Come le grandi aziende “saltano la fila”
Su Radio Quarantena
Trasmissione su Radio Quarantena di Eliana Como sul Protocollo vaccini in azienda, 10 aprile 2021.
Ascolta qui. Di seguito la versione scritta.
Mercoledì 7 aprile è stato sottoscritto il Protocollo nazionale per la realizzazione dei vaccini covid nelle aziende. L’accordo è stato firmato da Cgil Cisl Uil, Confindustria e i due Ministeri di Lavoro e Sanità.
Il vaccino potrà essere somministrato in azienda, su base esclusivamente volontaria, in locali aziendali idonei e da parte di operatori sanitari adeguatamente formati (sostanzialmente il medico competente aziendale). Salvo la possibilità che si ricorra a personale INAIL o a apposite convenzioni con strutture private, sia per i locali che per la somministrazione. Non vi preoccupate, non sarà un problema trovarle: la maggior parte dei padroni dei gruppi sanitari privati sono gli stessi a cui appartengono le imprese produttive. Per fare un esempio, Humanitas, il più grande gruppo sanitario privato lombardo, appartiene a Rocca, già patron delle acciaierie Tenaris Dalmine. Come si dice una mano lava l’altra…
Torno al protocollo: se il vaccino sarà somministrato durante il turno, sarà considerato a tutti gli effetti orario di lavoro. SE. Cioè niente prescrive alle aziende di fare la vaccinazione durante l’orario di lavoro. Ancora, i costi per la realizzazione dei piani aziendali sono a carico del datore di lavoro, ma la fornitura dei vaccini, siringhe, aghi e via dicendo è a carico dei servizi sanitari regionali. Per capirci, il vaccino non lo paga l’impresa ma il servizio pubblico. Immagino che abbiate già capito, dalle prime battute, che questo accordo a me non piace per niente. Il rischio principale è che si metta in moto una macchina per la vaccinazione in mano a imprese e privati che finirà nei fatti per essere in concorrenza con quella pubblica. Mi spiego. Nel testo si dice che il piano vaccinale in azienda avverrà in “coerenza” con il piano nazionale. La Cgil (che x la cronaca ha firmato anche questo protocollo senza alcuna discussione al proprio interno) rassicura che, come avevamo richiesto, “è stato espressamente previsto che la possibilità di elaborare ed attuare piani vaccinali aziendali sia subordinata a quanto previsto nel Piano nazionale e alla effettiva disponibilità delle dosi che tenga ovviamente in conto prima di tutto le priorità relative alle precedenze per età e stato di salute stabilite dai servizi sanitari regionali”.
Tutto bene, quindi, però, come sapete, io ho l’abitudine di leggere i testi oltre che i comunicati. E nel protocollo firmato non trovo NIENTE, ripeto NIENTE!, che vincoli la partenza del piano vaccinale a tali priorità. Le parole, chi fa il mio mestiere e firma accordi lo sa, pesano come pietre. Se nel testo avessi letto una frase che suonava più o meno così: il piano vaccinale in azienda partirà solo quando sarà terminata la vaccinazione delle categorie individuate come prioritarie per età, fragilità e attività svolta… il mio giudizio, magari ancora scettico, sarebbe stato tuttavia assai diverso. Ma questa frase semplicemente non c’è. Leggetelo anche voi. Se la trovate, mi scrivete e me lo dite.
Perche dire che il piano in azienda avverrà “in coerenza” con quello nazionale, scusate, non è la stessa cosa e perlopiù non vuol dire niente. Se poi leggo la stampa, i giornali fanno riferimento a maggio come data di partenza del piano. Non so da dove prendano la notizia che si parte a maggio, ma sto a quanto leggo su tutti i giornali. E probabilmente, sempre da quanto leggo, sarà ancora peggio, perché il piano vaccinale in azienda avrà partenze diverse da regione a regione. D’altra parte, la Lombardia (quella più indietro di tutte con la vaccinazione degli anziani) è invece la prima ad aver varato già il 10 marzo, le sue linee guida per gli imprenditori, che, ansiosi di vaccinare i propri dipendenti, non aspettavano altro che il via libera nazionale.
