AG FLC 16.10.20: Sicurezza e istruzione, l’odg di RT!

Questo ordine del giorno, alternativo a quello della segreteria, è stato presentato dai compagni e dalle compagne di RT! presenti alla riunione [respinto con 4 voti ed 1 astenuto]. Qui il testo in pdf.

L’odg è stato presentato da questo breve intervento di Luca Scacchi.
I due ordini del giorno richiamano elementi analitici per molti versi sovrapponibili: sulla crisi e l’offensiva padronale, sul profilo dell’azione del governo e la situazione dei nostri settori. È un elemento positivo, perché rappresenta una consapevolezza condivisa, importante nel guidare l’azione dell’organizzazione. Abbiamo però deciso di presentare una risoluzione contrapposta perché c’è una divaricazione sui tempi dello sciopero. Condivido quello cha ha detto in conclusione di questo dibattito Monica [segretaria Emilia Romagna, ndr] e Francesco [segretario generale]: lo sciopero è un mezzo, non un fine. Esatto, lo sciopero è uno strumento per cambiare le cose. Io penso, noi pensiamo, che uno dei problemi più grandi degli scioperi degli ultimi anni, per la CGIL e non solo, è che sono stati scioperi di posizionamento, di dissenso [che hanno cioè segnato la posizione dell’organizzazione, ma non volevano o non potevano più incidere sulle scelte del governo]. Non a caso, più di una volta, sono scioperi avvenuti a provvedimenti già assunti. Intendiamoci, anch’essi possono avere un senso o anche una necessità, ma lo sciopero dovrebbe puntare a difendere lavoratori e lavoratrici, i loro interessi e i loro diritti, o a innescare con diversi rapporti di forza processi di trasformazione sociale. Il problema, allora, è che noi riteniamo inutile, poco sensato, uno sciopero nell’autunno inoltrato, per diversi ordini di ragioni.
In primo luogo, lo sciopero dovrebbe servire a cambiare l’attuale situazione nelle scuole e nelle università. Non serve attendere ulteriori interlocuazioni con il governo, perché quello che è da cambiare sono provvedimenti e condizioni di oggi: ad esempio, nelle scuole serve che sia ritirata la circolare Bruschi della scorsa primavera (ancora vigente e richiamata nelle Linee guida sulla DDI) o nelle università, serve un protocollo nazionale sulla sicurezza (ancora inesistente). Lo sciopero, cioè, non può esser rimandato ad altre verifiche, perché in primo luogo è un mezzo per cambiare oggi i rapporti di forza, le relazioni e le norme con cui si sta gestendo questa emergenza.
In secondo luogo, lo sciopero dovrebbe provare ad incidere sulle scelte future, cambiare gli assi e gli impianti che già stato emergendo per la Legge di bilancio o per la definizione degli interventi legati al Recovery Plan. Questi provvedimenti, però, si definiranno nelle prossime settimane, forse nei prossimi due mesi, non a dicembre. Allora a cosa potrà mai servire uno sciopero a pochi giorni, o poche ore, dalle votazioni della legge di bilancio (quando saranno già chiusi i suoi saldi definitivi e il suo impianto sostanziale)? A cosa potrà mai servire uno sciopero per le risorse, quando impianti ed indirizzi del recovery plan saranno definiti nei documenti europei e in quelli ministeriali?
In terzo luogo, perché come ha sottolineato la stessa relazione, questo sciopero non si muove nel vuoto, ma si rapporta ad un’offensiva padronale che è in corso oggi, sui contratti nazionali (con l’azione di Confindustria), ma anche nei nostri settori, sui media e non solo. Se questa offensiva è oggi in pieno corso, per provare a fermare, o almeno smorzare, questa offensiva allora la reazione deve esser oggi. Non fra due mesi, quando magari avrà ottenuto le sue prime vittorie, sul fronte dei metalmeccanici, di qualche altra categoria o dell’azione del governo (dall’impianto della legge di Bilancio al blocco dei licenziamenti). Ed allora, lo sciopero deve esser costruito ora, anche in relazione al rinnovo dei metalmeccanici e alla loro iniziativa. E per questo indichiamo come ipotesi venerdì 6 novembre, subito dopo la giornata di sciopero FIOM FIM UILM.
Certo, sappiamo che non è uno sciopero facile e non sarà facile costruirlo. Però proprio come ha detto il segretario generale nella sua relazione, è uno sciopero che bisogna costruire oggi per anche per evitare il rischio di lasciare il campo dell’azione sindacale vuoto e per contrastare la spinta, insidiosa e soffocante, a ridurci al ruolo di supporto sussidiario dei vuoti dell’amministrazione.

Assemblea Generale FLC – 16.10.2020

SICUREZZA E ISTRUZIONE: UNO SCIOPERO PER CONTRASTARE LE POLITICHE DI MERCATO DEL GOVERNO, DIFENDERE I DIRITTI SOCIALI UNIVERSALI, STABILIZZARE I PRECARI E CONQUISTARE SALARIO.

