La falsa conversione di Brunetta.
Maurizio Landini, Lugi Sbarra e Pierpaolo Bombardieri (CGIL CISL UIL) questa mattina (10 marzo) hanno firmato nella Sala Verde di Palazzo Chigi un Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale, una sorta di intesa politica sul prossimo rinnovo dei contratti pubblici e su una serie di provvedimenti d’urgenza, in relazione alla stessa emergenza sanitaria e al prossimo avvio del PNRR (il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza).
Il gruppo dirigente CGIL ha firmato con convinzione, condividendo “nel merito e nel metodo” le politiche indicate, valutandole da una parte un segnale importante sulla valorizzazione dei settori pubblici, dall’altro una riaffermazione della contrattazione nazionale e decentrata. Per questo gruppo dirigente, cioè, siamo davanti ad un segnale di inversione di rotta non solo rispetto alle politiche degli ultimi governi, ma in particolare rispetto all’azione del Ministro Brunetta di un decennio fa, che da allora ha segnato il lavoro in tutto il pubblico impiego.
Non è questa la valutazione sindacale che ci pare possibile trarre dal testo. La nostra è solo una prima lettura e, come tutti gli accordi e le intese, ci riserviamo valutazioni più approfondite, anche alla luce dei suoi ulteriori sviluppi. Il documento è comunque pieno di affermazioni auliche che, proprio in una fase di emergenza, abbondano comunque in ogni atto (dalla coesione sociale, anche nel titolo, alla buona occupazione; dalla nuova stagione di relazioni sindacali ai rinnovi contrattuali per rilanciare i consumi e quindi redistribuire ricchezza). Se si guarda però al contenuto, oltre le parole, il profilo che emerge è alquanto diverso.
Il perno contrattuale proposto, infatti, è quello del rilancio di una politica di premialità, incrementando le componenti stipendiali accessorie e variabili, in una logica di produttività, efficienza e merito che richiama esplicitamente la precedente stagione brunettiana. Non sembra cioè esserci stata nessuna folgorazione sulla via di Damasco del nostro ben conosciuto Ministro della Pubblica Amministrazione. Il testo infatti prevede una serie di elementi che, al di là del loro senso specifico, nel loro combinato disposto delineano un chiaro impianto per i prossimi CCNL e più in generale per la contrattazione nel pubblico impiego:
- le esperienze più efficaci di contrattazione integrativa dovranno rappresentare il percorso per puntare sulla valutazione oggettiva della produttività [cioè si traccia una contrattazione integrativa focalizzata sulla produttività, e ci sarebbe veramente molto da discutere sul termine oggettiva];
- le parti concordano sulla necessità di implementare… i sistemi di premialità diretti al miglioramento dei servizi, stendendo anche al comparto del P.I. le agevolazioni fiscali previste per i settori privati per tali fini [in generale, tassazione solo al 10% sino a 3/4mila euro di premi, sino a 80mila euro di reddito lordo, che diventa allo 0% se il premio è erogato in welfare; come nel privato, si favorirà lo sviluppo delle componenti variabili dello stipendio, nel pubblico basate sulla logica differenziale e premiale della Brunetta, attraverso strumenti fiscali regressivi che favoriscono chi guadagna di più, che peseranno in particolare su alcuni settori, mansioni e professionalità, dividendo ancora più il lavoro];
- nella parte sulla revisione dell’ordinamento professionale, si sottolinea che le parti condividono la necessità di implementare ed estendere il sistema di incarichi come altre innovazioni del sistema anche per valorizzare e riconoscere competenze acquisite negli anni, anche attraverso specifiche modifiche legislative [al di là di innovazioni legislative vaghe e indeterminate, si indica esplicitamente la strada degli incarichi, che facilita scelte discrezionali e temporanee nel riconoscimento di mansioni superiori e relativi stipendi];
- come nel patto di fabbrica si prevede di implementare in tutto il pubblico gli istituti del welfare contrattuale, oltre che forme di previdenza complementare [cioè non solo la trasformazione di una parte del salario monetario in salario non monetario (beni e servizi, acquisibili da parte delle amministrazioni a costi inferiori del loro valore nominale), ma anche determinando il paradosso di lavoratrici e lavoratori dei servizi pubblici universali retribuiti con servizi promossi da concorrenti privati, tagliando le entrate fiscali che sostengono il loro lavoro].
In tutto questo, il documento riafferma con altrettanta chiarezza che l’organizzazione del lavoro rimane esclusa dalla contrattazione (dominio incontrastato delle direzioni amministrative), precisando che:
- il sistema delle relazioni sindacali rafforzerà l’istituto del confronto sull’organizzazione del lavoro [l’istituto del confronto, cioè quel momento in cui le parti semplicemente esprimono la propria opinione, ma appunto non contrattano l’organizzazione del lavoro];
- per di più in un quadro che pone l’obbiettivo di incrementare la flessibilità organizzativa, per avere un’organizzazione duttile, capace di adattarsi alle esigenze dei cittadini e delle imprese con rapidità.
