Le radici del Sindacato: schema di intervento per l’UNIVERSITA’

Schema di presentazione per i congressi dell’UNIVERSITA’.

Care compagne e cari compagni, qui sotto e qui in pdf mettiamo a disposizione uno schema di intervento per le assemblee congressuali nell’università, liberamente interpretabile a seconda dei contesti e delle situazioni, ma già tarato intorno alle 1.500 parole [10 minuti di intervento].

SCHEMA INTERVENTO NELL’UNIVERSITA

Ciao a tutti e tutte, mi chiamo [_________]. Sono iscritto/a alla CGIL e attualmente [lavoro a; sono nel direttivo]. Oggi sono qui per presentare il secondo documento congressuale. Il fatto che ci sia un secondo documento non è un sintomo di divisione, ma è una grande prova di democrazia all’interno del sindacato più grande d’Europa. È proprio nel congresso che lavoratrici e lavoratori possono liberamente discutere della nostra organizzazione, alla quale apparteniamo con orgoglio, per decidere una linea con più energia e significato.

Il momento è drammatico. Dopo anni di crisi economica, abbiamo attraversato una tragica pandemia, con i suoi morti, i lockdown, una gestione confusa e scelte scaricate sui singoli. Sono stati privilegiati i profitti contro la vita e la sicurezza delle persone. I servizi sociali hanno tenuto solo grazie al sacrificio di lavoratrici e lavoratori. Ma la pandemia ha solo accelerato un sistema già in crisi. Le contraddizioni di questo modo di produzione sono sempre più evidenti: pensiamo a quest’estate, le vittime della crisi climatica, dalla Marmolada alle Marche, mentre si riaprono le centrali a carbone e i vari Bezos e Musk volano come turisti nello spazio. A questa situazione si è aggiunta la terribile guerra in Ucraina che ci ha portati sull’orlo di un nuovo conflitto mondiale. Con le tensioni globali si sono moltiplicate le crisi industriali: i costi dell’energia e delle materie prime stanno portando molti a perdere il lavoro. Un lavoro che per molti è rimasto precario, anzi, nel settore pubblico il precariato sta addirittura aumentando. Da più di un anno l’inflazione ha iniziato a crescere e con la guerra ha avuto un’accelerazione impressionante, il costo della vita è diventato ancor più insostenibile: tutti gli indicatori confermano che questa non sarà un’ondata momentanea ma una tendenza del lungo periodo. Il mondo sta cambiando e a gestire questa situazione è arrivata la destra, che inasprirà le politiche contro il lavoro già messe in campo dai vari Monti, Renzi e Draghi.

In questa fase cruciale dobbiamo essere pronti e combattivi. Con questo documento alternativo proponiamo un cambio di passo per il sindacato. In questi anni ci siamo smarriti in tatticismi per rispettare equilibri politici sperando in governi “amici” e nell’intervento salvifico dell’Europa. Concertazione in cambio di concessioni che non sono mai arrivate. Questa strategia si è dimostrata fallimentare e lo dimostrano i nostri salari: siamo l’unico paese con gli stipendi inferiori a trent’anni fa. L’Università ha dovuto gestire la pandemia in totale abbandono, navigando a vista senza indicazioni ministeriali. Si deve cambiare con urgenza, perché gli attacchi alla classe lavoratrice si intensificheranno ancora di più.

Dobbiamo tornare alle radici del sindacato: difendere diritti ed interessi del lavoro, agendo con determinazione. Questi sono i motivi per cui il sindacato è nato. Siamo stati troppo timidi contro la Fornero, la regionalizzazione della Sanità, il jobsact, e le tante crisi. Anche con Draghi ci son state solo mobilitazioni occasionali o rituali. Arriviamo sempre più spesso tardi e solo raramente portiamo il conflitto sino in fondo. Tornare alle radici, allora, per noi vuol dire tornare a lottare con convinzione e radicalità. Abbiamo bisogno di un sindacato che non si autocensuri, ma che sappia proporre una visione indipendente, anche politica, e chiare rivendicazioni.

Anche nell’Università è necessario cambiare passo. Con la pandemia è stato introdotto a tappeto il lavoro da remoto. Il personale tecnico amministrativo e bibliotecario ha saputo rispondere al nuovo scenario per permettere al sistema Universitario di funzionare. A questa abnegazione è stato risposto con supponenza, aumentando i controlli sul lavoro, fino alla bassezza di togliere i buoni pasto. Ora che sembra, passatala fase più critica dell’emergenza, il lavoro da remoto è rimasto ma invece che esser occasione di autodeterminazione, rischia aumentare drammaticamente i carichi, ridurre costi di lavoro e salari complessivi, con liberalizzazioni e nuove subordinazioni che sdoganano giornate di lavoro infinite, in cui il lavoro si intrufola nel tempo libero e nella famiglia. Al personale viene chiesta una sempre maggiore specializzazione e diversificazione delle competenze a fronte di una costante riduzione delle risorse e un turn over bloccato nei fatti. Tutte e tutti potremmo raccontare di qualche collega che in questi anni ha avuto esaurimenti per stress correlato al lavoro. Purtroppo, soprattutto colleghe che hanno dovuto sobbarcarsi il peso di una gestione familiare ancora più gravosa.