La scuola, l’università e l’AFAM hanno riaperto a settembre, dopo una primavera di sospensione delle attività in presenza. La didattica di emergenza di quei mesi, improvvisata e straordinaria, ha pesato ovunque: divaricando disuguaglianze tra contesti e classi sociali, moltiplicando isolamenti, rallentando i percorsi di sviluppo e riducendo gli apprendimenti.

Per riaprire in sicurezza c’era tempo, cambiando scuole, istituti e atenei, prevedendo corsi e classi ridotte [7/10 studenti nei livelli inferiori, 15 alle superiori, 30/60 nelle università], tenendo distanziati i diversi gruppi, moltiplicando i trasporti. Sarebbe stato però necessario assumere personale (diretto e nei servizi), approntare le strutture, rafforzare i mezzi pubblici. Sarebbe cioè stato necessario mettere l’istruzione ed i servizi universali al centro degli investimenti, cambiando le nostre città e la nostra società.

Il governo ha scelto una strada diversa. Nonostante la più grande manovra della storia [100 miliardi di euro, in larga parte per le imprese], abbiamo visto poche centinaia di milioni per l’emergenza nelle università e meno di 3 mld nelle scuole [banchi, opere straordinarie e alcune decine di migliaia di docenti e ATA]. Si è scelto cioè di riaprire con il minimo sforzo possibile. In un dibattito tragicomico lungo un’estate, abbiamo visto il Ministero dell’Istruzione, dell’Università, dei trasporti, della Salute ed il CTS impegnati in una pantomima di indicazioni contradditorie, tormentoni e nonsense. Così, quando i criteri di sicurezza avrebbero dovuto imporre scelte e investimenti, si sono cambiati…i criteri: la distanza è stata compressa all’usuale parametro dei metri2 per studente; la capienza nei trasporti è arrivata al 80%; le fragilità sono state riviste per evitare che il personale…ne faccia uso.

Non solo: si è usata l’emergenza per rilanciare le politiche che hanno segnato le ultime controriforme di scuola e università [da Berlinguer alla Moratti, dalle Gelmini alla Buonascuola]. Nelle università, si è abdicato al ruolo del MUR, enfatizzando l’autonomia degli Atenei sino a far propri i documenti CRUI e rilanciare la loro autonomia differenziata (revisione art 1, comma 2 della Gelmini nel DL Semplificazione). Senza un protocollo nazionale di sicurezza, senza garanzie sul lavoro a casa(dai buoni pasto agli orari), obbligando a rientri immotivati come alle videoregistrazioni delle lezioni. Nella scuola si è varato un piano che valorizza l’autonomia [diversifica gli istituti] e prevede patti educativi territoriali [con soggetti privati nello spazio e nel tempo scuola], consentendo ampi gradi di libertà nel cambiare gli orari, nelle turnistiche e nella didattica a distanza, con un attacco, nei fatti, alla libertà di insegnamento. Si è evitato di garantire appalti e precari della ricerca nelle università, senza tutele su borse e progetti come sul personale non a carico delle amministrazioni. Si è evitata nella scuola la stabilizzazione dei precari di lungo corso (36 mesi), imponendo un concorso selettivo straordinario contro le intese sottoscritte. Si è voluto cioè affermare un profilo politico e antisindacale del Ministero, anche moltiplicando le difficoltà delle scuole in questo già difficile autunno. Si è praticata una gestione regionale dell’emergenza, rilanciando percorsi di autonomia differenziata, basati anche su una prassi sempre più federalizzata delle strutture pubbliche. Si è rimesso al centro i Dirigenti Scolastici (non più sceriffi ma capitani di navi) in circolari e procedure [come su PAI/PIA e sulla DDI], ben oltre la normativa e il contratto, per riaffermare quel processo di gerarchizzazione di fatto bloccato dal movimento contro la buonascuola. Si sta provando a stravolgere il contratto, sul pagamento dei corsi di recupero nelle superiori o sulla sicurezza nelle università, rimettendo al centro le amministrazioni e il loro comando. Anche nella ricerca hanno pesato questi mesi, con un lavoro domiciliare con scarse regolamentazioni ed una centralizzazione del comando nei diversi enti. Mentre in tutti i settori privati della conoscenza è dilagato il mancato rinnovo dei dipendenti temporanei, la revisione dei contratti, gli ammortizzatori straordinari. In queste realtà ci si prepara oggi ad una stagione di licenziamenti massicci, mentre diversi settori politici stanno provando, nell’emergenza, a conquistare risorse pubbliche, stabilizzando ed allargando il loro ruolo nel sistema generale dell’istruzione sempre più in contrasto con l’articolo della Costituzione che non prevede oneri per lo Stato.

Settembre è stato un mese complicato, nel quale nelle scuole e negli atenei ha dominato lo smarrimento e la confusione, cercando di capire cosa si doveva fare e come si doveva farlo, come difendere materialmente sia il diritto all’istruzione, sia i diritti di tutti lavoratori e le lavoratrici della conoscenza.

