Le radici del Sindacato: schema di intervento per la SCUOLA
Care compagne e cari compagni, qui sotto e qui in pdf mettiamo a disposizione uno schema di intervento per le assemblee congressuali nella scuola, liberamente interpretabile a seconda dei contesti e delle situazioni, ma già tarato intorno alle 1.500 parole [10 minuti di intervento].
SCHEMA INTERVENTO NELLA SCUOLA
Ciao a tutti e tutte, mi chiamo [_________], sono iscritto alla CGIL da diversi anni e attualmente [lavoro a; sono nel direttivo]. Oggi sono qui perché siamo a congresso e ci sono due documenti. No, non ci stiamo dividendo: è solo l’espressione delle differenze che esistono in un sindacato democratico. In CGIL abbiamo sempre avuto diversi punti di vista, appartenenze e sensibilità. Le confrontiamo apertamente con lavoratrici e lavoratori, per decidere una linea con più energia e significato.
Sono qui perché siamo in un momento drammatico. Dopo anni di crisi abbiamo attraversato una tragica pandemia, con i suoi morti, i lockdown, una gestione confusa e scelte scaricate sui singoli. Si è privilegiato la produzione [prima di tutto i profitti], logorato i servizi sociali, colpito lavoratori e lavoratrici. Si sono ampliate le diseguaglianze. A scuola lo sappiamo bene. Doveva cambiare tutto, non è cambiato niente: nella scuola, nella sanità, nell’economia. Le contraddizioni di questo modo di produzione sono sempre più evidenti: pensiamo a quest’estate, ai morti sui ghiacciai o a Senigallia. E oggi la guerra in Ucraina. Siamo sull’orlo di un baratro, un nuovo conflitto mondiale, mentre esplodono gasdotti e tornano rischi nucleari. Da febbraio l’inflazione ha avuto un’accelerazione impressionante, i prezzi sono schizzati e il costo il costo della vita è insostenibile: l’inverno è alle porte con le bollette di luce e riscaldamento. Il lavoro di molti è rimasto precario, si sono moltiplicate le crisi industriali, ci saranno razionamenti di energia. Dopo Monti, Renzi e Draghi, che hanno ripetuto politiche contro il lavoro, a gestire questa situazione è arrivata la destra, che tende a contrapporre tra loro persone, lavoratori e popoli. Tempi sempre più difficili e spaventosi.
Allora perché un documento alternativo? Perché pensiamo che al sindacato serva un cambio di passo. In questi anni siamo sempre più attenti a costruire servizi, a rispettare equilibri politici e di governo, a sperare inutilmente nell’Unione Europea. Anche se siamo il sindacato con più iscritti nel continente, siamo gli unici con salari inferiori a trent’anni fa. Scuola e sanità sono sempre più degradate. Qualcosa non funziona. Si deve cambiare e con urgenza, proprio perché la guerra precipita il tutto. Dobbiamo tornare alle radici del sindacato: difendere diritti ed interessi del lavoro, agendo con determinazione. Non lo abbiamo fatto con la Fornero, la regionalizzazione della Sanità, il jobsact, le tante crisi. Anche con Draghi ci son state solo mobilitazioni occasionali, nonostante il nulla sulle pensioni, i tanti soldi alle imprese, l’impoverimento dei salari. Arriviamo sempre più spesso tardi e solo raramente portiamo il conflitto sino in fondo. Tornare alle radici, allora, per noi vuol dire tornare a lottare con convinzione e radicalità. Quando ci si muove con forza, infatti, le cose cambiano. Lo abbiamo visto anche nella scuola: dopo lo sciopero del 2015 le cose più brutte della buona scuola sono state riviste (il docente a chiamata, il bonus, le 400 ore di PCTO). Poteva esser fatto e ottenuto di più, lo sappiamo. Ma quello sciopero ha comunque segnato le cose.
Proprio nella scuola vediamo la necessità di mobilitarsi subito. Nonostante la pandemia, nonostante i miliardi del PNRR, ci sono ancora 200.000 cattedre scoperte: un docente su 4 è precario. Le classi sono sovraffollate come prima, mancano sempre più assistenti, tecnici e personale amministrativo. Il MEF, il DEF, i diversi governi bloccano le assunzioni, sperando che il calo delle nascite risolva tutto in dieci o vent’anni. Nel frattempo, aumentano carichi e impegni, si moltiplicano BES e PEI, si ingarbuglia la burocrazia. Nei due anni di Covid è mancato tutto: dalle mascherine FFp2 al personale necessario, dai trasporti ai sistemi di riqualificazione dell’aria. Sono solo arrivati i banchi a rotelle e la didattica a distanza sulle spalle dei docenti (stesso tempo di lezione, classi blended, connessioni a proprie spese).
Una scuola stravolte dalle logiche di impresa. L’Autonomia ha diviso e messo in competizione tra loro le scuole (POF, INVALSI e progetti). Il personale ATA è sempre meno considerato e valorizzato: si afferma la sua partecipazione alla comunità educante, ma sempre meno gli si riconosce salario e diritti, aprendo la strada ad appalti e servizi. I programmi di studio sono sempre più flessibilizzati, diretti a competenze e portfolio per formare capitale umano, travolgendo la libertà di insegnamento e la professione dei docenti. Lo si vede nel PCTO, l’ex alternanza scuola lavoro,
con le sue prassi distorte e le sue morti che si ripetono. Il PNRR arriva oggi a portare i privati nel tempo-scuola, scavandola dall’interno. L’Autonomia differenziata domani potrà regionalizzare la scuola come oggi la sanità, dai programmi al personale, smontando ulteriormente l’unità della scuola della Repubblica.
