Il Congresso inizia con un atto di autoritarismo. Andiamo avanti, a testa alta!
Intervento di Eliana Como al Direttivo nazionale CGIL, 31 maggio 2022.
L’approvazione del Regolamento e per conseguenza l’inizio di questo Congresso, si apre oggi con due macigni.
Il primo è la compressione dei tempi per le assemblee di base (26 luglio-8 ottobre), a cui sono dedicate solo poche settimane, meno della metà del periodo previsto negli ultimi Congressi. Considero una provocazione aver anticipato l’inizio delle assemblee a fine luglio. Sapete benissimo che ad agosto le assemblee non si faranno e dovremo concentrare tutto al solo mese di settembre. Si comprime così lo spazio che invece dovrebbe essere quello più importante, cioè quello del confronto con i lavoratori e le lavoratrici.
Il secondo macigno è la modifica del punto 8.3.3 del Regolamento, relativo a chi è autorizzato a presentare i documenti nelle assemblee.

Questo punto, che nella sua formulazione originaria risale al Congresso del 2010, è stato modificato nella seconda parte in senso peggiorativo e restrittivo. E viene stravolto, anche nei primi commi, fornendo una interpretazione forzata e strumentale da parte del Presidente della Commissione Regolamento, secondo il quale non sarebbe vero che ogni iscritto/a ha diritto a presentare il documento in tutte le assemblee di base, se inserito in un elenco nominativo consegnato a ogni Commissione territoriale (cosa che, faccio notare, è scritta nero su bianco), ma soltanto in quelle territoriali e dello SPI. Mentre sarebbe consentito solo ai dirigenti sindacali di farlo in quelle di posto di lavoro.
Questa interpretazione è palesemente in contrasto con quanto deliberava 4 anni fa la Commissione di Garanzia del Congresso (cosa che dopo il mio intervento è stata confermata, in modo cristallino, dall’ex Presidente della Commissione, ricordando di essere intervenuto contro la pretesa di impedire la partecipazione alle assemblee del compagno Dino Greco, ex segretario della Cgil di Brescia, allora semplice iscritto).
L’attuale Commissione ha poi modificato l’articolo relativamente a chi sarebbero i dirigenti sindacali autorizzati a entrare nelle assemblee, definendoli come “i componenti di organismi dirigenti confederali o di categoria per gli ambiti territoriali degli stessi”.
Si dice quindi che il gruppo dirigente sono solo i componenti di una Assemblea Generale, al tempo stesso confinandoli al solo territorio di competenza e eliminando, non si capisce con quale ratio, il rafforzativo che prima esplicitava l’appartenenza a altre categorie. Cosa che escludo sia messa in discussione, a meno di non voler fare tabula rasa della nostra stessa idea di confederalità.
Secondo questa lettura, potrà quindi presentare il documento in una assemblea di luogo di lavoro soltanto chi è già stato eletto in un organismo. Alla faccia del rinnovamento che a parole auspichiamo, diciamo cioè che è la platea eletta al precedente Congresso a poter partecipare attivamente a questo. Come se nelle elezioni politiche si stabilisse che può fare campagna elettorale soltanto chi è già eletto almeno in un consiglio comunale. Si cancella con questo il principio sacrosanto che, durante un Congresso, uno vale uno e ogni iscritto vale quanto chiunque altro.
Questo confligge apertamente con il diritto di ogni iscritto, sancito dall’articolo 8 dello Statuto, a essere elettorato attivo e passivo (“tutti gli iscritti solo elettori e possono accedere alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza”).
Confligge nei fatti con tutti i primi 8 articoli dello Statuto, quelli che stabiliscono il diritto al pluralismo nella nostra organizzazione.
Confligge con lo stesso articolo 1.5.2 del Regolamento, dove si consente a 75mila iscritti/e di presentare un documento alternativo, salvo poi negare loro di presentare ovunque il documento.
Confligge anche con la logica e la grammatica. Nella prima parte del punto 8.3.3 c’è scritta una cosa inequivocabile, cioè che ogni iscritto può presentare il documento in “tutte” le assemblee “di base”. TUTTE LE ASSEMBLEE DI BASE! Il Regolamento, al cap. 4, definisce le assemblee di base come: assemblee di posto di lavoro, territoriali, dello SPI. Non c’è scritto che ogni iscritto può presentare il documento solo nelle assemblee territoriali e dello SPI. Davvero, non prendiamoci in giro.
