AG CGIL. L.Scacchi: fare sindacato nella crisi.
Intervento all’Assemblea nazionale della CGIL del 14 settembre 2020
Care compagne e cari compagni, io credo che quest’Assemblea generale si affaccia su un autunno che comunque finirà, e qualunque sia la sua dinamica, avrà delle dimensioni ed una portata che sarà storica, pe questo paese e non solo per questo paese.
Siamo inseriti nel pieno di una recessione mondiale di portata epocale. Inutile credo che ricordi ai compagni ed alle compagne i dati, come il calo del Pil italiano del 12% e quello USA del 32% nel secondo trimestre di quest’anno. Siamo di fronte ad una recessione ed un’emergenza che amplifica e radicalizza quelle che sono le tendenze, quelle che sono le dinamiche, di una lunga crisi di portata storica e di livello mondiale, in corso da più di un decennio. Non stiamo cioè semplicemente affrontando una recessione esogena rispetto alla dinamica economica mondiale che, quindi, in qualche modo è destinata a riassorbirsi nei prossimi mesi. Quando, ci auguriamo, l’emergenza sanitaria avrà altre dimensioni e dinamiche rispetto anche solo le attuali.
Siamo invece davanti una crisi ed una Grande Crisi di portata epocale, che innanzitutto radicalizza e polarizza le tendenze competitive e di scontro a livello mondiale, tra i grandi poli capitalisti. [Ed io credo che la CGIL, un sindacato che ha la nostra storia, ne dobbiamo esser consapevoli]. Le radicalizza e le struttura in una logica di blocchi contrapposti. Credo infatti che questo ci dica il passaggio da una guerra commerciale latente tra Stati Uniti e Cina negli ultimi due/tre anni ad una dimensione degli ultimi mesi che ha iniziato ad avere una dinamica diversa, un salto di qualità. Sul fronte delle nuove tecnologie e delle piattaforme informatiche, anche con l’assunzione di un ordine esecutivo presidenziale da parte di Trump ma anche di politiche bipartisan all’interno della Camera e del Senato USA. Provvedimenti e politiche che ci parlano dell’intenzione di tessere blocchi contrapposti, a livello tecnologico, che sono sostrato di una tendenza a sviluppare poi blocchi economici anche a livello più complessivo, economico e militare.
Guardate, qui Susanna [Camusso, nel suo intervento precedente] ha richiamato velocemente prima un passaggio sulla necessità di sviluppare un’autosufficienza europea. Non nazionale, ma continentale. Forse come CGIL dovremo iniziare a ragionare di più, all’interno di una dinamica di contrapposizione tra blocchi mondiali, se è utile che noi appoggiamo e lavoriamo per la costruzione di un blocco europeo. Se questo non sia un ulteriore passaggio rispetto a scenari che hanno veramente un secolo di storia, all’interno delle dinamiche del capitalismo, e che non sono scenari che stanno dalla parte della pace e anche del lavoro. E dentro questa dinamica Giacinto [Botti, della sinistra sindacale di Lavoro e società] ricordava la situazione di Lesbo e dei migranti. Ma forse è anche utile che come CGIL teniamo presente che qualche mese fa l’esercito greco e turco si sono sparati al confine. Forse è utile ricordare che al momento è in corso un pattugliamento navale militare nel mediterraneo, su blocchi contrapposti, per il controllo e la demarcazione delle aree estrattive in questo mare (e quindi le rispettive aree economiche e militari). Forse è utile ricordare che a questo pattugliamento partecipa l’Italia. Forse è utile ricordare che la Turchia qualche settimana fa ha costruito basi militari, navali ed aree, a Misurata [a qualche centinaio di chilometri dalla costa italiana]. Forse è utile ricordare che questa dinamica di guerra non è più solo una realtà coloniale in cui l’Italia è coinvolta in paesi lontani più o meno esotici, in Afghanistan o in Irak, ma che è fisicamente ai nostri confini. In questa logica di blocchi, allora, io credo che la CGIL debba esser consapevole di questa dinamica della crisi e debba iniziare a costruire, a costruire, un proprio profilo ed una proprio politica contro questa dinamica di guerra, di smilitarizzazione, di sviluppo di un contrasto alle dinamiche di blocco in corso.
Una Grande Crisi che, in questo quadro, sta premendo sul lavoro e lo divide. Micol [Tuzi, delegata della Funzione Pubblica bolognese] ha ricordato in uno dei primi interventi oggi le condizioni pesanti delle lavoratrici e dei lavoratori pubblici, la dinamica dello smartworking come dinamica di sottrazione di salario e di controllo sul loro lavoro. [Una condizione particolare, che si affianca a chi è stato in prima fila in questi mesi nella sanità, nella grande distribuzione o in tante fabbriche, diversa ancora da altri settori del lavoro]. Una situazione complessiva fatta anche delle molte crisi industriali, della crescita della disoccupazione, dei seicentomila posti di lavoro precari persi in questi mesi (soprattutto in alcuni settori). Io credo che come CGIL, rispetto a questa situazione, dobbiamo tornare a mettere a fuoco le due questioni storiche del movimento sindacale: il salario e l’orario.
