L’Assemblea Organizzativa CGIL: il documento di #RT e DeL
Il regolamento della conferenza nazionale della CGIL non prevede, oltre le 11 schede con le proposte elaborate dalla Commissione politica dell’Assemblea, la possibilità di presentare testi o documenti al voto. Per questo i delegati e le delegate delle due aree programmatiche di #RiconquistiamoTutto e Democrazia e lavoro, con una loro dichiarazione comune, hanno votato contro a tutte le schede e consegnato, come illustrazione della propria posizione, questo documento alla presidenza dell’Assemblea.
In Europa siamo l’unico paese in cui i salari sono diminuiti negli ultimi trent’anni. Abbiamo l’età pensionabile più alta, la precarietà più diffusa, un livello di scolarizzazione tra i più bassi e uno dei più alti tassi di dispersione scolastica. Mediamente muoiono tre persone al giorno sul posto di lavoro. Abbiamo gli orari di lavoro reali tra i più elevati d’Europa, una delle più alte disoccupazioni giovanili e tra i più bassi tassi di occupabilità femminili, che si accompagna ad uno dei tassi peggiori di disuguaglianza in relazione alla distribuzione della ricchezza prodotta. La crisi del modello di produzione e lo smantellamento delle grandi filiere della produzione determinano continue crisi e delocalizzazioni industriali e alimentano povertà, disoccupazione e precarizzazione del mondo del lavoro.
Sarebbero sufficienti questi dati per dire che esiste un problema per un sindacato generale come la Cgil, anche dal punto di vista del modello organizzativo, che, nonostante ci abbia permesso di reggere dal punto di vista della sindacalizzazione (seppur in sensibile decrescita), presenta evidenti limiti nella difesa delle condizioni di lavoro.
Tra concertazione e unità sindacale, si è perseguito un clima di sostanziale pace sociale, abbandonando ogni antagonismo di classe e anche solo una decisa conflittualità con governi e associazioni padronali. L’azione rivendicativa delle categorie negli ultimi decenni si è mossa spesso in maniera scoordinata, inseguendo la frammentazione del lavoro, accompagnando e di fatto non ostacolando la logica degli appalti e del dumping contrattuale, anche con dinamiche contradditorie se non competitive. Anche questo ha contribuito a determinare questo desolante quadro e una condizione di costante arretramento dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici.
Appariamo sempre in ritardo, non riusciamo ad incidere, non contribuiamo di fatto nemmeno a contenere le profonde disuguaglianze che la stessa emergenza sanitaria ha acuito, in particolare sulla sanità e sulla scuola.
La ripresa dell’inflazione, che non è occasionale o di breve durata, richiederebbe una risposta immediata con strumenti generali di tutela del potere d’acquisto e una discussione profonda e radicale sul modello contrattuale e salariale, fuori dai vincoli imposti dall’IPCA e dal Patto per la fabbrica. L’assenza persino di un dibattito su questo, basta da solo a segnare in modo chiaro ed evidente la scollatura, anche al nostro interno, tra vertice e periferia. La lotta di classe esiste e la stanno vincendo le classi dominanti, anche per assenza di concreta resistenza.
Di questo vorremmo discutere, nella convinzione che occorra concepire una seria alternativa all’impostazione strategica della Cgil, a partire dal modello organizzativo, in direzione di un maggiore antagonismo sociale, di più democrazia e più partecipazione, di ricostruzione di un’unità del lavoro e di maggiore centralità dei posti di lavoro invece che dei servizi (che intercettano individualmente i bisogni di lavoratori e lavoratrici, ma senza organizzarli collettivamente), a partire dalla maggiore presenza di delegati e delegati nelle nostre strutture di rappresentanza. La CGIL si è attardata invece negli ultimi mesi del 2021 in una discussione che non ha inciso sulla costruzione di un reale dibattito sullo stato dell’organizzazione e sui necessari cambiamenti che ne deriverebbero.
La nostra discussione non ha affrontato temi cruciali come il rilancio di un modello sindacale fondato sul mandato democratico delle lavoratrici e dei lavoratori rispetto ad un sindacato dei servizi alle prese con ragionamenti di tipo aziendalista e competitivo. Anche la discussione sul rapporto tra verticalità e orizzontalità e sul processo di razionalizzazione delle risorse, quantomai necessaria, non si è dispiegata in modo evidente. Altre discussioni si sono limitate a essere condotte sul piano della retorica. Come quella sulla centralità dei delegati e delle delegate, anch’essa necessaria ma a partire dalla messa in discussione dell’attuale modello burocratico e verticistico centrato su segreterie e centri regolatori, per sviluppare davvero quell’autonomia e quella partecipazione dei lavoratori e dellavoratrici, di cui la vertenza GKN ci appare quanto mai esemplare. Anche la discussione sull’inclusione è stata fatta in modo retorico. Inclusione significa valorizzazione delle differenze dei generi, delle storie, delle provenienze, delle generazioni, ma anche delle differenze programmatiche e politiche, nel vincolante rispetto dei nostri principi. Inclusione significa contaminazione, confronto e condivisione, sia verso l’esterno, nel rapporto con i movimenti sociali, sia verso l’interno, per rafforzare la struttura plurale e democratica della Cgil. Sono sempre più diffusi invece, al nostro interno, comportamenti autoritari, criminalizzanti e marginalizzanti delle diversità, persino nella diffusione delle libere opinioni. Di questo avremmo voluto parlare in questi mesi, invece di investire risorse di tempo e partecipazione per una discussione che ha finito per essere lontana dai problemi reali della nostra organizzazione e soprattutto lontana dai bisogni concreti di coloro che rappresentiamo. Una discussione, soprattutto, che rischia ancora oggi di ritardare la necessaria mobilitazione contro il governo per ribaltare le priorità dell’agenda politica, che, dopo la fiammata dello sciopero generale di dicembre non ha, a tutt’oggi, visto alcuna continuità d’azione.