Questa modifica confligge anche con la nostra storia. In questi giorni, ho studiato tutti i precedenti Regolamenti Congressuali. Sono risalita a quello del 2006. Lì si diceva solo che ogni iscritto può presentare il documento in tutte le assemblee. Fu nel Congresso del 2010 che venne introdotto l’ultimo comma, quello che oggi si usa come clava per ribaltare il senso di una norma che la nostra storia ci ha consegnato. Nel 2010, ero piccola, una semplice sindacalista in Fiom a Bergamo, non ero certo in commissione Regolamento, ma posso immaginare che, in un Congresso in cui tre categorie e i rispettivi segretari generali si presentavano con un documento alternativo, quel comma sia stato introdotto per rafforzare la possibilità che il segretario di una categoria potesse andare in un’altra, anche senza essere inserito nell’elenco consegnato a inizio Congresso alle Commissioni Territoriali.
Questa norma, così come viene modificata, confligge anche con la legge 300, che tante volte è stata tirata in causa, a sproposito, nella Commissione Regolamento: “rispettiamo la legge 300” hanno detto vari interventi. Beh, così non la rispettiamo affatto, ma anzi ne diamo una pericolosa interpretazione restrittiva, decidendo che i dirigenti sindacali che possono partecipare alle assemblee (art.20 dello Statuto dei Lavoratori) sono soltanto i componenti dei nostri direttivi e assemblee generali. Lo Statuto definisce “dirigenti sindacali” anche i delegati, indipendentemente dal fatto che siano eletti in organismi. Peraltro, anche le delibere dell’ARAN nel settore pubblico. Tanto meno, la legge 300 si sogna di mettere quel vincolo territoriale che viene invece proposto qui. Forse rileggere ogni tanto lo Statuto, invece che brandirlo come clava sostituendosi alle imprese nelle imposizioni dei divieti, servirebbe a tutti/e per ricordare quella idea alta della democrazia che ispira quella legge.
La legge 300 limita i gruppi dirigenti a coloro che sono eletti nei direttivi, soltanto per i permessi esterni retribuiti (art.30). Ma qui non stiamo discutendo se un iscritto/a possa o meno avere un permesso da una azienda. È evidente che se non è componente di un direttivo non ne avrà diritto, anche se, anche in ogni caso, lascerei alle imprese l’onere di non riconoscere un permesso. Ma noi stiamo parlando di altro, cioè di iscritti/e che chiedono di partecipare alle assemblee del Congresso non in permesso, ma con le loro ferie o fuori dall’orario di lavoro o semplicemente nel loro tempo libero, visto che tanti sono pensionati/e.
Stiamo cioè decidendo, contro ogni ragionevolezza e merito, di escludere dalle assemblee di base, per esempio, delegati/e giovani di prima nomina, che non sono ancora eletti in un direttivo (pensate a quanti ne abbiamo, appena eletti nel settore pubblico) o viceversa pensionati/e iscritti da decenni alla Cgil che non sono in nessun direttivo perché magari, saggiamente, hanno lasciato spazio nei direttivi a lavoratori e lavoratrici più giovani.
Stiamo decidendo che in questo Congresso uno non vale uno. Cioè che un iscritto ha meno diritti di un componente di un direttivo.
Vi prego fermatevi, perché questo è un vulnus democratico per l’intera Cgil. Non si tratta soltanto di un attacco a chi presenterà un secondo documento, cosa già di per sé sconcertante, perché lo sapete benissimo che abbiamo già pochissima agibilità. La maggioranza ha un intero mastodontico apparato. Noi forse una decina di funzionari, pochissimi segretari, perlopiù delegati/e e iscritti/e. È un colpo alla nostra stessa idea di democrazia. E mi fa specie che non si decida di farlo a viso aperto, ma, nella peggiore delle tradizioni, nelle pieghe di un inciso del Regolamento Congressuale, dopo a mala pena tre riunioni di una Commissione a cui perlopiù hanno partecipato i segretari organizzativi.
Mi fa specie, anche, che l’attuale gruppo dirigente si senta in diritto di interpretare, forzare, modificare una norma che i precedenti gruppi dirigenti ci hanno consegnato. Qui non si sta discutendo di come, per esempio, regolare la partecipazione dei lavoratori e delle lavoratrici in smartworking. Tema che con ogni evidenza non si poneva 4 anni fa e quindi ha necessitato una discussione e un adattamento al Regolamento. Qui si sta discutendo di altro, di un principio fondante della nostra democrazia.
