Istruzione e ricerca: rompere la gabbia di un CCNL vincolato.

Intervento di Luca Scacchi al Direttivo FLC del 9 giugno 2022.

Grazie Renato [Comanducci, presidente del Direttivo FLC], ciao a tutti e tutte che siete lì a Roma,

io credo che la discussione oggi inevitabilmente si posiziona sul contratto. Nel quadro complesso che Francesco [Sinopoli, segretario generale FLC] ha delineato nella sua relazione, come ha segnalato appena adesso l’intervento di Pino [Di Lullo, segreteria nazionale FLC], io credo che sia inevitabile che in qualche modo noi oggi ci confrontiamo su questo, nel momento in cui si sono [finalmente] avviate le trattative all’Aran, nel momento in cui abbiamo la richiesta di una parte significativa delle altre organizzazioni sindacali [UIL, SNALS, GILDA, ANIEF] di chiudere subito il contratto, focalizzandolo solo sulla parte economica. Io credo che questo confronto necessario anche nel quadro di una discussione che c’è stata tra noi nelle ultime Assemblee generali, negli ultimi Direttivo, io ricordo tra gli altri un intervento di Raffaele [Miglietta, responsabile nazionale struttura di settore della scuola] che segnalava, come dire, l’opportunità se non la necessità di chiudere rapidamente questo contratto per aprirne poi uno nuovo.

Io credo che proprio per questo sia utile tornare su alcuni elementi di fondo, che noi abbiamo in questo rinnovo. Questo CCNL, infatti, è comunque ingabbiato da tre vincoli, che sono tutti negativi, io credo.

Primo, la prassi di rinnovare i nostri contratti al termine del triennio. Una prassi che oramai si è instaurati ma che sta diventando anche programmatica, all’interno del DEF. Quindi, come dire, si crea così, inevitabilmente, uno slittamento di tutte gli interventi e le discussioni, perchè discutiamo oggi gli aumenti che sono relativi ad anni fa, e non al contesto di oggi.

Secondo, le risorse dell’aumento contrattuale sono basate su aumenti tabellari del 3,78%, stabiliti dalla legge di bilancio: un dato che ci vincola e ci vincola in realtà per un motivo solo, cioè il fatto che uno dei contratti del pubblico impiego è già stato firmato, quello delle funzioni centrali, e quindi è complicato, come dire, cambiare un quadro in cui uno del CCNL pubblici è già vigente (i lavoratori e le lavoratrici di quel settore hanno già ricevuto quegli aumenti e i relativi arretrati).

Terzo, diversi aumenti e dinamiche nei diversi settori. Io credo che dovremmo rifletterci poi a bilancio in modo più approfondito. Una quota rilevante degli aumenti contrattuali che poi lavoratori e lavoratrici prendono nei vari settori non dipende solo da quel 3,78%, dall’aumento tabellare e generale degli stipendi, ma è legato a risorse e provvedimenti specifici, definiti legislativamente e che poi saranno gestite dal CCNL, che sono molto diverse da settore a settore, compresi tra i nostri. Sono relative a indennità, inquadramenti, riconoscimenti, con storie diverse e dinamiche diverse. Alla fine, persino nel nostro CCNL dell’istruzione e ricerca determineranno aumenti molto diversi tra scuola, università e ricerca. Molto diversi. Così, oggi, noi andremo a discutere e poi un giorno a firmare un CCNL che, come dire, non solo come al solito sarà composto da quattro sezioni diverse, ma in realtà presenterà quattro dinamiche contrattuali che sono tra di loro molto differenti. E che io credo non sarà facile gestire in tutto il percorso del rinnovo.

In questo quadro si inserisce l’inflazione. Io segnalo che oggi, ieri, l’IPCA è passata al 4,7%, davanti ad un’inflazione FOI o NIC (gli indici che misurano quella complessiva) del 6,7%, con l’ISTAT che dice che sui nostri salari pesa assai di più, intorno al 9/10%, in quanto la quota relativa a alimentari, energia e carburanti [i beni che registrano aumenti dei prezzi maggiori, anche del 30/50%] vi pesa molto di più. Guardate, qui c’è un punto di articolazione e in parte anche di dissenso con quello che dice Francesco [Sinopoli]. L’inflazione non è stata causata o innescata dalla guerra. È precedente. E guardate, è determinata dagli squilibri [evidenti dopo la pandemia] e da una marea di liquidità, che sono stati radicalizzati o costruiti da una gestione capitalistica della grande recessione di oltre un decennio fa. Qui il punto di dissenso: io non penso che l’inflazione sarà congiunturale. È un anno che ci dicono che la fiammata inflazionistica sarà congiunturale e si riassorbirà rapidamente. Così evidentemente non è. Ed io non credo che si riassorbirà in tempi rapidi. Questo, sindacalmente, è uno dei principali problemi che abbiamo di fronte perché dobbiamo costruire e ricostruirci delle armi di difesa salariale che io credo dovranno essere, come dire, non semplicemente una tantum, eccezionali, legate a questo specifico anno. Dovremmo cioè ricostruire forme di scala mobile.

Nel contempo sta andando avanti, nella scuola ma non solo, un attacco centrato sulla performance e sulla premialità, esattamente come ricordava Pino [Di Lullo]. Cioè l’idea di allargare ed estendere quella dinamica brunettiana anche a quel milione di lavoratori e lavoratrici della scuola, ai quali non era applicata. Un elemento, guardata, che se andiamo a leggerlo bene era già sotteso e in alcuni passaggi persino esplicitato, in quel Patto per l’innovazione del pubblico impiego che è stato sottoscritto anche da noi tempo fa. Certo, oggi quel principio generale viene attuato e, come dire, allargato sulla scuola, per decreto, in modo molto significativo e brutale, con molta più determinazione. In questo quadro, in qualche modo, si segnala quell’elemento che Francesco ha sottolineato nella sua relazione, l’autonomia differenziata.

