A.Della Ragione: un’area sindacale plurale, capace di unire le lotte

Un contributo sulla situazione della nostra area e l’assemblea nazionale del 13 novembre

L’esito della discussione dell’ultimo coordinamento nazionale è risultato disgregante. Avevamo bisogno di ben altro, considerato che l’Area è appena uscita da una pesante “scissione” che ha evidenziato lo stato di crisi interna che da parecchi mesi stiamo vivendo sia a livello nazionale che in molti territori. La forzatura di mettere ai voti il documento introduttivo, la cui ampiezza e articolazione non poteva certamente essere affrontato in una sola scadenza, ha finito per polarizzare e incanalare la discussione e il voto orientandolo più sulla questione del ruolo della portavoce che non sullo sviluppo della discussione rispetto la fase politica dell’Area.

Questo clima di conflitto da resa dei conti è continuato anche nei giorni successivi, purtroppo anche attraverso prese di posizioni apparse sul sito nazionale. Una discussione che ha messo in evidenza ancora una volta l’inadeguatezza di chi (esecutivo e redazione del sito) avrebbe dovuto avere il compito di regolare il dibattito, mantenendolo dentro i limiti politici accettabili, cercando di stemperare preventivamente personalismi, provocazioni, offese, argomentazioni fuori luogo e uscite di cattivo gusto: dal “We are all mad here” al disgustoso riferimento ad una presunta “sana virilità” passando attraverso provocatorie accuse di maschilismo, offensive in primo luogo per le compagne o verso chiunque ha osato avere delle posizioni critiche.
Sarebbe stato compito della redazione, che in altri casi si è dimostrata ben più solerte nel limitare il diritto d’intervento di compagne/i critiche/i, di concordare con l’autore smussature e rimodulazione di alcuni passi e, in caso di rifiuto, di presentare il testo con le dovute prese di distanza. L’inserimento di un documento sul sito nazionale comprensivo di frasi denigratorie verso le donne e la portavoce, evidenzia l’inadeguatezza della redazione che ha permesso la pubblicazione di queste offese scaricando solo sulle compagne dell’esecutivo il compito di rispondere, come se  fosse solo un problema delle compagne e non dei compagni contrastare il machismo, una cultura ben presente all’interno del movimento operaio e nelle organizzazioni sindacali e di cui non è esente neppure la nostra Area.

Si sarebbe evitato così di aprire successive discussioni ulteriormente disgreganti, per altro pubbliche, che sono poi continuate in modo che ritengo inopportuno sui social personali e siti di organizzazioni avendo come evidente obiettivo, non un legittimo confronto, ma solo di organizzare consenso intorno alla singola persona o alla propria area politica di appartenenza. A meno che questo ridurre il dibattito sulla persona e su presunte ingerenze di organizzazioni politiche non sia una pratica coscientemente voluta per evitare di confrontarci su questioni ben più spinose che avrebbero evidenziato la nostra attuale difficoltà politica e di prospettiva, data principalmente dalle caratteristiche della fase, di cui l’oggettiva crisi di direzione politica è solo l’aspetto più evidente. Una immagine che certamente non rafforza la nostra credibilità agli occhi delle/dei lavoratrici/tori e della maggioranza della CGIL.

Ma purtroppo non siamo di fronte ad una novità. In altre occasioni, più volte in questi anni è stato chiesto da parte dei coordinatori della Toscana maggior collegialità nella direzione nazionale dell’Area, capacità di autocritica e di fare un passo indietro se necessario, e soprattutto maggiore ascolto evitando inopportune ingerenze nelle questioni locali che chiedevano dialogo e confronto con le compagne e i compagni coinvolti.
E’ continuata invece una pratica che ha caricato solo sulla portavoce nazionale i difficili compiti di gestire passaggi politici complicati e relazioni a volte conflittuali, rendendola spesso bersaglio di attacchi talvolta ingenerosi, e favorendo inconsapevolmente un progressivo processo di burocratizzazione.

