Contro il governo del PIL. Riprendere la mobilitazione.

#RiconquistiamoTutto - opposizione in Cgil

La legge di bilancio a fine 2021 e la gestione della pandemia con l’inizio del 2022 confermano il profilo e la sostanza del governo Draghi: un esecutivo d’emergenza, su mandato presidenziale e maggioranza trasversale, che con una prima fila liberista conduce politiche regressive. È urgente riprendere la mobilitazione iniziata a dicembre, per provare a dare una svolta nella gestione economica e sociale del paese.

La legge di Bilancio delinea una manovra espansiva (oltre 30 miliardi di euro), che risponde agli interessi dei padroni:

  • non ci sono scelte per il lavoro dipendente, l’occupazione o contro la precarietà;
  • non si vede il rilancio dei servizi pubblici universali a partire da sanità, scuola e trasporti (organici, fondi, politiche di sistema);
  • persino nei settori dove si aumentano i finanziamenti, come nell’università (oltre il 10% del FFO), si prevede di usare lo stesso impianto valutativo e meritocratico che rilancia sperequazioni e precariato.

Certo, l’ampio intervento (oltre 170 miliardi di euro focalizzati su emergenza e sussidi, cioè la più importante manovra degli ultimi trent’anni) permette alcune iniziative sul fronte sociale e del lavoro [l’estensione di Naspi, Discoll e altri ammortizzatori per circa 3 mld; l’aumento del Fondo Sanitario di 6 mld a regime; l’incremento del Fondo per il Trasporto Pubblico per 1,5 mld; qualche risorsa per assunzioni e salari accessori nelle PA, con azioni ulteriori in alcuni settori; l’ampliamento degli organici universitari per circa 12mila posizioni; un piano di investimenti per le amministrazioni centrali e locali di circa 70 mld nei prossimi 15 anni]. Il loro impatto è però limitato e soprattutto insufficiente, anche solo a fronte delle urgenze.

Larga parte delle risorse e gli interventi più significativi portano, infatti, un chiaro segno sociale.

  • Otto mld di euro sono dedicati a una riforma fiscale regressiva, che riduce da 5 a 4 il numero delle aliquote e concentra il taglio delle tasse sui redditi dai 40 ai 50mila euro annui (mentre praticamente si annulla in quelli sotto i 20mila).
  • Si taglia l’Irap a più di 800mila autonomi e professionisti. Si rinvia di un anno plastic e sugar tax. Sono elargiti sostegni e finanziamenti alle imprese, con i fondi di garanzia per PMI e investimenti tecnologici, mentre si estende il superbonus edilizio del 110% e se ne introducono altri (mobili, tv e decoder).
  • Si inserisce un nuovo giro di vite sul reddito di cittadinanza (obbligo di accettare il lavoro alla seconda offerta, su tutta Italia; obbligo della partecipazione periodica ad attività e colloqui).
  • Si conferma il rapido ritorno alla Legge Fornero, archiviando quota 100. Su questo punto, Draghi è stato chiarissimo: quel sistema, che lui stesso ha imposto da Presidente della BCE, non è discutibile nel suo assetto (qualunque ulteriore flessibilità nei tempi di uscita, infatti, per lui deve esser pagata con significativi tagli agli assegni previdenziali, attraverso il pieno ricalcolo contributivo).

Questa politica è contro il lavoro, tanto più a fronte della ripresa dell’inflazione. L’imprevisto rimbalzo economico mondiale ha riavviato nel 2021 una dinamica inflattiva: quasi del 2% in tutto l’anno, oltre il 3,9% nel mese di dicembre. Un aumento dei prezzi al consumo trainato dai costi dell’energia, ma in genere di tutte le materie prime (gas, petrolio, cotone, ferro, rame, grano, soia, ecc). Quello che per alcune banche centrali era un rimbalzo temporaneo ed esogeno è diventa una tendenza persistente e generalizzata, che aumenta i prezzi di produzione e riduce progressivamente il salario reale di lavoratori e lavoratrici. L’aumento consistente delle bollette negli ultimi mesi (metano ed elettricità in primo luogo), come di alcuni generi alimentari di base, è solo il primo effetto di questa dinamica. Con la totale cancellazione di ogni strumento automatico di difesa dei salari (scala mobile), con lo schiacciamento degli aumenti contrattuali sull’IPCA depurato dei costi energetici, sono proprio lavoratori e lavoratrici dipendenti che rischiano di pagare questi aumenti generalizzati. L’intervento del governo sulle bollette è molto limitato e gravemente insufficiente, anche a fronte delle privatizzazioni e delle liberalizzazioni degli ultimi decenni sui servizi di base: è quindi prioritario ricostruire strumenti di difesa dei salari reali.

L’impianto della legge di Bilancio si conferma anche nei numerosi provvedimenti collegati.