Per questo, pensiamo che la Cgil debba immediatamente riprendere la mobilitazione di dicembre, che seppure tardiva e inefficace rispetto alla legge di Bilancio, ha dato segnali importanti dal punto di vista dell’attenzione e della partecipazione nei luoghi di lavoro e nella società. Una occasione importante è data dalla manifestazione nazionale del 26 marzo, lanciata dal Collettivo di fabbrica di Gkn a Firenze, contro delocalizzazioni, precarietà e sfruttamento. Occorre rilanciare la mobilitazione per il rinnovo dei contratti in ogni settore, con aumenti salariali reali e per la cancellazione delle pratiche del dumping o delle deroghe ai contratti, a partire dai settori in cui esistono salari poveri, anche frutto di contratti nazionali sottoscritti da categorie della Cgil. La Previdenza e il sistema pensionistico vanno radicalmente cambiate, con l’abrogazione della legge Fornero e con un’uscita dal lavoro più rapida, flessibile e con rendimenti più alti, a partire dai salari bassi e discontinui. Va difeso il sistema pubblico, contro l’autonomia differenziata e ogni forma di privatizzazione, aziendalizzazione, esternalizzazione dei beni e dei servizi pubblici essenziali, a partire da sanità, conoscenza e trasporti. Anche per questo, è ora di dire basta al welfare contrattuale, che alimenta una visione privatistica dello stato sociale.
Serve cioè una svolta radicale nelle politiche economiche e sociali di gestione della crisi: la riduzione e la redistribuzione d’orario, la riattivazione di meccanismi automatici di difesa salariale, l’introduzione di un salario minimo agganciato alle dinamiche contrattuali, una legge che impedisca davvero le delocalizzazioni, una riforma degli ammortizzatori sociali, finanziata da una radicale revisione della tassazione su capitali, rendite e patrimoni. Va ribadito a ogni livello che il profitto e gli interessi economici non possono prevalere sulla difesa della salute e sulla sicurezza delle persone e dei territori. Con questa consapevolezza, deve esser contestata la logica liberale del PNRR e di Next Generation UE, del suo impianto e dei suoi piani di azione, rilanciando invece sanità, scuola e stato sociale, respingendo al tempo stesso un modello di gestione della pandemia, che fin dai primi drammatici momenti, ha favorito la filosofia padronale e criminale del #bergamoisrunning. Va immediatamente lanciata una grande mobilitazione sulla sicurezza sul lavoro, anche a fianco del movimento studentesco che in queste settimane è sceso in piazza contro la morte di Lorenzo e l’alternanza scuola-lavoro. La Cgil deve inoltre rendersi protagonista di un cambiamento delle politiche sui migranti, per la creazione di corridoi umanitari e per cancellare ogni forma di razzismo. Deve ribadire che la pace e la lotta contro il cambiamento climatico sono l’unico orizzonte possibile per il mondo del lavoro. Per questo aderiamo e sosteniamo attivamente lo sciopero del 25 marzo di Fridays for Future. Non possiamo più tollerare morti e carestie di popolazioni inermi e sfruttate, dobbiamo pretendere una reale inversione di rotta sulla transizione energetica e sull’utilizzo delle risorse, mobilitarci ovunque per la pace e richiedere il rientro dei militanti italiani da ogni scenario di guerra e la drastica riduzione delle spese militari. Infine, dobbiamo rilanciare la nostra identità.
Siamo antifascisti e antifasciste e dobbiamo stare in campo in ogni luogo della società in cui stanno riemergendo soggetti che si richiamano alle idee violente e xenofobe e dobbiamo rilanciare l’iniziativa per la scioglimento di Forza Nuova e di ogni altra organizzazione politica simile. Siamo contro ogni forma di sessismo e di omolesbobitransfobia. Per questo siamo impegnati nel movimento transfemminista, a partire dallo sciopero internazionale dell’8 marzo e promuoviamo politiche che, anche all’intento della Cgil, vadano in questa direzione. Siamo impegnati/e nella lotta alla criminalità organizzata, alle mafie, alla corruzione e alle violenze criminali del caporalato. Questo rappresenta un momento politico alto e significativo per l’iniziativa della Cgil e per queste ragioni da Portella della Ginestra alla Commemorazione dei nostri sindacalisti uccisi dalla Mafia, passando per la Commemorazione dell’uccisione di Peppino Impastato, di Falcone e di Borsellino dobbiamo essere in prima fila nella lotta di democrazia e giustizia.
Eliana Como, Adriano Sgrò, , Angela Accascina, Gloria Baldoni, Serafino Biondo, Augustin Breda, Aurora Bulla, Angelo Candiloro, Saverio Cipriano, Massimiliano Colucci, Domenico D’Anna, Massimo Demin, Lillo Fasciana, Patrizia Frisoli, Samira Giulitti, Monica Grilli, Simone Grisa, Francesco Locantore, Ugo Lucignano, Francesco Maresca, Massimo Mazzarini, Savina Ragno, Giancarlo Saccoman, Dario Salvetti, Tiziana Scandura, Luca Scacchi, Grazia Solazzo, Antonella Stasi, Aljosha Stramazzo, Patrizia Tardivello, Micol Tuzi.
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