possiamo non tornare a porre la prospettiva dell’unità sindacale con CISL e Uil, come hanno fatto Lama e Trentin (il congresso CISL ha aperto a legge su rappresentanza e confronto con il governo, andiamo a vedere). Quarto: è sbagliato dividere e contrapporre le generazioni, dobbiamo allargare collegialità ed in questo quadro è stata inopportuna l’intervista della Camusso all’Espresso.
Pochi gli interventi a bilanciare questi toni critici: il segretario del Nidil (primo intervento), la segretaria di Torino (importante sviluppare una capacità di rinnovamento, in relazione a rinnovamento mondo del lavoro; in questo quadro rinnovamento generazionale importante); il segretario della FISAC (evitiamo doppiezze e giochi da biliardo; contrastiamo il male oscuro di cui parlava Trentin; l’intervista Camusso bella e di prospettiva; guardare alla ricomposizione di tutto il centrosinistra; unità con CISL e UIL sulle cose possibili); il segretario della FLC (Ccnl pubblici con vincoli inediti: non un contratto purchessia ma servono risorse; non possiamo accontentarci di 85 euro se perdiamo 80 di bonus; dobbiamo conquistare spazi in più per professionalità).
Poche altre voci sparse: la sinistra sindacale, nelle sue diverse accezioni, è parsa silenziosa. Nicolosi (DemocraziaeLavoro) ha tenuto una lunga dichiarazione di voto sulla proposta di Landini in segreteria (subito dopo e probabilmente sollecitata da quella nostra), in cui ha sottolineato il suo voto a favore anche in nome della difesa della pluralità e del pluralismo della CGIL (la pluralità delle categorie ed il pluralismo delle diverse posizioni politiche). Pantaleo (ex segretario FLC, ora marginalizzato), tra i primi, ha sottolineato il profilo padronale dell’attuale assetto politico, la necessità della ripresa di una mobilitazione, il problema dei Ccnl pubblici con pochi soldi e molti vincoli. Breda (licenziato Electrolux) si è focalizzato sulle difficili condizioni nelle fabbriche, con l’innalzamento dei ritmi di lavoro e una minor capacità di tutela sindacale. Rinaldini (ex segretario FIOM), infine, ha allargato l’orizzonte alla crisi sistemica in corso, che sfida il sindacato e ne mette in gioco la stessa sopravvivenza (non ci sono più tutele,in crisi il nostro rapporto con le persone, necessità profondo rinnovamento).
Noi, come OpposizioneCGIL, abbiamo partecipato alla discussione con una nostra dichiarazione di voto, di Eliana Como, contro l’ingresso di Landini in Segreteria (la FIOM era un’anomalia, da Genova all’opposizione in FIAT; oggi entra in Segreteria CGIL perché negli ultimi anni, progressivamente dalla Bertone in poi, si è sviluppata una convergenza con la linea della maggioranza, dalla repressione del dissenso interno all’ultimo ccnl; oggi FIOM e CGIL hanno la stessa linea e quindi il nostro voto contrario) e con due interventi: Luca Scacchi (dalla relazione manca cornice e prospettiva: la cornice della sconfitta strategica della campagna referendaria, la prospettiva di come continuare l’opposizione a Jobsact; serve subito riprendere la lotta per i ccnl dei pubblici, dopo la riforma Madia e le linee di indirizzo del MEF, oltre che su pensioni e decontribuzioni; il congresso sarà unitario per la maggioranza, noi presenteremo un documento alternativo) e Mario Iavazzi (abbiamo festeggiato una vittoria che non c’era: qui non abbiamo detto nulla sul corteo del 17 giugno, partecipato anche se con molte difficoltà perché non erano chiare le prospettive; è stata una sconfitta, non per scarsa partecipazione o convinzione dei lavoratori ma per la nostra conduzione: c’è un’evidente distanza tra parole e fatti, tra le nostre analisi e quello che mettiamo in campo; oggi più che mai necessario riprendere la lotta, a partire da ccnl pubblici; per dare risposte a queste esigenze, presenteremo un documento alternativo).
