Ag FLC. L.Scacchi: rilanciare la scuola pubblica, difendere il lavoro di ogni settore.
Intervento di Luca Scacchi, AG FLC del 3 luglio 2020
Anche io sono contento che questa discussione ci sia. Sono contento cioè che l’Assemblea Generale della FLC e tutta la FLC affronti politicamente una riflessione ed assuma una posizione sulla questione della scuola privata. E ricordo anche io l’ordine del giorno dell’ultimo congresso FLC, che chiedeva esattamente questo e lo chiedeva con una formula netta: ricordo il passaggio, la FLC CGIL deve recuperare un dibattito interno sulla legge di parità per rilanciare sul versante politico la nostra iniziativa.
Ecco, io credo che però il ragionamento che oggi viene portato, e viene portato per i documenti della Struttura di settore della formazione professionale e della Struttura di settore della scuola non statale, sia basato su degli elementi che innescano questo dibattito con delle proposte, dei ragionamenti e delle modalità che onestamente mi perplimono molto o che ritengo chiaramente sbagliati. Sia sul piano delle considerazioni sia sul piano delle proposte.
In uno dei documenti c’è scritto che oggi la privatizzazione dell’istruzione procede e avanza soprattutto per la spinta verso la sostituzione del pubblico col privato che viene dall’offerta di “buoni scuola”. Ecco, io penso che questo sia un errore. Sia guardare da un punto di vista sbagliato. Perché oggi, proprio oggi, in questa fase e in questa emergenza, con questo piano scuola di riapertura per il prossimo anno, nel quadro di quei processi di autonomia differenziata che sono ancora in discussione a livello politico generale, la privatizzazione del sistema della conoscenza passa per la disarticolazione che avviene attraverso l’enfatizzazione dell’autonomia delle diverse istituzioni e attraverso i patti educativi territoriali. Scelte e provvedimenti che inseriscono, in maniera sempre più strutturale, pezzi di privato all’interno del sistema pubblico, con i lavoratori e le lavoratrici in appalto, con la logica dei servizi esternalizzati, con l’introduzione di altre figure al posto degli insegnanti. La privatizzazione cioè si implementa nel pubblico, nel quadro di un’autonomia istituzionale delle singole scuole e delle singole università, delle diverse istituzioni formative, e di una disarticolazione territoriale con processi palesi o occulti di autonomia regionale (perché i patti educativi territoriali sono processi occulti di autonomizzazione regionale, nel quadro in cui sta avvenendo).
Dentro questo quadro generale, in cui non c’è solo una semplice concorrenza fra sistema pubblico e privato, nel momento in cui proprio l’emergenza rilancia le logiche di quasi mercato in tutta la conoscenza, c’è sostanzialmente una proposta politica, diversi passaggi dei documenti oggi in discussione, che mettono in discussione la posizione netta che la FLC ha avuto in questi anni contro la scuola privata e contro la legge 62 del 2000. Guardate, io credo che quella posizione è stata netta e contraria. Lo si riconosce esplicitamente nei documenti delle strutture di settore, anche se viene detto che non si è mai organizzato una campagna pubblica per l’abrogazione di questa normativa, che crea questo sistema pubblico integrato con il privato. Guardate, io credo qualcosa di più. Questa posizione contraria è stata fondante, nel 2006, la Federazione dei Lavoratori della Conoscenza. Dalle battaglie nazionale contro Moratti, Gelmini e Buonascuola, al referendum di Bologna, io credo che uno degli elementi che noi abbiamo vissuto come fondante della FLC, ma che la FLC ha posto alla base del suo rapporto con la categoria, è la difesa dell’impianto pubblico, non pubblico integrato, del sistema della conoscenza. Con il rispetto rigoroso dell’articolo 33 della Costituzione e di quella dizione particolare in relazione alla scuola privata: senza oneri per lo stato.
