Un sindacato generale di trasformazione: intervento al V congresso FLC

di Luca Scacchi. Perugia, 15 febbraio 2023

La CGIL scuola, lo SNUR, oggi la FLC sono organizzazioni sindacali duplici, ibride, mezzosangue, un po’ bastarde (la metta così). Perché da una parte hanno il compito di rappresentare e tutelare i lavoratori e le lavoratrici del settore, della conoscenza, della categoria. Difendendo salari, condizioni di lavoro, professionalità. Dall’altra però sono anche sindacato generale. Siamo sindacato generale. Cioè non solo nella scuola, nell’università e nella ricerca presidiamo gli interessi, la rappresentanza e il ruolo di tutto il mondo del lavoro, di tutte le classi subalterne, ma in qualche modo guardiamo anche oltre.

Ieri Maurizio [Landini] ha parlato dei vecchi modelli e delle vecchie culture politico sindacali. [Nel suo intervento di contributo al congresso, ha riproposto il ragionamento sul superamento delle culture politiche su cui il sindacato si è formato e diviso, quella comunista, socialista e socialdemocratica, tutte per lui in relazione con i modelli produttivi fordisti-tayloristi e quindi oramai estranee alle modernità, nel quadro di una proposta sindacale che quindi oggi deve guardare oltre la CGIL, nell’ottica di rappresentare tutto il lavoro e di farlo, come indicato nel documento Il lavoro crea il futuro, trovando il giusto compromesso con gli altri fattori della produzione]. Fordismo e comunismo. Fordismo e socialismo. Fordismo e socialdemocrazia.

Io credo che non colga un punto, che in realtà è al centro oggi del nostro congresso. Questo punto è che tipo di sindacato generale vogliamo essere. Io credo che nell’anima, o almeno in una delle anime di fondo che hanno dato vita alla CGIL, e prima alla CGdL, è l’idea di rappresentare l’insieme del lavoro, non solo la forza lavoro, all’interno di questi precisi rapporti di produzione nell’ottica, nella prospettiva, nell’obbiettivo di cambiare quei rapporti di produzione, di cambiare le attuali gerarchie sociali, di trasformare l’attuale società [avendo poi al suo interno diversi programmi su come farlo, di matrice rivoluzionaria, riformista, stalinista, azionista e persino social cristiana o social liberale in alcune sue accezioni]. Non è un caso che abbiamo un quadrato rosso come simbolo della CGIL. In qualche modo allora, in questa prospettiva, c’è un elemento irriducibile che ci differenzia non solo dai sindacati professionali, ma che ci differenzia anche dalle altre organizzazioni confederali, come CISL e UIL. Ancora oggi.

Allora, siamo ibridi e duplici in FLC come sono ibride e duplici tutte le categorie della CGIL. Però, nella scuola e nell’università viviamo in un settore che ha a sua volta una caratteristica particolarmente duplice. Scuola e università sono quell’apparato ideologico che in realtà è funzionale a strutturare e a perpetuare le relazioni di potere all’interno della nostra società, a socializzare a questi rapporti di produzione e alle sue gerarchie sociali. È la scuola contro cui viene scritta Lettera ad una professoressa. È ancora quel modello oggi imperante delle competenze o quel modello di una ricerca ed una formazione tutta schiacciata sugli interessi dell’impresa.

Scuola e università, però, sono anche quel luogo in cui si agisce il conflitto sociale nell’ottica, appunto, non solo e non tanto dell’inclusione ma di una trasformazione sociale che fa esattamente della scuola quello strumento attraverso cui le classi subalterne conquistano diritti e modificano rapporti sociali esistenti. Questa è la radice della FLC. Questo mostra quella mostra che c’è qua sopra (all’ingresso del congresso), sulla storia di come nasce la CGIL Scuola in quegli anni di crescita del movimento operaio che costruisce un modello di scuola e università contrastante a quello classista e baronale che imperava. Un modello progressivo oggi appunto messo in discussione.

Sottolineo tutto questo perché oggi io credo proprio questa nostra duplicità è al centro della fase politica e sociale che stiamo vivendo. Francesco [Sinopoli] nella sua relazione ricordava come l’autonomia, non l’autonomia differenziata o l’autonomia federalista, ma l’autonomia scolastica e l’autonomia universitaria, è stata compromessa da un modello competitivo che si è imposto fin dall’inizio e che ha costruito in questi anni esattamente in questi anni un modello di istruzione e di ricerca sempre più subordinate alle logiche dell’impresa. Oggi però siamo ad un salto di qualità. Lo hanno ricordato molti compagni/e: Valditara e quell’idea di ricostruire esattamente in una fase di arretramento del lavoro le gerarchie sociali, concretizzando nella scuola impostazioni reazionarie basate su modelli di punizione e umiliazione.

Allora è centrale per noi far vivere oggi la nostra duplicità. La nostra capacità di costruire coalizione sociale, di costruire movimenti, che ha ricordato sempre Francesco [Sinopoli] nella relazione. Perché io non credo che sia questo o quel segretario che abbiamo avuto, più o meno fricchettone, più o meno con le scarpe da edile o l’animo estremista, che ci ha portato sui tetti insieme alla rete 29 aprile e nei movimenti universitari, che ci porta in piazza con tutte le associazioni e le realtà studentesche autorganizzate, che ci ha portato nel 2015/16 a sostenere un referendum sul PCTO con i Cobas e contro il parere della CGIL. Arrivo a dire, anche alla CGIL e a Cristian che qui ci ascolta [Ferrari, della segreteria confederale], io sono contento che oggi la CGIL dica che i PCTO obbligatori sono sbagliati. Forse ci è arrivata qualche anno fuori dai tempi della storia. Forse ci è arrivata dopo qualche morte di troppo nelle aziende.

Allora è importante stare oggi non solo a fare battaglia di difesa sul salario, sul contratto, sulle molte condizioni dei nostri settori, ma stare nelle piazze con Friday for future e con gli studenti, perché si cammina con loro per cambiare la società, a stare il 25 marzo a Firenze con GKN e alle ipotesi di convergenza. Ostinatamente, con determinazione e qualche volta da soli [come ha detto Francesco Sinopoli nella relazione].

Ultima cosa. Io credo che non solo questa duplicità, questo pluralismo di anime, la FLC deva farlo vivere nelle sue pratiche e nei suoi obbiettivi di trasformazione, ma lo debba far vivere anche nel pluralismo programmatico. Io temo che sempre più nella CGIL sia soggetta a logiche corporative e feudali basate sui centri regolatori. Oggi con non mai è solo una discussione e una pluralità programmatica, che riscopre la CGIL del 1991 e quell’impostazione di Trentin, che ci può permettere di fluidificare quelle dinamiche.

Allora come diceva Claudio Sabbatini dal palco di quel congresso della CGIL nel 1991, da una posizione in maggioranza e vicina a Trentin, con molta più autorevolezza di me (ma io spero di riuscire a dirlo con altrettanta determinazione), io credo che noi del secondo documento, noi delle Radici del Sindacato, stiamo in FLC con le nostre idee, con la nostra prospettiva programmatica, con le nostre appartenenze. Con questa prospettiva, per questa trasformazione della società e dei rapporti di produzione, continueremo a combattere.

Grazie

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