Il voto. Le consultazioni dell’AG sulla proposta di ingresso di Maurizio Landini in segreteria confederale hanno registrato (su circa 280 consultati e 329 appartenenti all’assemblea) una decina di contrari (8 dell’OpposizioneCgil) e alcuni astenuti (un po’ di più quelli che hanno espresso dubbi e perplessità, soprattutto in ragione della necessità di rappresentare anche gli altri “pluralismi” della maggioranza, ma hanno dichiarato comunque il voto favorevole). Al voto segreto, su 214 votanti, Landini ha ottenuto 184 sì (86%), 25 no e 5 astenuti. Un nostro compagno, consapevole che lo Statuto prevede precisi quorum per le votazioni sulle segreterie, ha fatto notare all’Assemblea che mancavano i 2/3 dei votanti (avrebbero dovuto esser 218). Dopo una prima sorpresa ed un generale imbarazzo della presidenza, la segretaria generale ha riconosciuto il problema e si è indetta una seconda votazione (anche se diversi componenti avevano nel frattempo lasciato la sede). Nel secondo scrutinio lo Statuto non richiede più i 2/3 di votanti, ma solo il 50% più 1: la seconda votazione si è conclusa con 174 votanti (52,88%), 166 sì (95%), 7 no, 1 astenuto
Le conclusioni della Camusso. Al termine delle lunghe procedure di voto, nel tardo pomeriggio di martedì, si sono tenute le conclusioni. Dopo una breve introduzione sui temi generali del dibattito, si sono concentrate sui diversi rilievi sollevati dal centro e dalla destra.
In primo luogo, sul rapporto con CISL e UIL. La CGIL ha cercato e cerca sempre un rapporto unitario. Nei limiti delle possibilità. Lo abbiamo fatto nei contratti, come su fisco e pensioni. Verificando le distanze ma anche cercando mediazioni (per esempio sul welfare, centrale per la CISL, o sul fisco, dove ancora avremmo bisogno di mediare per esempio su progressività). Abbiamo però ancora evidenti distanze. Per noi la battaglia sulla contrattazione non può esser solo su welfare e defiscalizzazione. Il congresso CISL si è fondato sull’assioma dello scambio per essere nei CdA: non è proponibile per noi. Per noi è fondamentale tenere aperto l’orizzonte di una ridiscussione del JobsAct: quell’orizzonte non c’è con la Cisl. Non ci inventiamo differenze, ci sono differenze Quindi abbiamo un doppio binario. Si cercano spazi di iniziativa unitaria, ma non c’è unità di linea.
In secondo luogo sul welfare contrattuale. Sappiamo che è un problema, che difficile e complesso. Ma nel gruppo dirigente abbiamo trovato un difficile punto di equilibrio. Oggi lo rimettiamo in discussione? Ci deve esser un punto in cui le discussioni finiscono. Lo vorrei dire anche sulla carta dei diritti: non possiamo ancora domandarci cosa farne. Sono indirizzi decisi, e su questi si prosegue.
In terzo luogo, sui rapporti con la politica (cioè, leggi con il PD). Non è chiuso nessun canale. Sono loro che non rispondono. Abbiamo un dibattito sulle pensioni con il PD: evidente che ci andiamo, ma sappiamo che ci sono contraddizioni e manovre in corso. Il punto è che hanno scelto di non rappresentare il lavoro. Preferiscono il popolo. E pensano di continuare una politica economica fatta solo di defiscalizzazione e sostegno imprese (Padoan).
Infine. Qualcuno pensa ad un congresso per ridiscutere la nostra organizzazione, anche in rapporto alle trasformazioni del mondo del lavoro. Però questa discussione dobbiamo affrontarla con attenzione e con prudenza. Rimettiamo in discussione categorie? E come? Questa discussione va alle radici di come siamo fatti. Teniamo alcuni punti fermi Per me sono le Cd: altrimenti si verticalizza, si accentra su settori e grandi categorie solo per risparmiare. Soprattutto, qualunque soluzione organizzativa deve esser portata alla verifica della contrattazione. Allora, prima di proporre soluzioni definitive, sperimentiamo percorsi contrattuali, inclusivi e complessivi. Abbiamo cioè bisogno di tempo per costruire un perimetro a questa discussione. In questo quadro, sviluppiamo collegialità e democrazia, maggiore comunicazione e informazione. So bene che ci sono contraddizioni. Non sul rinnovamento. Ma perché per alcuni qualunque discussione è occasione di uno schieramento.