  • La normativa sulle delocalizzazioni che, al contrario di quanto rivendica il Collettivo di Fabbrica GKN, semplicemente proceduralizza e non ostacola le chiusura decise dalle multinazionali.
  • Una legge sulla concorrenza che, sempre in linea con la lettera di Draghi del 2012, rilancia il processo di liberalizzazione e privatizzazione dei servizi pubblici locali.
  • La riproposizione di una legge per l’autonomia differenziata ancora clandestina, fuori da ogni prassi istituzionale ma che in ogni caso si propone esplicitamente di riprendere quanto richiesto da Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna.
  • Il tutto si integra perfettamente con il PNRR, con cui si impiegano risorse pubbliche per le ristrutturazioni industriali e per piegare le funzioni dei servizi universali alle esigenze del sistema produttivo.

Anche la gestione del picco pandemico in queste settimane ha confermato nel concreto questo impianto generale. Questa nuova ondata era prevista da tempo, con una variante molto più contagiosa e una curva molto più rapida, anche se con meno ricoveri e morti. Nonostante questo, il governo non ha voluto preparare i tre principali servizi universali che reggono larga parte dell’emergenza (sanità, scuola e trasporti).

  • Non si è rafforzato, con fondi e organici, le strutture del Sistema Sanitario nazionale, costruendo presidi nei territori e permettendo di attivare un tracciamento sostenuto e capillare (al contrario, come in Lombardia, si è rilanciato il ruolo dei privati).
  • Non si è sviluppata una campagna vaccinale partecipativa, avviando interventi di promozione nei territori, nei quartieri, nei luoghi di lavoro e porta a porta.
  • Nella scuola non si è ridotta la numerosità della classi, assunto personale docente e ATA per smezzarle, ripristinato il minimo distanziamento di un metro (superato irresponsabilmente ad agosto), fornito a tutto il personale le mascherine FFP2, dotato le aule di strumenti di controllo e areazione degli ambienti.
  • Nei trasporti pubblici, non si sono usati questi mesi per dotare città e paesi, anche in forma straordinaria, di linee e mezzi in grado di abbattere l’affollamento e il sovraffollamento: al contrario, si è invece permesso di tornare a riempire bus e treni (anche al 100%).

Al centro delle iniziative contro il contagio, c’è stato il PIL. Come a Bergamo nel marzo 2020 e poi in avanti, si è voluto soprattutto garantire la produzione, la competitività e la ripresa economica. #Italyisrunning è stata la priorità di Draghi. Si è perseguita una gestione individuale e liberale della campagna vaccinale, a base di punizioni e divieti; si è scelto di introdurre una vaccinazione obbligatoria parziale e indefinita (una scelta che ha più il sapore di una vaga affermazione di ideologica che quello di un’azione di sanità pubblica) e si è esteso il cosiddetto super green pass, sostanziando così l’obbligo solo per alcuni/e lavoratori e lavoratrici, usando procedure eccezionali al di fuori dalle prassi contrattuali e dalla normativa del lavoro sulle sanzioni.

Si sono prese anche scelte contraddittorie e sbagliate. Sono state allentate le norme sulle quarantene e i tamponi, con la gravissima decisione di non coprire come malattia le quarantene preventive, costringendo le persone a perdere il salario o a forzare le autosorveglianze. Nella scuola sono state innalzate le soglie la didattica in presenza (a due positivi nella primaria, a tre nelle superiori), prevedendo nelle superiori DAD solo per i non vaccinati (contro ogni evidenza sulla reale utilità di una didattica splittata tra presenza e on line). Brunetta ha voluto confermare nel pubblico impiego che il lavoro ordinario deve esser in presenza, con procedure e vincoli all’attivazione del lavoro agile, rendendo quindi difficile o impossibile la sua immediata estensione.

Non sappiamo come finirà l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica e quale sarà l’effettivo punto di caduta sull’attuale quadro politico della irreale corsa al Quirinale di questi giorni. Sappiamo però che la legge di Bilancio, il PNRR, questa gestione della pandemia hanno costruito un indirizzo che in ogni caso segnerà qualunque futuro equilibrio.

Questo è l’indirizzo che oggi deve esser rotto! Per questo lo sciopero del 10/16 dicembre non può e non deve rimanere un episodio isolato. Nonostante la proclamazione tardiva e per certi versi confusa, lo sciopero ha permesso una ripresa della partecipazione e dell’iniziativa sindacale, con una mobilitazione generale, che nonostante le incertezze e le contraddizioni è stata in grado di parlare e riunificare il mondo del lavoro intorno a interessi e rivendicazioni comuni. Per questo la CGIL deve proseguire e sviluppare la mobilitazione, sapendo tessere da subito un’iniziativa: articolando cioè subito scioperi e proteste nei territori e nelle categorie, per poi nuovamente confluire in uno sciopero generale con l’inizio della primavera.

#RiconquistiamoTutto – opposizione in Cgil

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