L’autonomia universitaria ha sgretolato il sistema accademico nazionale: non solo gli atenei sono sempre più in competizione su fondi e risorse, ma sono sempre più indipendenti nella gestione e nello sfruttamento del personale, contrattualizzato e non. L’autonomia differenziata e i dirigenti manager non sono estranei all’università. La precarizzazione dei contratti, l’affastellarsi di consulenti, il lavoro per obiettivi sono i sintomi di una aziendalizzazione che si riflette anche nelle premialità e nella competizione fra colleghi. Così è anche nella gestione della didattica, in cui sta sempre più venendo meno una gestione unitaria entro cui declinare le specificità di ogni singolo ateneo.

In questo scenario già in sofferenza si è inserito il PNRR. Il recovery fund ha gettato su tutto il sistema universitario una pioggia di miliardi senza alcuna programmazione. Per fare un solo esempio, dovremmo reclutare nel breve periodo circa 4000 Ricercatori a tempo determinato di tipo A: numeri da capogiro per una figura cancellata dall’ordinamento. Che futuro possiamo dare a questi giovani? Si tratta di una scelta scellerata che sta producendo nuova precarizzazione sia tra il personale docente che tra il PTAB. Inoltre il proliferare di nuove Legal Entities si tradurrà, se va bene, in un ennesimo maggior carico di lavoro, se va male nella creazione di un sistema concorrente a quello degli Atenei. Quelle che vengono presentate come collaborazioni tra pubblico e privato, come occasioni di sviluppo, sono in realtà cedimenti in cui si insinua un modo di organizzare il lavoro che spinge verso il basso i diritti di tutti. I soldi del PNRR li stiamo pagando non solo in termini di interessi, ma anche in termini di “controriforme”, come per ITS, SSD e ordinamenti. Anche la revisione del pre-ruolo, introdotta surrettiziamente nei provvedimenti PNRR, ha consolidato il lungo precariato della legge 240/2010, mentre l’introduzione di un regolare contratto subordinato per la ricerca (al posto degli atipici), ricondotto positivamente al CCNL, è gravemente limitato da vincoli finanziari e assenza di risorse.

Per questo abbiamo bisogno di un sindacato che abbia una visione di lungo periodo, che sappia anticipare i problemi e non agire sempre in rincorsa. Dobbiamo ripartire dalla grammatica sindacale, coinvolgendo lavoratori e lavoratrici nelle lotte, senza timore del confronto. Anche nel CCNL, ormai scaduto da tempo. È necessario che la FLC contratti aumenti significativi, ben oltre il 5/6% (di cui una parte tutta da definire, con il rischio di nuove premialità). Con un’inflazione reale oltre il 10%, sarebbe un contratto in perdita. Solo facendo sentire tutto il peso della massa di lavoratori e lavoratrici il sindacato potrà ottenere vantaggi significativi. È necessario rivendicare aumenti salariali cospicui, sullo stipendio tabellare e non sul salario accessorio. È necessario prevedere un meccanismo automatico che protegga il nostro potere d’acquisto dall’aumento dei prezzi ormai strutturale, con una nuova scala mobile. È necessario rivendicare una politica di assunzioni che superi la logica della competizione fra docenti e personale TAB per colmare seriamente i bisogni degli Atenei.

Sarebbe ingeneroso negare che la FLC abbia cercato molti di questi risultati. Quello di cui ora abbiamo bisogno però è di maggior determinazione e forza. Per questo è necessario un cambio di passo. Una FLC che lotti per il rafforzamento di un sistema universitario realmente nazionale. Che combatta il drenaggio di risorse e di persone dal Sud verso il Nord nella speranza di un futuro migliore. Dobbiamo smetterla con la retorica dell’eccellenza per tutelare il sistema nella sua interezza.

La CGIL tutta deve concentrarsi sull’unità dei lavoratori e delle lavoratrici anche a scapito dell’unità sindacale, che diventa sempre più spesso un ostacolo. Abbiamo bisogno di una CGIL che si batta per abrogare la Fornero (non per qualche flessibilità) e per tornare al sistema retributivo (non per qualche garanzia minimale); per ridurre e redistribuire l’orario di lavoro a parità di salario (per legge e contratto, non solo nei documenti sindacali); per ricostruire una sanità e servizi nazionali; per riconquistare aumenti agganciati all’inflazione reale, con una nuova scala mobile (non per aumenti defiscalizzati a carico della tassazione generale).

Per questo chiediamo un’inversione di tendenza. Di fronte alla fase di straordinaria gravità che stiamo attraversando, noi pensiamo che la Cgil possa e debba avere una linea di intervento più incisiva. Una CGIL, cioè, indipendente e conflittuale, capace di contrapporsi a Confindustria e ai Governi di qualsiasi colore. Una CGIL che sappia sostenere e dare respiro alle iniziative di lotta di lavoratrici e lavoratori.  Per questo stiamo nel sindacato, per questo stiamo nella Cgil, per dare forza a queste ragioni e queste prospettive. Per questo vi chiediamo di votare il secondo documento, “Le radici del Sindacato”.

Grazie a tutte e a tutti.

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