Questa impostazione, d’altra parte, è in piena coerenza non solo con il Brunetta del 2009 e 2010, ma anche con l’audizione del 9 marzo 2021 (ieri) alle Commissioni riunite (I e XI Camera, 1ª e 11ª Senato), sulle linee programmatiche del nuovamente insediato Ministro, in cui lo stesso Brunetta ha testualmente precisato che i meccanismi di valutazione delle performance assumeranno un ruolo cruciale in questi processi, anche in relazione alla diffusione del lavoro da remoto e andranno innovati profondamente per diventare una leva premiale…In questo senso occorre riprendere alcuni istituti contenuti nel D.Lgs. n. 150/2009 [il ritorno, appunto, della Brunetta!], ma mai messi in pratica, che mirano a valorizzare il contributo offerto dai dipendenti ai processi di innovazione, revisione organizzativa e miglioramento della qualità dei servizi, sia in termini economici che attraverso l’accesso a percorsi formativi altamente qualificati. Nella stessa occasione, d’altra parte, Brunetta ha anche affermato che le parole chiave del nostro lavoro le abbiamo trovate nello schema metodologico proposto da Albert O Hirschman Exit, Voice and Loyalty. In altri termini favorire la scelta tra una pluralità di fornitori di servizi d’interesse collettivo, anche uscendo dai confini del perimetro pubblico [cioè, le parole chiave della revisione della pubblica amministrazione Brunetta le pone nell’uscire dal perimetro del pubblico, in un ottica di pluralità di scelta con i privati: la logica della liberalizzazione dei servizi, nel più puro stile liberista di sempre].
Certo, nel testo ci sono anche aspetti interessanti. Viene dichiarato il diritto soggettivo alla formazione, in cui l’apprendimento dovrà esser considerato ad ogni effetto come attività lavorativa. Si prevede la scomparsa dell’elemento perequativo, che confluisce nella retribuzione fondamentale. Ci si impegna alla revisione dei sistemi di classificazione attraverso lo stanziamento di risorse aggiuntive con la legge di bilancio 2022 (cioè la possibilità di riconoscere professionalità e mansioni acquisite di fatto in questi anni). Si individueranno misure legislative che rivedranno l’articolo 23, comma 2 del dgls 75/2017 (cioè i tetti ai fondi per il salario accessorio del personale, su cui le amministrazioni prevedono anche le Progressione Economiche Orizzontali): una revisione positiva, anche se rischia di ampliare le differenze tra le amministrazione che hanno risorse e quelle che non le hanno, in una dinamica di progressive divergenze territoriali (come permette anche di rilanciare, appunto, quelle componenti premiali del salario prima delineate). Si conferma, con la revisione degli ordinamenti professionali, i principi costituzionali e le norme di legge in tema di accesso e progressione di carriera (augurandoci così che le anticipazioni di stampa su improbabili stravolgimenti del perimetro della pubblica amministrazione, con chiamate dirette e percorsi privatistici di assunzione, non rifacciano capolino nei prossimi mesi). Infine, pur non facendo nessun riferimento ad una revisione delle attuali norme sul lavoro agile (a partire dall’art. 263 del DL n. 34 del 2020, convertito con legge n. 77 del 2020, in cui le amministrazioni redigono ogni anno il Piano organizzativo quale sezione del Piano della performance, solo sentito le organizzazioni sindacali, cioè senza contrattazione], viene previsto il suo inserimento nel CCNL, non solo per tutelare diritti e relazioni sindacali, ma anche più generalmente sugli altri aspetti del rapporto di lavoro: diritto alla disconnessione, fasce di contattabilità, protezione dei dati personali, regime dei permessi, delle assenze e ogni altro istituto del rapporto di lavoro e previsione contrattuale [aprendo forse una strada, tutta da verificare, alla contrattazione collettiva almeno di questo aspetto dell’organizzazione del lavoro].
Su ogni accordo è comunque importante anche una valutazione politica e di contesto. Una valutazione tanto più rilevante quando è coinvolto in prima persona il governo. Questo patto è praticamente uno dei primi atti del nuovo esecutivo di Mario Draghi e Renato Brunetta. Spicca, in questo quadro, la scelta stessa di promuovere un accordo quadro. Una scelta portata avanti con un confronto molto rapido, in una decina di giorni, tanto rapido da aver impedito non solo qualunque coinvolgimento di lavoratori e lavoratrici del settore, ma persino qualunque consultazione delle strutture sindacali interessate. Un’azione che ha quindi un chiaro segno politico, in qualche modo di rottura con il precedente esecutivo (con le ministre Dadone e Azzolina, con il ministro Manfredi), che avevano mostrato e dimostrato ben diverso atteggiamento nelle relazioni sindacali (o meglio, antisindacali). Per non parlare di altre esperienze, come quelle brunettiane del 2008/2010 o quelle renziane di qualche anno fa. Una scelta cioè che sembra diretta a rimarcare l’intenzione di non dispiegare, come in precedenti governi tecnici (vedi Monti), un’immediata e aperta offensiva contro il lavoro. Nel contempo, però, proprio il contenuto di questo testo conferma il profilo padronale del governo. Questo Patto, infatti, non si propone di riaffermare la centralità del pubblico, dei diritti e dei servizi sociali, contro decenni di erosione e smantellamento, in un’ottica di tagli del salario globale sociale e, come disse lo stesso Draghi nel 2012, di superamento del modello sociale europeo). Al contrario, il suo obbiettivo di fondo, nella logica del Piano Nazionale di Recupero e Resilienza, nelle logiche di una gestione capitalistica della crisi e dell’emergenza sanitaria, è quello dell’uso delle strutture pubbliche per potenziare le capacità di resilienza del sistema socioeconomico, estendendo nel lavoro pubblico logiche aziendali e premiali, indebolendo i perimetri e le differenze tra lavoro pubblico e privato.
Per questi motivi, per il suo merito e per il suo senso politico, non condividiamo la firma della CGIL e ci impegneremo, nella discussione nell’organizzazione e nei posti di lavoro, come nella definizione delle piattaforme e nei rinnovi contrattuali, per un diverso impianto e diversi indirizzi, in difesa dei servizi pubblici universali, del salario globale sociale, del lavoro e dei suoi interessi.
RiconquistiamoTutto in FP e nella FLC
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