In generale, comunque, qualcuno pensa davvero che entro maggio o giù di lì saranno stati vaccinati tutti gli over 70? Sapete quanto è oggi la percentuale di over 70 vaccinati? Il 2,2% di quella classe di età! (17% se conto chi ha fatto solo la prima dose e deve fare ancora la seconda). A maggio mancano 21 giorni. Secondo voi è verosimile che a maggio, quando pare che avrà inizio la campagna in azienda, gli over 70 siano stati tutti vaccinati con doppia dose? Senza considerare, che nemmeno gli over 80 sono stati già tutti vaccinati. Solo il 36% entrambe le dosi (65% solo la prima). In Lombardia meno: solo un over 80 su 3 ha ricevuto entrambe le dosi.
Se la campagna in azienda dovesse iniziare a maggio, è certo che lavoratori e lavoratrici di grandi imprese così illuminate e solidali da mettersi a disposizione del paese per somministrare il vaccino ai propri dipendenti (pagato dallo stato), passeranno, involontariamente, davanti a anziani o persone fragili che dovrebbero invece avere la priorità assoluta. ASSOLUTA! Perché non stiamo parlando del vaccino per il raffreddore. Parliamo di covid. Fare o meno il vaccino, per qualcuno può fare la differenza tra la vita è la morte.
E davvero! la scelta tra chi si vaccina prima e chi si vaccina dopo, non può finire nelle mani di imprese che, immagino, correranno a accaparrarsi dosi di vaccino (pagate dallo stato) da fare ai loro dipendenti, non certo per un impeto di solidarietà filantropica, ma per un mero fattore di competitività di mercato, come candidamente ammette Maurizio Stirpe, responsabile delle relazioni sindacali di Confindustria intervistato ieri: Avere i dipendenti vaccinati rende le aziende più competitive? «Sì, risponde Stirpe, il vaccino è un fattore abilitante della ripresa».
A controprova ecco anche quanto ha dichiarato, sempre ieri, il generalissimo Figliuolo, commissario straordinario covid: ‘appena completeremo gli over 80 e i fragili apriremo la vaccinazione delle classi produttive’. Avete letto bene? Appena finiremo gli over 80. Non gli over 70… E poi: inizieremo la vaccinazione della classe produttiva.
Un disoccupato (anzi, lo dico al femminile, visto che la grande maggioranza delle centinaia di migliaia di persone che hanno perso il lavoro proprio a causa del covid sono donne)… UNA disoccupata non è classe produttiva, non produce profitto ahimè. Così, non sarà un problema per il generale Figliuolo se verrà vaccinata dopo, semplicemente perché non ha una impresa che le somministrerà il vaccino.
Il problema peraltro non è solo tra chi lavora e chi – meschino – no. Finiranno per essere svantaggiati nella strada verso la vaccinazione anche lavoratori e lavoratrici che, indipendentemente dalle condizioni di rischio, età e fragilità, lavorano in imprese imprese piccole e poco strutturate che non aderiranno all’iniziativa, quelle dove peraltro le condizioni di sicurezza sono generalmente più precarie. Non solo, finirà per non esserci alcuna considerazione, anche all’interno della “classe produttiva” nemmeno per l’essenzialità del lavoro svolto o i livelli di assembramento a cui si è costretti.
Cioè un operaio della Lamborghini, per dire la prima che mi viene in mente, sarà vaccinato, potete scommetterci, prima di una cassiera del Conad, cioè di lavoratori e lavoratrici, tutti quelli della distribuzione alimentare, che sono enormemente esposti al rischio di sovraffollamento, che non hanno mai smesso di lavorare perché oggettivamente essenziali, e che sono stati semplicemente ignorati dal piano nazionale di vaccinazione, che piuttosto, ha dato priorità alle forze armate (oltre che, giustamente, al personale sanitario e scolastico).