Per questo propongo a questo Direttivo un emendamento al Regolamento. Propongo di lasciare il punto 8.3.3 come è sempre stato, senza nessuna modifica.
Siccome nel corso della Commissione qualcuno ha alluso al pericolo che ci si possa iscrivere all’ultimo minuto per fare il Congresso, gettare fango sulla Cgil nelle assemblee e poi togliere la tessera, faccio una ulteriore proposta. Sia chiaro, penso che sia un falso problema, ma io stessa non ho nessuna intenzione che qualcuno possa pensare, come è stato detto, che “il secondo documento può presentarlo uno che passa di là per caso”. Mi sono offesa quando ho sentito questa affermazione, mi sono alzata e ho lasciato la Commissione, prima che in qualche modo si rettificasse quella affermazione. Il secondo documento sarà presentato da compagni e compagni che militano e appartengono alla Cgil come chiunque altro qui dentro.
Ma se qualcuno ha questo dubbio, propongo io stessa, pena la mia credibilità, che si specifichi che ogni iscritto/a può presentare il documento in tutte le assemblee di base ma solo se “risulti tale alla data del 31/12/2021”.

Eliana Como – portavoce di #RiconquistiamoTutto!
L’emendamento presentanto non è stato approvato, nonostante significative prese di posizione a suo favore, anche da parte di compagni/e della maggioranza. Riporto quanto ho quindi dichiarato nella successiva discussione politica.
“Le decisioni assunte poco fa a maggioranza sul Regolamento sono un vulnus democratico e un attacco diretto a chi presenterà il documento alternativo. Si decide, a maggioranza, di iniziare il Congresso avvelenando i pozzi.
Come immaginerete, questa discussione non si fermerà qui. Dico da subito che farò valere in tutte le Commissioni di Garanzia del Congresso il principio che ogni iscritto/a possa presentare i documenti.
Dove non ci riusciremo, useremo la fantasia. I compagni di GKN, che di fantasia ne hanno tanta, mi hanno già dato qualche idea. Se qualcuno qui dentro ha pensato con questa norma di impedire a lavoratori iscritti alla Cgil di entrare nelle assemblee, ne troverà fuori da quei posti di lavoro a volantinare non uno ma tanti.
Ma sappiatelo, ho pensato tanto in questi giorni, mentre veniva avanti questa discussione, a cosa avrei fatto se fosse passata. Sappiate, che nelle assemblee, io non asseconderò questo scontro, non cadrò in questa provocazione. Non butterò le assemblee di base in rissa, a meno che non siate voi a farlo. E dirò, per quanto mi è possibile, ai miei compagni e compagne di non farlo.
Mi ha convinto in questo una cosa accaduta ieri. Nel territorio da cui provengo, il segretario della mia categoria ha 13 funzionari su 14 che sosterranno il documento della maggioranza. 13 su 14! Capite. Ma non gli bastano, perché anche così continua ad avere paura. E ieri ha comunicato che stacca altri 4 suoi delegati per il periodo del Congresso. Di fronte a questa paura di me e dei miei compagni, di fronte a tanta inadeguatezza, vi dico francamente, in ogni caso, quel Congresso l’ho già vinto. Il punto è che ha perso l’intera Cgil ad avere un gruppo dirigente così debole.
È questa debolezza che spinge a torsioni autoritarie.
La ritorsione di prima, con quella modifica al Regolamento congressuale, mostra la debolezza di chi l’ha fatta molto più della fragilità di chi l’ha subita. Lo so di appartenere a una minoranza, strutturalmente fragile, senza strutture di potere alle spalle, con pochi funzionari, pochissimi segretari, poca agibilità, ma tanta tanta tanta motivazione. Se tanti di voi foste venuti a Firenze il 26 marzo, la avreste toccata con mano.
E non ho bisogno di venire a litigare nelle assemblee di base, perché, anzi, con questa torsione antidemocratica di oggi, mi avete convinta ancora di più delle nostre idee e del fatto che in questo Congresso c’è bisogno di provare a cambiare questa nostra Cgil”.
Eliana Como – portavoce di #RiconquistiamoTutto!
Rispondi