Sviluppare il pluralismo in CGIL e la lotta contro il governo
Grazie Renato [Comanducci, presidente dell’AG FLC],
come ha detto Jessica [Merli, segretario FLC di Milano] la relazione di Francesco [Sinopoli, segretario generale FLC] è stata breve ma molto densa. Io credo che alcuni stimoli e alcuni temi dovranno sicuramente esser ripresi nel nostro dibattito futuro, anche nel congresso.
Primo elemento: la partecipazione al congresso. Lo hanno segnalato diversi interventi, anche se con toni e modalità diverse. Lo ha segnalato lo stesso Francesco. La partecipazione è stata bassa, bassa la presenza ed il voto. Io credo, però, soprattutto è stato cupo il tono, che io ho trovato di rassegnazione e passività, di moltissime assemblee congressuali. Della nostra categoria e io devo dire, anche trasversalmente alle altre, nelle diverse occasioni in cui io vi ho partecipato. Guardate, c’è stata questo elemento che torna anche in questo dibattito, non è quello che esce dai dati ufficiali.
In realtà, risulterebbe che nella nostra categoria hanno già votato più lavoratori e lavoratrici che nel 2018. E più che nel 2014. In questi giorni, oggi, domani, usciranno i dati complessivi, e si vedrà che a questo congresso hanno votato di più nel 2018. Una discrepanza, tra dati ufficiali e realtà, evidente. Io credo ci sia un’abitudine, una prassi, di molte strutture ad affrontare il tema della partecipazione e della dinamica congressuale in un’ottica, diciamo, competitiva, volta a far risultare alte partecipazioni alle assemblee e al voto sulla carta dei verbali. Guardate, al di là della correttezza dei dati congressuali, su cui non entro qui e ora, questa pratica mostra (riprendendo una frase della relazione di Francesco), una distanza dalla realtà della nostra organizzazione nel percorso congressuale. Perché se non impariamo a segnare i dati e a segnare il confronto reale, il rapporto con i lavoratori e le lavoratrici, poi rischiamo di incontrare sempre più problemi. Anche nella nostra azione. Salta agli occhi, la metto così, la differenza dei dati di alcune strutture, di alcuni territori, tra la partecipazione entusiasta alle nostre assemblee congressuali, in alcune occasioni persino del 100% di votanti sugli iscritti, devo dire questo meno nella FLC) e la partecipazione agli scioperi delle ultime settimane. Forse anche questo rende evidente questo iato tra dati congressuali e realtà su cui dovremmo ragionare.
Guardate, qui si parla di superamento di questa forma congressuale (i documenti contrapposti). Se ne è parlato sin dall’inizio di questo XIX congresso. Io ero nella commissione politica che ha delineato i documenti e il nostro segretario generale vi ha esordito con una delle prima frasi della sua prima relazione, chiedendosi se ci fosse la possibilità di superare in questa occasione i documenti contrapposti. In una discussione in cui si è esplicitata l’ipotesi di superamento, revisione, rifacimento delle dinamiche che hanno segnato gli ultimi congressi.
Io sono molto legato ad alcune parole di Claudio Sabatini. Le ho ritrovate nel recente libro di Gabriele Polo. Sono le parole che Sabattini pronuncia dal palco del XII congresso, nel 1991. Claudio era allora uno dei principali collaboratori di Trentin, segretario generale del Piemonte e nella maggioranza di quel congresso. Sabattini sottolineò allora che le aree programmatiche, che nascevano in quell’occasione, avrebbero potuto sviluppare una partecipazione alla vita ma anche alla gestione della CGIL confermando il proprio profilo, la propria identità e le proprie posizioni. Lo segnalo e lo riprendo qui: è nato allora, tra il 1989 ed il 1991, nel superamento delle componenti di partito, l’idea di un’unità dell’organizzazione che passa esattamente per una differenziazione, un’articolazione delle posizioni e un pluralismo programmatico. Un’unità cioè che passa per il confronto e anche per una diversa collocazione e posizione nell’organizzazione. Un’idea e una prassi dell’organizzazione, sviluppata nel ventennio successivo, che io credo sia stato non solo un valore generale profondo e importante, ma anche uno strumento attraverso cui la CGIL ha affrontato e superato non solo momenti difficili (Il cosiddetto autunno dei bulloni o il referendum sulle pensioni del 1995), ma ha anche avuto la capacità di tenere vivo in questi decenni difficili un impianto e una prospettiva generale della CGIL. Guarda, Francesco, io non penso che la CGIL sia l’unica organizzazione della terza internazionale sopravvissuta: in realtà la CGIL (quella con la I) non lo è mai stata, anche perché rinasce dalla CGdL sulla base di un patto politico sin dall’inizio plurale (quello di Roma del 1944), su componenti di partito, sopravvissuto alla scissione del 1948/49 della DC e poi di alcune componenti repubblicane e socialiste.
La CGIL, oggi, è e rimane in realtà l’unica organizzazione di massa sopravvissuta nel campo della sinistra e del lavoro, in chi ha l’obbiettivo di trasformare la società a partire dagli interessi del lavoro. Ed io credo che sia fondamentale mantenere e sviluppare questo tipo di impostazione. Evitare che attraverso il dibattito sul congresso e le forme del congresso, come dire, si provi a ridurre il pluralismo della nostra organizzazione ad un pluralismo di centri regolatori o di strutture, che elimina le differenziazioni o le articolazioni programmatiche, che hanno fatto della CGIL quella casa comune delle opzioni di trasformazione di questo paese che io credo sia non solo una delle sue eredità più importanti ma uno degli elementi più caratteristici della sua forza e della sua identità. Una discussione, che, io credo sia oramai esplicita nel gruppo dirigente.