È giusto tutto questo? Per me no. È inutile dire: non lasceremo indietro nessuno, si farà tutto nell’ambito del piano nazionale, rispettando priorità e fragilità. No, non è vero. O almeno, non mi fido che questo avvenga perché non è scritto da nessuna parte, non c’è alcun vincolo in quel protocollo. Di buone intenzioni é lastricato l’intero selciato della concertazione di questo paese. I fatti sono altri. E per me l’unico fatto rilevante è che il piano vaccinale deve essere fatto e gestito dal SSN non dalle imprese in convenzione con i privati. Punto.
Anche perché qui il problema non sono gli spazi che mancano e quindi gentilmente Confindustria ci apre i cancelli delle fabbriche, al limite alleggerendo il peso dei servizi pubblici. Non mi piacerebbe, ma lo potrei capire. No, il problema è il numero di vaccini disponibili. Ce ne sono oggi 15,5 milioni. Ci servono 84 milioni di dosi (2 a persona) per raggiungere l’immunità di gregge. Secondo alcune stime, se andiamo avanti così finiremo il primo giro a febbraio del 22. Quando già dovrà partire il secondo giro di vaccinazione.
Capito? È una guerra tra poveri! Il pensionato contro l’operaio, il disoccupato contro la cassiera, l’operaio della Brembo contro quello della ditta artigiana. Non è vero che “non lasceremo indietro nessuno”. Il rischio è piuttosto che metteremo gli uni contro gli altri, per chi si salva prima.
lo so già che non è mica facile far capire questo alle persone. Come ci vado da una operaia della Electrolux, sempre per dirne una, che giustamente vuole vaccinarsi il prima possibile perché alla fine anche lei non ha quasi mai smesso di lavorare… come ci vado a dirle che deve rinunciare a fare il vaccino in azienda perché c’è a chi ha più urgenza di lei. Una volta avviata questa macchina, mi spiace ma non la fermi più.
Draghi in conferenza stampa ha rimproverato quelli che «saltano la fila». Con quale coscienza, ha detto, uno psicologo 30enne passa davanti a 70enne con maggiori fragilità? Caro draghi non è questione di coscienza. Lo psicologo 30enne è stato chiamato prima per effetto di un decreto che porta la tua firma, in cui quella professione viene equiparata alle altre sanitarie in prima fila contro il covid. Con la stessa logica, il protocollo per i vaccini in azienda, firmato dal tuo governo, permetterà all’operaio 30enne di una grande impresa di «saltare la fila» davanti a uno che ha maggiore urgenza di lui. Non è per sua cattiva coscienza, ma per responsabilità del governo, avallata da Confindustria e incredibilmente da Cgil Cisl Uil.
Incredibilmente, perché il sindacato, che di per sé si fonda su un principio di universalità e solidarietà, non doveva permettere questa operazione. Io non lo so, se tutto questo serve alle imprese per rifarsi una coscienza o soltanto per stare al passo del mercato internazionale con operai mal pagati si, ma vaccinati, vuoi mettere! Il presidente di Confindustria, ha accompagnato la firma dell’accordo rivolgendo un «ringraziamento a tutte le imprese che, con un gesto di solidarietà, hanno messo adisposizione le proprie sedi come hub vaccinali». Non so, io me li ricordo l’anno scorso con il loro fottuto #BergamoIsRunning mentre la mia città andava a fuoco. Se morirà qualcuno pazienza! Ora sono tutti benefattori nella campagna per i vaccini.
Una cosa però davvero non capisco, passatemi il termine (non è che non la capisco, non la approvo). Perché il sindacato invece che difendere il SSN universale per tutte e tutti continua a firmare pezzi di carta che danno un bene primario assoluto come la sanità a privato, competizione e mercato?
Perché guardate si può dire tutto quello che si vuole. I sindacalisti sono bravi a trovare le parole, credetemi. Ma non è vero che non lasceremo indietro nessuno. A meno che i sindacalisti che hanno firmato il protocollo non si improvvisino Gesù Cristo… e invece che moltiplicare i pani e i pesci, stavolta, moltiplichino i vaccini. Non Lo so, qualcuno in effetti l’ambizione potrebbe avercela, ma dubito che ne sia capace…
Eliana Como
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