I due fronti di attacco, performance e autonomia differenziata, sono diversi ma io credo non siano scoordinati. Io credo che necessitino di una discussione anche ampia nel nostro prossimo XIX congresso, ha fatto bene Francesco [Sinopoli] a ricordarlo. Una discussione che deve essere tanto sull’autonomia differenziata quanto sul titolo quinto della Costituzione [sulle norme generali e costituzionali che permettono la regionalizzazione]. Io credo che, come FLC, dobbiamo affrontare questa discussione con un impianto che sia, come dire, di contrasto ad ogni autonomia differenziata, come di contrasto al processo di regionalizzazione dello stato sociale che è stato determinato dal titolo V [dalla sua revisione del 2001].

Detto tutto questo, c’è chi pensa di chiudere rapidamente il contratto solo sulla questione economica (e a quel punto, a risorse date): hanno ragione Francesco [Sinopoli] e Pino [Di Lullo] lo quando sottolineano. C’è anche chi pensa a sviluppare nei prossimi mesi un nuovo patto neocorporativo [inevitabilmente di controllo dei salari]. C’è anche chi pensa alla defiscalizzazione come strumento straordinario, principe e principale, per alzare i salari nei prossimi mesi. Ho l’impressione che almeno in parte, in questa discussione, lo pensiamo anche noi come CGIL: io credo che dovremmo ragionarci, ma che oggi sarebbe uno strumento sbagliato. Primo, perché appunto eccezionale, una tantum. Secondo, perché qualunque intervento di defiscalizzazione ha in sé un’impostazione regressiva, tale per cui andranno aumenti più alti a chi ha salari maggiori, oltre che come dire, mettere a carico della fiscalità generale quello che dovrebbe esser a carico del padronato e della ricchezza. C’è chi pensa anche, e dobbiamo dircelo tra di noi, chi pensa di chiudere il contratto a settembre o a ottobre, molto rapidamente, appena si sia avviato il percorso della NADEF e si sia conquistata la promessa di un piccolo aumento (le tre cifre, i 104 o 105 euro), rispetto a quelli attuali della scuola.

Io penso che non debba esser così. Io credo che, come diceva Francesco [Sinopoli], noi abbiamo avuto uno sciopero del 31 maggio positivo [nel quadro dato, al 31 maggio, con un’adesione complessiva del 17,5%, che ha superato il 30% in molte realtà importanti come Roma, Bologna, Firenze, Genova, ecc], uno sciopero che si trascina inevitabilmente sull’autunno per riaprire una dinamica contrattuale. Francesco ha detto, mi pare, riaprire dei varchi: io dico rompere questa gabbia, a partire proprio da un autunno di conflitto.

Per fare questo, per aprire questi varchi e rompere questa gabbia, io credo che dobbiamo agire noi, però che con noi debba farlo la CGIL. Perché devo dire che in questi mesi, in questo maggio, in questo giugno, in questa dinamica, credo che a mancare sia stata la CGIL. Non è il 18 giugno, non una semplice assemblea nazionale dei delegati/e in piazza del popolo (un comizio a Roma), che ci può dare un aiuto e ci dà un aiuto a riaprire la strada per una reale salvaguardia, ed anzi un aumento, dei salari. Serve un conflitto reale, rispetto un governo e un padronato che hanno altro in mente (dai bonus alla defiscalizzazione, senza uscire dall’IPCA). Soprattutto, non credo che in autunno noi possiamo affrontare il tentativo di rompere la dinamica di chiusura dei contratti triennalmente nel pubblico impiego e la conquista di altre risorse (qui ha perfettamente ragione Francesco) per i contratti, senza un conflitto aperto e senza una piena assunzione di iniziativa di tutta la CGIL e non solo della categoria.

Da questo punto di vista, e chiudo velocemente, io credo che ci siano dinamiche diversificate tra i nostri settori. Pino [Di Lullo] lo ha sottolineato. All’Università il problema di distribuire le risorse della legge di bilancio (i 50 milioni di euro per meno di 50mila addetti), battere la premialità, ma anche definire nuove figure inclusive e importanti nel CCNL, dal tecnologo al contratto di ricerca. La Ricerca ha il problema di conquistare le progressioni e i nuovi inquadramenti tenendo uniformità tra gli enti [a fronte di risorse stanziate significative per questo]. La scuola, invece, con ben più di un milione di addetti deve oggi affrontare il punto centrale del DL 36.

Io credo che vada definito, programmato, previsto sin da subito uno sciopero generale a settembre, anzi nella prima parte di ottobre [cioè, nei tempi congrui dopo l’inizio dell’anno scolastico per costruirlo nelle scuole e nelle assemblee, nei tempi congrui per incidere sulla NADEF e poi soprattutto sulla discussione della legge di bilancio]. Uno dei problemi che abbiamo è che noi dovremo costruire quella mobilitazione mentre a settembre/ottobre gestiremo le assemblee di base del nostro congresso e poi, a cadenza quasi settimanale, i congressi territoriali di categoria, camera del lavoro, categorie regionali. Perché è lì, in quello spazio temporale tra settembre e ottobre, che ci giochiamo realmente la possibilità di riaprire quegli spazi, incrinare quella gabbia, che oggi vincola fondamentalmente il prossimo rinnovo del contratto nazionale.

Luca Scacchi

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