Qui allora andiamo a parlare anche del congresso FLC. Francesco [Sinopoli] lo ha sottolineato. In questa categoria si è tenuto un dibattito e una dinamica che ha permesso un confronto aperto e corretto. Anche se, diciamocelo, non dappertutto neanche in FLC. A partire anche dalla posizione che tutta la delegazione della FLC, a partire da Francesco, ha preso in direttivo nazionale CGIL sul famoso punto 8.3.3 del regolamento sui presentatori. Una dinamica che si è affermata a partire da alcune strutture e territori importanti, significativi, che io credo abbiano segnato molto positivamente un rispetto e un rapporto politico corretto tra i documenti congressuali. Ricordo tra i tanti [dalla Valle d’Aosta a Roma Est] Milano e Torino, per segnalare come questo rapporto sia vissuto non solo nelle assemblee nei luoghi di lavoro ma anche nei congressi provinciali, nell’unità o nelle convergenze che si è raggiunti ma anche dove si sono confermate divergenze (a Milano, ed ha appena parlato Jessica), quando quell’unità politica non si è trovata ma si è comunque costruito una dinamica positiva di discussione.
Un confronto in categoria che parte da scelte politiche positive della categoria. Lo abbiamo sottolineato nel direttivo di luglio che ha discusso i testi congressuali. La FLC ha segnato, unica struttura della CGIL, alcune scelte importanti: gli scioperi con Friday for Future, il rapporto con i movimenti, la partecipazione alla manifestazione GKN dello scorso marzo a Firenze, lo sciopero di maggio e l’atteggiamento nei confronti della trattativa contrattuale nel corso dell’anno passato. Questo non toglie che ancora oggi noi, come aree, segniamo alcune differenze e divergenze rispetto alla linea della maggioranza, anche in categoria: sul contratto, dove non abbiamo votato a favore dell’ultimo direttivo; sul PNRR e la lettura dell’Unione Europea [dove abbiamo presentato un odg alternativo in Direttivo], sulla valorizzazione professionale o sull’autonomia scolastica [su cui articoliamo una dialettica viva e talvolta anche aspra].
Guardate, qui lo dico, segniamo un dissenso significativo anche sul recente incontro della CGIL con Bergoglio. Qui riprendo alcune cose dette poco fa da Max [segretario di Torino]. Guardate, il problema non è la discussione sulla figura del papa. Su cui non ho nulla da dire [anche perché non è un organismo della CGIL la sede per disquisire sul profilo politico, sociale o dottrinale di questo o quell’esponente della Chiesa Cattolica]. La scelta della CGIL ha però avuto un preciso segno e significato politico complessivo: non è stato un semplice incontro con il suo gruppo dirigente ristretto (o allargato), ma si è voluto portare 5mila persone, in quella sala, con quelle forme e quei simboli (dai foulard alle spillette, con i simboli dell’organizzazione e del Vaticano). Non ho condiviso questa scelta, radicalmente, ed infatti non ero a Roma quel giorno. Guardate, il problema non si esaurisce in quell’iniziativa.
Lo dico in punto di piedi: da maschio, cioè da uomo che non ha vissuto e non vive l’aborto, come amico o come compagno che in diverse occasioni ha accompagnato donne che hanno fatto la scelta dell’interruzione volontaria di gravidanza, ma lo dico soprattutto da dirigente della CGIL. Ho ritenuto gravemente inopportune le dichiarazioni del nostro segretario generale sull’aborto traumatico. E’ sbagliato stigmatizzare come trauma, sempre e comunque, quella che è una scelta di autodeterminazione e un diritto di una donna, soprattutto in un momento in cui nella pratica del nostro Servizio Sanitario Nazionale è in discussione l’utilizzo della pillola RU486.
Per tornare al congresso, nei territori questa discussione è vissuta in forme e modalità diverse. L’ho richiamato. Con gestioni unitarie, documenti unitari, astensioni e anche voti contrari o documenti contrapposti. Io credo che questo mostri la ricchezza con cui la nostra categoria viva la discussione. Cercando sempre di stigmatizzare e bloccare ogni momento di contrapposizione che usciva dai binari della correttezza e del riconoscimento reciproco. Spero di averlo personalmente fatto e anche che lo abbiamo collettivamente fatto, come compagni e compagne del secondo documento. Dalla Sicilia a Rimini c’è stato questo impegno. Spero che ci sia l’impegno della maggioranza, tutti, a stigmatizzare anche quando esponenti FLC o CGIL, di categoria o di Camera del Lavoro, etichettano il secondo documento di esser come la Meloni o di lavorare per distruggere la CGIL, creando dei solchi. Mi spiace se si son percepite contrapposizioni inopportune e mi impegnerò a cercare di risolvere, ma io credo che noi dobbiamo sviluppare in FLC e in tutta la CGIL rispetto, chiarezza, salvaguardia della pluralità che abbiamo. Nelle convergenze e, mi viene da dire, anche quando (se non soprattutto quando) abbiamo e sviluppiamo divergenze.
In chiusura, la prospettiva della ripresa della mobilitazione. Io spero che avremmo presto una discussione come AG, approfondita, sull’ultima parte della relazione di Francesco, che invece condivido molto. La necessità di riprendere, continuare, sviluppare una mobilitazione sulla questione del salario e del contratto. Tanto più nell’attuale dinamica politica generale, sia sul fronte della crisi (l’ISTAT ha appena riconosciuto un calo del 10% dei salari reali netti del lavoro negli ultimi dieci anni), sia nelle dinamiche politiche. Spero che sia occasione di un impegno unitario per continuare realmente la mobilitazione dopo uno sciopero difficile, complicato come quello di queste settimane: un’iniziativa che possa tenere la CGIL e il mondo del lavoro in campo nei prossimi mesi.
Luca Scacchi
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