Il contratto è scaduto il 31/12/18, gli stipendi sono fermi. Al rinnovo precedente (il primo dal 2010) erano arrivati 85 euro lordi, con la promessa di un aumento successivo a tre cifre. Abbiamo i salari più bassi d’Europa e più bassi di tutta la Pubblica Amministrazione: mancano almeno 350 euro al mese! A questo rinnovo, che ci da oggi i soldi di tre anni fa, le risorse arrivano a stento a 104 euro: sono quelli promessi da Bussetti nel 2019. È il 4%: non si recupera il necessario, non si sta nemmeno al passo dell’inflazione (oggi al 10%). Draghi quest’estate, con due decreti nel PNRR, ha reintrodotto il salario premiale (DL 36 e 115): solo per pochi, con il docente stabilmente incentivato, legato alla formazione che Renzi ha reso obbligatoria. Una formazione per di più imposta dall’alto, irregimentata da una Scuola di Alta formazione ministeriale, che dirà agli insegnanti COME insegnare, limitando la loro autonomia e indipendenza nell’insegnamento.
Noi pensiamo che il lavoro e la scuola abbia bisogno di ben altro. Abbiamo scioperato a dicembre e a maggio: sempre in affanno, sempre in ritardo per stare dietro a CGIL e altri sindacati, senza continuità e sviluppo. In questi anni, come FLC, abbiamo spesso detto cose giuste: su salute e sicurezza, diritti e diseguaglianze, salari e alternanza. Però, poi, non abbiamo praticato quanto dicevamo. Qualche volta non abbiamo neanche detto le cose con chiarezza, con forza, con determinazione. Allora, votare per il secondo documento vuol dire chiedere questo maggior coraggio, questa maggior convinzione, questa maggior iniziativa alla FLC e alla CGIL tutta. Come è avvenuto in GKN, la fabbrica di Firenze occupata da un anno. Vuol dire chiedere una vera autonomia del sindacato, recuperando il profilo di una CGIL di tutti i lavoratori e le lavoratrici: docenti e ATA, precari e stabili, pubblici e privati, operai e impiegati, occupati e disoccupati. Una CGIL che assuma su di sé il compito di difendere lavoratori e lavoratrici, non il sistema produttivo italiano, gli equilibri europei, le compatibilità di sistema.
Una CGIL che si batta per abrogare la Fornero (non per qualche flessibilità) e per tornare al sistema retributivo (non per qualche garanzia minimale); per ridurre e redistribuire l’orario di lavoro a parità di salario (per legge e contratto, non nei documenti sindacali); per ricostruire una sanità e servizi nazionali (non per definire LEA e LEP, subordinati alle logiche neoliberali di costo); per riconquistare aumenti agganciati all’inflazione reale, con una nuova scala mobile (non per aumenti defiscalizzati a carico della tassazione generale).
Una FLC che si batta per aumenti consistenti nella scuola, in grado di recuperare la differenza con l’Europa e la PA, uguali per tutti, senza valorizzazioni solo per alcuni, alzando quelli vicini alla soglia di povertà e riconoscendo compiti e impegni oggettivi a docenti e ATA. Una FLC che eviti di normalizzare la DAD, rivedendo un pessimo accordo integrativo che rischia di rendere ordinaria la didattica a distanza. Una FLC che si impegni contro ogni Autonomia differenziata, nella scuola e nella società, come per la stabilizzazione dei precari con 36 mesi.
Negli ultimi trent’anni abbiamo visto attacchi durissimi alla scuola pubblica: dalla legge di parità al concorsone di Berlinguer, dalle controriforme Moratti ai tagli Gelmini, dal Bonus docenti ai privati della Buona Scuola, dai banchi a rotelle di Azzolina al salario premiale di Bianchi. Abbiamo però anche visto una categoria che ha saputo reagire, in alcuni momenti con grande forza e con impatto. Una categoria che ha respinto molti provvedimenti e che, soprattutto, ancora oggi resiste facendo vivere quotidianamente, sulle proprie spalle, una scuola diversa, inclusiva, pubblica, unitaria, per lo sviluppo delle persone e non del loro capitale umano.
Per questo chiediamo un’inversione di tendenza. Non solo perché è importante difendere salari e diritti, una scuola e una società più giusta. Lo chiediamo perché in questi anni abbiamo visto lavoratori e lavoratrici difendere, nelle lotte e nelle pratiche quotidiane, spazi e diritti del lavoro. Lo chiediamo, soprattutto, perché proprio quando avanza la notte della guerra e della crisi è necessario guardare oltre e costruire un cambiamento. Di fronte alla fase di straordinaria gravità che stiamo attraversando, noi pensiamo che la Cgil possa e debba avere una linea di intervento più incisiva. Una CGIL, cioè, indipendente e conflittuale, capace di contrapporsi a Confindustria e ai Governi di qualsiasi colore. Per questo stiamo nel sindacato, per questo stiamo nella Cgil, per dare forza a queste ragioni e queste prospettive. Per questo vi chiediamo di votare il secondo documento, “Le radici del Sindacato”.
Grazie a tutte e a tutti
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