Innanzitutto, l’orario. Rilanciando una parola d’ordine che credevo fosse centrale per tutta la CGIL (visto che era anche presente nel documento di maggioranza al congresso): la riduzione, o meglio viste le condizioni attuali, la redistribuzione dell’orario a parità di salario. Una rivendicazione che deve diventare io credo un punto di tenuta generale, perché può esser ottenuta solo a livello generale, ma poi anche articolata e concretizzata nei diversi settori e nelle diverse realtà.
E bisogna tenere sulla questione del salario. Dove ovviamente il padronato, di fronte ad una recessione all’interno di una Grande Crisi, sta cercando di sfondare. Per il momento a livello più retorico che reale, ma io credo che lo vedremo presto anche nei contratti. Ed in parte lo vediamo già sui secondi livelli e sull’intensificazione dello sfruttamento nei luoghi di lavoro. Allora, rispetto a questo punto, Maurizio [Landini] ha ribadito nella sua relazione iniziale che davanti a questa situazione noi confermiamo il patto del lavoro. Ecco, io penso che davanti a questa situazione noi dovremmo proprio fare il contrario, esser noi a rimetterlo in discussione. Il patto del lavoro ha definito una struttura salariale centrata su TEM e su TEC: cioè su aumenti monetari legati soprattutto alla redistribuzione della produttività e per il resto si focalizzano sul welfare. Dopo anni di caduta verticale dei salari, a fronte di questa nuova pressione per eroderli ulteriormente, questo impianto deve esser messo in discussione dalla parte del lavoro, ponendoci il problema di una difesa strutturale del salario (monetario). Rompendo nei fatti quella gabbia imposta dal patto del lavoro.
Credo anche che dobbiamo ragionare sulle politiche di questo governo. Io ho sentito l’intervento di Francesco [Sinopoli, segretario generale FLC] e quello di Serena [Sorrentino, segretaria generale FP]. Su due componenti centrali del salario sociale (sanità e scuola), hanno parlato di un governo che non sta agendo dalla nostra parte. Non solo perché sta agendo poco e male o perché c’è un conflitto (e c’è) sul Recovery plan e la sua destinazione. Perché in questi mesi la focalizzazione del SSN contro il covid sta portando ad un’amplificazione [non una riduzione] dei processi di convenzionamento e di privatizzazione dei servizi sanitari. Perché una riapertura centrata sull’autonomia scolastica e universitaria, sui patti territoriali e sulle autonomie differenziate, sta smantellando scuola e università esattamente secondo gli impianti delle (contro)riforme Gelmini.
Negli ultimi trenta secondi, credo importante sottolineare due cose. Da una parte la necessità di costruire subito, quest’autunno, una mobilitazione generale. Non la solita scadenza di uno sciopero generale d’autunno o di uno sciopero generale dimostrativo, politico, verso il governo [la solita passeggiata senza tanti effetti concreti]. Serve invece costruire un percorso conflittuale categoria per categoria, territorio per territorio, per collegare e rimettere insieme una moltitudine del lavoro oggi divisa.
Dall’altra, ultima cosa, Maurizio [Landini] ha ricordato le conferenze di programma e di organizzazione. Io vorrei solo ricordare che l’ultima volta che la CGIL ha tenuto due conferenze a distanza di sei mesi, era il 1989. Credo che non ci sia bisogno di richiamare qui il profilo che quelle due conferenze hanno avuto per noi, in termini organizzativi, politici e di impianto complessivo della CGIL. Arriviamo oggi a questo appuntamento, però, con un documento dove tra l’altra si prospetta la partecipazione e la cogestione come nuovo profilo della CGIL. Tutto questo senza che in Comitato Direttivo, o che in Assemblea generale, ne abbiamo mai discusso. Unicamente con un documento elaborato dalla segreteria confederale e già distribuito all’organizzazione, a territori e categorie. Ecco, vorrei che rapidamente si discusse negli organismi statutari della CGIL questo percorso: come e chi [cioè come si farà questa conferenza, chi ci parteciperà e come sarà individuato], con che modalità e regole si svolgerà il confronto e le decisioni di quella conferenza, e vorrei anche che su questo ci fosse la possibilità di un approfondimento ed una discussione complessivo e collegiale del gruppo dirigente della CGIL. Grazie.
Luca Scacchi
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