IL PIANO SCUOLA 4.0 COME PUNTO CRITICO.

Il conflitto capitale e lavoro nella transizione digitale

Pubblichiamo questo documento di riflessione sul PNRR da parte dei compagni e delle compagne di Radici del Sindacato della FLC delle Marche. Qui potete trovare il testo in pdf.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza sta già entrando in fase operativa in tutto il Paese, in particolare nella scuola sta imponendo il cosiddetto Piano Scuola 4.0, ovvero una digitalizzazione forzata e classista della didattica.

Il PNRR, come denuncia da tempo la CGIL, «rappresenta ormai il punto di riferimento esclusivo in termini di risorse e di riforme. Le politiche nazionali ridotte a micro interventi settoriali o a slogan propagandistici» (Nota 2/1/2023). € 2,1 miliardi di risorse pubbliche sono destinate al Piano Scuola 4.0 che sin dal nome, ricalcato sul Piano Industria 4.0, rivela il totale assoggettamento dell’insegnamento alle logiche del mercato, non solo dal punto di vista ideologico ma anche pratico.

Le risorse del Piano Scuola 4.0 sono destinate, infatti, a trasformare gli spazi fisici delle scuole in “ambienti di apprendimento ibridi”. Innanzitutto, per essere spazi indipendenti, in cui continuare a formare il pensiero critico, questi ambienti dovrebbero essere modellati dai docenti, come sempre avvenuto in aule con banchi disponibili a piacimento dal singolo insegnante e secolari supporti tecnologici di studio (i libri e altri materiali analogici) scelti dai Collegi dei Docenti per rispondere a progettualità didattiche liberamente determinate. Inoltre, si pone un problema di conflitto d’interesse: vi sono iniziative di formazione per l’attuazione del Piano 4.0 che sono tenute da funzionari dello Stato, come i Dirigenti Scolastici e il personale dell’INDIRE che partecipano al gruppo Supporto 4.0, ma sono sponsorizzate e nella pratica dirette da aziende private che forniscono le tecnologie il cui acquisto è previsto dal Piano, come la C2 Group, che vende arredamenti per gli “ambienti di apprendimento ibridi” e che da anni partecipa ad attività ministeriali come se fosse un’azienda statale.

Il Piano Scuola 4.0 prevede l’imposizione della didattica digitale integrata, che non può essere scelta dai docenti e soprattutto non è mai stata debitamente fatta oggetto di contrattazione. La DDI è stata normata solo temporaneamente, durante l’emergenza per la pandemia da Covid 2019: dopo la fine dello stato di emergenza risulta vacante la legislazione che tuteli i diritti dei lavoratori e degli studenti nell’adozione del Piano della Didattica Digitale Integrata, ancora previsto nel PTOF dalla piattaforma ministeriale messa a disposizione delle scuole, con riferimenti normativi fermi all’epoca dello stato d’emergenza. Nonostante gli evidenti e diffusi danni psicologici causati dall’abuso dei dispositivi digitali, dalla diffusione delle dipendenze tecnologiche specialmente tra i bambini e gli adolescenti in età scolare, non sono state elaborate corrette valutazioni dei rischi, per la salute di studenti e tantomeno per quella dei docenti, legati ad una prolungata esposizione agli schermi digitali ed alla iper-connessione. Si sono moltiplicati negli ultimi mesi, non da ultimo nella nostra regione Marche, i conflitti tra docenti, dirigenza e USR in merito alle richieste a nostro parere indebite come quelle di attivazione della DDI in seguito ad allerte meteo ed emergenze alluvionali o sismiche. Tale utilizzo oltre a non tenere conto dei profondi divari nell’accesso e nell’uso dei dispositivi digitali presenti sui territori tende a diventare una strategia a basso costo per disinvestire in infrastrutture scolastiche sicure ed adeguate in tempi rapidi e per smaterializzare la comunità scolastica all’interno di spazi virtualizzati. Nel Piano Scuola 4.0 non risultano evidenti, inoltre, risorse dedicate al personale ATA che dovrebbe manutenere, sorvegliare e garantire il funzionamento di tali nuove strutture multimediali. Deve inoltre essere considerato che tutte le attività extra-curricolari comportano uno sforzo lavorativo extra anche per il personale ATA che viene chiamato sempre più spesso a prolungare l’orario ed a renderlo flessibile con gravi sacrifici personali e scarse compensazioni salariali.

Il Piano Scuola 4.0 impone un piano di formazione che dovrebbe essere previsto, invece, dal nuovo CCNL, all’interno della formazione obbligatoria retribuita. Sono ormai quarant’anni che non vi è più un piano di formazione nazionale: affinché le risorse del Piano Scuola 4.0 non vadano a solo beneficio delle aziende che forniscono tecnologia di per sé contraddistinta dall’obsolescenza programmata, occorre un piano nazionale di formazione retribuita che formi tutta l’attuale classe docente alla programmazione digitale in chiave aperta, cooperativa ed inclusiva e non solo all’uso delle APP e delle piattaforme proprietarie. I docenti devono essere messi nelle condizioni di programmare software come Moodle, piattaforme di e-learning open source che consentirebbero di sostituire piattaforme come Microsoft 365 e Google for education che privatizzano e monetizzano l’estrazione di dati e di surplus comportamentale come magistralmente dimostrato da numerose ricerche (Si veda Zuboff “Il capitalismo della sorveglianza” 2018)

Il Piano Scuola 4.0 impone una rimodulazione della didattica in almeno il 50% delle classi senza che questo obiettivo sia stato discusso, interpretato e mediato nei tempi corretti dai Collegi dei Docenti. Tale progettazione presenta una impostazione altamente problematica negli Istituti Tecnici e Professionali dove la progettualità anti dispersione viene proposta durante il pomeriggio. Tali attività, in particolare negli istituti professionali, devono a nostro avviso essere svolte prevalentemente la mattina, perché è noto che gli studenti e le studentesse a rischio dispersione fanno già fatica a recarsi a scuola nelle ore curriculari ed impiegano il rimanente tempo libero spesso in attività per procurare reddito al nucleo familiare.

In generale ed anche nel dettaglio il Piano Scuola 4.0 si presenta come una imposizione tecnocratica sul mondo della scuola che deve essere rifiutato nella sua dimensione di verticalità di comando e controllo capitalista sui processi di insegnamento e di apprendimento. Pensiamo che la CGIL possa anche se i tempi sono stretti, avviare una rapida ma puntuale pratica di inchiesta sui territori e presso le istituzioni centrali dello Stato (Ministero, Parlamento, etc.) per individuare delle efficaci azioni di contrasto e di cambiamento degli aspetti maggiormente discutibili e nocivi per l’apprendimento degli studenti e delle studentesse e per le condizioni di lavoro dei docenti e degli ATA.

La Radici del Sindacato – FLC Marche

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: