Chimico farmaceutico: un contratto lampo.

Su un irnnovo che si mantiene nel perimetro IPCA.

Il 13 giugno si è chiuso il contratto chimico farmaceutico, un rinnovo avvenuto con solo 3 incontri e in anticipo rispetto alla scadenza prevista per il 30 giugno 2022. Una pratica quella dei chimici che si sviluppa principalmente in un percorso di incontri all’interno dell’osservatore nazionale.

Riteniamo che un fattore sia stato decisivo in questo rinnovo, il dibattito nazionale sul superamento dell’indicatore IPCA (inflazione scorporata dai costi energetici) come base per il rinnovo dei contratti, avvenuto in una fase di crescita dell’inflazione. Si è chiuso con un aumento di 204 euro interamente sul Tem (Trattamento economico minimo), sicuramente più alto rispetto ad altri contratti nazionali rinnovati negli ultimi anni, ma che riconferma l’IPCA come indicatore per gli aumenti dei prossimi anni.

Teniamo sempre presente che 3 trance dei 204 euro sui Tem andranno sempre in revisione annualmente con l’indicatore IPCA che fornisce l’Istat ogni giugno, come del resto è avvenuto con il vecchio contratto nazionale. Fondamentalmente il rinnovo del contratto chimico è in linea con il patto della fabbrica, non per caso la Segretaria Nazionale della Femca CISL, lo afferma nell’intervista del sole 24ore del 14 giugno.

Teniamo presente che i settori della chimica farmaceutica, dell’energia e petrolio, in questi anni hanno visto una crescita dei profitti, l’uno in un contesto pandemico, l’altro in un contesto speculativo dei costi energetici. Il contratto della farmaceutica, si è chiuso con la riconferma del IPCA, come sicuramente si chiuderà del resto il contratto dell’energia e petrolio, attualmente in discussione.

Se l’indicatore IPCA è confermato nei rinnovi di contratto in questi due settori, figuriamoci nei rinnovi degli altri settori. Questo è il vero dato da cogliere nel rinnovo del contratto chimico, che al di la dei proclami nazionali, i contratti continueranno ad essere rinnovati con l’indicatore IPCA e di conseguenza una perdita del potere di acquisto dei salari.

Nella parte normativa, cogliamo due aspetti negativi:

  1. aver ampliato la possibilità di derogabilità al contratto nazionale;
  2. più grave ancora, non aver definito le tipologie di rapporto di lavoro, la durata dei contratti a termine e in somministrazione, le percentuali etc, che verrà definito durante la vigenza contrattuale.

Ormai da anni il contratto non definisce le tipologie di rapporto di lavoro, lasciando questo aspetto alla legislazione nazionale. Vorremmo ricordare a coloro che si riempiono la bocca contro la precarietà, che il contratto nazionale di lavoro dovrebbe avere una funzione migliorativa rispetto alla legislazione, poiché in caso contrario rischieremo di svalorizzare il contratto.

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