In conclusione, il dibattito ha evidenziato una certa articolazione della nuova maggioranza CGIL. Sul rapporto con il PD, le relazioni con CISL e UIL, e soprattutto sull’assetto del futuro gruppo dirigente permangono sensibilità diverse. E si prepara anche un lungo scontro interno sul futuro della segreteria confederale (non solo sui nomi, ma anche sugli equilibri complessivi).
Il punto è che questa articolazione avviene all’interno di un lungo percorso unitario, come ha detto la Camusso cementato politicamente dalla condivisione di alcuni assi fondamentali: la strategia contrattuale definita nel gennaio 2016; l’impianto del Testo Unico del 10 gennaio; l’individuazione del Piano del Lavoro e della Carta dei diritti come schema di risposta all’offensiva padronale in corso. Limitando cioè al terreno politico e programmatico la propria iniziativa, senza innescare nessuna dinamica di lotta, senza generalizzare il conflitto aziendale, contrattuale o sociale, per evitare il rischio di ogni possibile sconfitta (e di dover gestire ogni possibile vittoria).
Il sindacatoèunaltracosa-OpposizioneCGIL, fuori da questa maggioranza, intende costruire un documento alternativo a questa linea, proprio a partire dal contrasto che sul Testo unico, sui rinnovi contrattuali, sull’immobilismo sviluppato in tutti questi anni. Un documento aperto al confronto ed alla convergenza con tutti quelli che, su queste basi programmatiche, sono disponibili alla costruzione di una linea realmente alternativa a quella della maggioranza.
PS. Una nota sulla FILT. Nella dichiarazione di voto su Landini, la compagna Eliana Como ha sottolineato come… “oggi [la FIOM] è la categoria che più delle altre si distingue per mancanza di rispetto di chi ha opinioni diverse (quasi tutte le altre… Beh, il primato in questo senso resta sempre alla FILT, che ancora non permette ai compagni dell’area di entrare nel direttivo nazionale contro il parere della stessa CdG)..”. A questo breve appunto si è sentito di replicare, nel dibattito, Alessandro Rocchi (segretario nazionale FILT), che ha voluto precisare come la sua categoria non sia per niente antidemocratica: la Commissione di Garanzia ha voluto prendere una decisione sugli organismi FILT senza neanche sentire le ragioni della categoria, nonostante questo il CD della Filt ha deciso di allargare il proprio numero di 1 unità, per rispondere a questa disposizione (e siamo in attesa che i compagni e le compagne dell’Area ci indichino il nominativo).
A questa nota ha replicato nel suo intervento il compagno Mario Iavazzi. Le delibere del Collegio Statutario della CGIL in questione sono del 11 novembre 2015 e del 14 gennaio 2016, la prima risposta della FILT del dicembre 2016. L’area già a marzo 2017 ha avanzato per scritto alla segreteria della FILT la proposta di due nominativi per il Direttivo (DUE, perché la rappresentanza proporzionale dei voti congressuali in categoria ci assegna due posti in Direttivo, e non uno). Il primo giugno 2017, 18 mesi dopo le delibere della CdG, il direttivo FILT ha approvato l’allargamento ad una unità! Si ringrazia per tanto sforzo democratico (nei numeri e sui tempi, considerando che fra pochi mesi inizia il congresso e stiamo parlando della rappresentanza negli organi nazionali eletti in quello scorso). In ogni caso, riservandoci di sostenere le nostre ragioni (ancora una volta non riconosciute) presso gli organi statutari, i nominativi a cui rivolgersi in categoria dovrebbero averceli, se serve possiamo comunicare i numeri di telefono anche a tutti!!!!
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