Precariato e reclutamento scuola: le gimkane del governo Draghi

Negli ultimi giorni il governo Draghi ha lanciato la sua ennesima offensiva contro i docenti precari. Il ministro Bianchi, che un anno fa iniziava il suo dicastero annunciando più volte di stabilizzare i precari, si è definitivamente smentito, cambiando nettamente linea politica sotto le spinte di Palazzo Chigi. Nonostante si stia svolgendo un concorso che ha visto finora soltanto il 10% dei candidati ammessi ed un concorso straordinario riservato ai docenti con almeno tre anni di servizio, aperto oramai quasi due anni fa in piena pandemia, il governo ha deciso con un decreto legge di rendere ancora più umiliante la procedura di ingresso in ruolo per i docenti precari, in barba ad anni ed anni di esperienza in moltissimi anni a centinaia di chilometri lontano da casa, ma anche per tutti coloro che vogliono affacciarsi nel mondo della scuola.

Un percorso a ostacoli che umilia la dignità e l’insegnamento.

Il cosiddetto “pacchetto scuola” all’interno del secondo decreto legge sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è composto dai seguenti passaggi per coloro che volessero entrare di ruolo: un percorso universitario abilitante di formazione iniziale (corrispondente ad almeno 60 crediti formativi), con prova finale, comprensiva di una lezione simulata; un concorso pubblico nazionale con cadenza annuale; infine un periodo di prova in servizio di un anno con test finale, , e la valutazione del dirigente scolastico, sentito il comitato per la valutazione, sulla base dell’istruttoria del tutor. In caso di mancato superamento del test finale o di valutazione negativa c’è un secondo periodo di prova in servizio, non rinnovabile.

Per chi è già in possesso di abilitazione su una classe di concorso o altro grado di istruzione e coloro che sono in possesso della specializzazione sul sostegno devono conseguire la nuov abilitazione attraverso l’acquisizione di 30 CFU/CFA in questo percorso formativo.

I docenti precari con almeno tre anni di servizio devono in ogni caso partecipare al concorso: i vincitori a quel punto saranno assunti con un contratto di un anno (a tempo determinato), anche part time a loro richiesta, e dovranno poi conseguire entro questo tempo (per esser confermati in ruolo) 30 crediti universitari (con oneri a proprio carico) e svolgere la prova di abilitazione (con lezione simulata) per poter passare di ruolo.

Un’ ennesima umiliazione.

Questo impianto costruisce un percorso a ostacoli abnorme, con costi formativi totalmente scaricati sui singoli docenti. Il percorso abilitante, che inevitabilmente sarà a numero chiuso (quindi con una prima selezione di ingresso), non prevede borse o stipendi di apprendistato, nonostante sia lungo ben un anno e con un significativo carico didattico (60 CFU, di cui più di un terzo in attività di tirocinio). Dopo la SISSA, i TFA, i corsi abilitanti, il mercato dei 24 CFU (con componente psicopedagogica), viene creato l’ennesimo percorso formativo a carico di studenti e studentesse (laureati), a semplice beneficio delle università e dei suoi settori pedagogici che controlleranno questo percorso (introiti e insegnamenti).

In questo percorso, però, dopo il concorso selettivo (e quindi dopo aver selezionato e verificato le conoscenze dei futuri docenti, dopo una laurea ed un corso abilitante), si rafforza il processo valutativo nell’ulteriore anno di prova, ed alla fine si produce una vera e propria gimkana di test e selezioni (proprio vero che gli esami non finiscono mai!): il probabile se non certo numero chiuso di ingresso all’anno formativo, la lezione di prova e la prova finale del corso, il concorso (che sarà, come quelli di questi anni, l’ennesimo test a crocette senza senso e significato), poi l’anno di prova con il test alla fine, la valutazione del Dirigente e quella del Comitato di Valutazione.

In questo quadro già distorto in sé, il precariato di lunga durata (36 mesi di servizio) si vede costretto a inserirsi in questa gimkana: dovrà accedere al concorso, vincerlo, e nonostante questo non esser semplicemente inserito in ruolo, ma dovrà anche perseguire la conquista dell’abilitazione (30 CFU) e nonostante insegni da anni anche la lezione di prova finale. Il tutto in un solo anno, con un contratto a tempo determinato, che a sua scelta (per riuscire a stare nei tempi di vita di ognuno), potrà ridurre a part time, pagando però l’inevitabile costo di una significativa riduzione di stipendio. Non è un percorso di stabilizzazione, è il semplice disconoscimento e la totale svalutazione del loro lavoro e del loro percorso, nel quale hanno comunque insegnato per tre anni nella scuola!

Uno sciopero, contro il salario premiale e contro questo reclutamento

Questa angosciante prospettiva può essere scongiurata soltanto con la lotta, intrecciandosi alla necessaria mobilitazione contro l’inserimento di quote premiali di stipendio legate alla formazione (ne scriviamo qui). Uno sciopero che ponga tra le sue rivendicazioni la stabilizzazione per titoli e soprattutto servizio di tutti gli insegnanti precari che da anni portano avanti la scuola pubblica e di tutto il personale ATA si può estirpare la problematica del precariato, che da decenni penalizza i lavoratori e le lavoratrici della scuola e nega il diritto ad una reale continuità didattica a milioni di ragazzi. Uno sciopero per un percorso abilitante compatto, senza la ripetizione infinita e vessatoria di inutili selezioni a crocette, che preveda tirocini e percorsi di apprendistato remunerati, al termine dei quali ci sia un concorso abilitante.

Una prospettiva che deve essere discussa in tutte le scuole, coinvolgendo nella preparazione e nella costruzione dello sciopero e di tutti i momenti ad esso connessi le RSU e tutti gli iscritti alla FLC CGIL, organizzando assemblee e comitati di lotta, per coinvolgere tutta la categoria e sottrarre i docenti precari alle sirene del corporativismo sulla cui fiamma soffiano i partiti reazionari. Uno sciopero, infine, che riprendendo il percorso dello scorso 10 dicembre contro le politiche di questo governo, connetta le lotte della scuola alle altre vertenze, in una prospettiva di sciopero generale contro il governo Draghi, le sue politiche di guerra, i suoi indirizzi economico e sociali dalla parte del padronato e delle classi dominanti.

RiconquistiamoTutto nella FLC

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