In questo mese tutte le organizzazioni sindacali, comprese la FLC CGIL, hanno fatto fatica a difendere questi diritti nelle scuole e nelle università. Travolti dalla gestione delle GPS e dalle mille richieste ministeriali, gli apparati territoriali sono stati schiacciati su un’azione di consulenza individuale, sostanzialmente sussidiaria al Ministero. Mentre è mancata la capacità di sviluppare una capillare azione sindacale nei posti di lavoro, con assemblee e incontri informativi, dando indicazioni chiare e puntuali su come comportarsi e come difendere questi diritti, supportando l’azione delle RSU, discutendo con la categoria e sviluppando un percorso di mobilitazione per contrastare confusioni e politiche del governo.

In questo quadro, le mobilitazioni di settembre, pur importanti e positive, sono rimaste limitate e non sono riuscite ad innescare quell’ampio movimento di massa, oggi necessario per imporre un cambio di direzione alle politiche del governo (anche se hanno comunque ottenuto risultati, non solo mettendo al centro del dibattito pubblico la scuola, ma anche portando all’eliminazione nella discussione parlamentare dell’inaccettabile licenziabilità dell’organico covid temporaneo in caso di sospensione della didattica).

Nel frattempo, la pandemia non è finita. Il contagio corre nelle Americhe ed in Asia, mentre si riaffaccia in Europa una seconda ondata, oramai evidente in Gran Bretagna o in Francia. La curva epidemica è in risalita anche in Italia, portando allo scoperto tutte le fragilità di una riapertura portata avanti con il minimo sforzo e la conferma delle politiche liberiste degli ultimi decenni: i trasporti sono affollati e rischiosi; nelle classi e tra le classi non è garantito il distanziamento; molte cattedre sono ancora vuote (per la mancata stabilizzazione e le nuove procedure GPS); i docenti sono assegnati a più classi (con continue interruzioni per gli isolamenti precauzionali). Mentre si profila da una parte l’ipotesi di nuovi lockdown territoriali, dall’altra un nuovo tragico e diffuso trasferimento della didattica on line.

Nel frattempo, la profonda recessione ha innescato un’offensiva padronale. Bonomi e Confindustria hanno preso d’assalto il contratto nazionale, cercando di usare l’emergenza per ridurre i salari e aumentare lo sfruttamento. Federmeccanica ha rotto le trattative sul rinnovo metalmeccanico, per segnare i rapporti di forza e una nuova stagione di tutto il lavoro. Quest’offensiva, però, non si gioca solo sui contratti. Si gioca anche sulle forme e sugli indirizzi dei nuovi piani europei (MES, SURE, Next Generation EU), che prevedendo come sempre condizionalità ed indirizzi liberali, più che la ripresa di una politica di investimenti sociali segnano la conferma delle solite politiche dell’Unione Europea: si propongono cioè di promuovere una ristrutturazione produttiva, funzionale ad affrontare la crisi strutturale in corso dal 2008/09, intensificando lo sfruttamento e rilanciando investimenti infrastrutturali al servizio delle imprese.

Per questo, nonostante la ripresa del contagio, è importante organizzare ora una mobilitazione generale della conoscenza, in grado di collegarsi con quella di altre categorie e settori sociali. La confusione nelle scuole e nelle università, il rilancio dell’autonomia differenziata (anche dal punto di vista normativo, con l’inserimento della Legge quadro Boccia come collegato al NADEF), la conferma delle politiche di quasi mercato, la disarticolazione dei sistemi nazionali di welfare universale e il rischio di un nuovo, lungo blocco di tutti i salari (se non una loro diminuzione), possono esser fermate solo dalla discesa in campo di un movimento di massa.

Per questo, l’Assemblea nazionale della FLC CGIL:

  • ritiene necessario avviare subito una campagna di assemblee in tutti i posti di lavoro, per costruire con i lavoratori e le lavoratrici una piattaforma generale della conoscenza su sicurezza, rilancio dei sistemi universali e nazionali di welfare, stabilizzazione dei precari e nuove assunzioni, difesa dei CCNL e dei salari (a partire dal rinnovo del settore);
  • ritiene importante sviluppare coordinamenti di RSU in tutti i territori e a livello nazionale, per definire questa piattaforma e aprire un ampio confronto tra delegati e delegate, mettendo al centro anche la difesa delle condizioni di salute e di lavoro di questi mesi;
  • ritiene utile sviluppare comitati sindacali in ogni istituto, che affianchino e sostengano le RSU come l’iniziativa di lotta e di mobilitazione dei prossimi mesi;
  • richiede il ritiro immediato della Legge quadro sull’Autonomia differenziata dal NADEF;
  • indice uno sciopero nazionale della conoscenza per il prossimo venerdì 6 novembre, in relazione e rapporto con lo sciopero dei metalmeccanici del giorno precedente: una mobilitazione in cui coinvolgere studenti, coordinamenti e comitati della scuola e delle università, innescando contro queste politiche un movimento generale.

Serve cioè oggi la capacità di un sindacato generale di unire lavoratori e lavoratrici, rivendicazioni di settore e istanze complessive.

Anna Della Ragione, Monica Grilli, Francesco Locantore, Luca Scacchi

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