Siamo di fronte a un attacco pesantissimo alle condizioni di vita e ai diritti dei lavoratori/trici, che potrebbero cambiare le prospettive per l prossimi decenni.
L’attacco ai CCNL, l’introduzione massiccio dello smart working, la didattica a distanza nella scuola, la distruzione di un settore economico di piccola borghesia, la riduzione in povertà assoluta di larghi settore di lavoratrici/ori informali, le questioni che la crisi ecologica pongono a chi vuole contrastare la dicotomia salute-occupazione, sono solo alcuni elementi di questa crisi che potrebbero portare ad una pericolosa radicalizzazione di estrema destra ed a un vero e proprio cambio di civiltà.

Questo mentre le OOSS, sempre più subordinate ai governi e al PD, sono incapaci di dare qualsiasi risposta credibile, in grado di mettere in campo le forze del movimento operaio per dare una prospettiva ai settori di lavoratori in piena regressione sociale. Tutto questo nonostante le potenzialità date dal fatto di trovarci in una fase di rinnovo contrattuali di categorie importanti (Metalmeccanici, Funzione pubblica, Scuola, logistica ecc.) che coinvolgono più di 10 milioni di lavoratori/trici.

Sul nostro territorio toscano inoltre abbiamo situazioni, mi riferisco a Piombino ma non solo, di crisi profonda e drammatica che necessiterebbero di proposte ed elaborazioni in grado di proporre strategie di lotta e rivendicazioni che riguardano l’assetto produttivo ed economico da ora al prossimo futuro di un intero territorio, comprendente anche un possibile riconversione/sviluppo eco compatibile. La siderurgia inoltre, essendo un settore strategico del nostro sistema produttivo, dovrebbe avere da parte nostra una attenzione particolare, in modo particolare nel tentare di collegare la crisi di Piombino con quella altrettanto drammatica di Taranto. Che tipo di investimenti pubblici chiediamo in questo settore e con quali garanzie? Sui finanziamenti del Recovery Found abbiamo necessità di fare chiarezza e proposte che la CGIL non fa, chiedendo investimenti legati ad un reale Green New Deal, difendendo gli interessi del mondo del lavoro, l’occupazione per prima cosa, per una sanità e una scuola pubblica, per una difesa integrale dell’ambiente fuori da logiche produttivistiche e di sfruttamento del territorio che purtroppo permeano profondamente la CGIL. Per non parlare del pericolo dell’Autonomia differenziata per le sue pesanti ricadute e responsabilità sullo smantellamento dei servizi pubblici in favore delle privatizzazioni.

Dobbiamo quindi partire dalle necessità date da questa fase e su queste adeguare gli obiettivi che ci prefiggiamo. E’ evidente che questo necessita di una riorganizzazione più coerente, anche nel modo di gestire l’area con maggior partecipazione e democrazia, in grado da un lato di rilanciare il nostro intervento sul territorio e nei luoghi di lavoro, dall’altro di evitare la possibilità che si impongano “egemonie” non solo di organizzazioni politiche ma anche, se non soprattutto, di gruppi più o meno formali ma solidali tra loro che, appartenendo alla medesima categoria, spesso sono portatori di una visione della realtà e del conflitto sindacale oggi inadeguato e anacronistico, considerato che nelle fabbriche non esistono più né le caratteristiche degli anni ’70 né la coscienza di classe di allora.

C’è bisogno quindi di un’are sindacale capace di organizzare e unire le lotte di tutto il mondo del lavoro negli spazi sindacali della CGIL, dialogando e intervenendo anche nei movimenti, penso a quello femminista “non una di meno”  a quello ecologista, e alle iniziative di lotta come i comitati dei precari della scuola, i lavoratori auto-convocati e i lavoratori combattivi, che intraprendono percorsi a noi comuni. E questo necessita di un esecutivo in grado di ascoltare e dialogare e soprattutto di arrivare a sintesi non escludenti. Anche perché nella CGIL nell’obiettivo di unire le lotte ci confrontiamo con compagne e compagni che pur non appartenendo all’area sono portatori di valori e sensibilità a noi vicini, considerando anche i compagni e le compagne che hanno deciso di formare l’Area programmatica “Le giornate di marzo”, senza inutili risentimenti o settarismi.

Anna Della Ragione

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