Credo quindi che la critica alla legge 62 del 2000 si basi su questo elemento, sull’introduzione di elementi di finanziamento pubblico al sistema privato, ma anche sul contrasto più generale all’idea di integrare settori privati all’interno di una logica pubblica di quasi mercato. Una logica liberista che noi abbiamo combattuto in tutte le controriforme di questi decenni e su cui la FLC è nata. Contro appunto la logica di quasi mercato nella gestione pubblica. Una logica di quasi mercato che avviene anche attraverso un processo di integrazione fra sistema pubblico e privato, nel quale tutti gli istituti sono tra loro in competizione. Per fondi e risorse, nel posizionamento in classifiche e valutazioni come per conquistarsi gli studenti.
E allora ritengo sbagliate alcuni riflessioni ed alcuni ragionamenti con cui si affronta questa discussione [non ho ancora visto la proposta di ordine del giorno finale, su cui ho qualche preoccupazione]. “Affrontare rapidamente il dibattito attuale sui contributi alle paritarie ovvero sulla legge 62/2000”: è letteralmente uno dei ragionamenti portati avanti nel documento della SdS della Scuola Non Statale. In sindacalese, è una frase chiarissima nel suo significato politico e generale. E va in direzione esattamente opposto all’impianto critico e di opposizione che abbiamo avuto sulla legge 62/2000 sino ad oggi. E mi perplime che iniziamo ad approfondire e ad assumere responsabilmente, come FLC, un ragionamento su questo, a partire come dire da una revisione critica delle posizioni sinora assunte, con un’uscita esattamente opposta al percorso su cui la FLC è nata e che ha sviluppato in questi ultimi dieci anni.
Per esser onesto, anche sulla formazione professionale io credo che dovremmo aprire un discorso un po’ più approfondito. Nel documento, nella riflessione, anche negli interventi precedenti, come dire, si parte dall’idea di rilanciare la formazione professionale “in un sistema di certificazione delle competenze che rappresenta oggi la vera sfida del sistema di Istruzione, come strumento di integrazione con il mercato del lavoro e il sistema di istruzione”. Guardate, per esser chiari, noi con la CGIL, con la confederazione, abbiamo avuto negli ultimi quindici anni una grande discussione, ed anche delle litigate e delle posizioni diverse, proprio su questo punto. Cioè sul nodo che c’è tra sistema dalla conoscenza, istruzione, formazione professionale e inserimento nel mercato del lavoro. In cui la CGIL ha sempre valorizzato il sistema della conoscenza e della formazione come sistema finalizzato a rafforzare il mercato del lavoro e le imprese. Noi come FLC abbiamo sempre avuto un’altra idea di scuola e formazione, centrata in primo luogo sulla crescita generale delle persone e dei cittadini. Se l’inserimento nel lavoro, l’addestramento aziendale, cinquant’anni fa aveva tempi medi di durata di 24/36 mesi, e avveniva dentro le aziende. Oggi è ridotta mediamente a sette settimane. Come è che si è ridotto così tanto questo percorso? Da una parte sono cambiati i processi produttivi, semplificando alcuni saperi professionali [tecnologizzato e informatizzazione del lavoro, ma anche sua standardizzazione], ma dall’altra c’è stata semplicemente un’esternalizzazione dei costi formativi. Si è cioè caricato sul pubblico, e sui lavoratori stessi e le lavoratrici stesse [attraverso il concetto di capitale sociale, la formazione continua, l’alternanza scuola lavoro, gli stage, ecc], l’idea che sia necessario formarsi professionalmente prima di esser assunti. E allora passa da qui, da questa esternalizzazione e da questo tentativo di piegare i percorsi formativi alle dirette esigenze delle imprese, il contrasto tra noi e la CGIL sull’alternanza, sui centri educativi, sulla formazione professionale. Ed allora io credo che dovremmo riflettere molto molto più, ed approfondire il confronto, su alcuni elementi di base della formazione professionale. Anche perché ad esempio, forse ho capito male, in uno degli interventi che mi hanno preceduto si salutava l’alternanza scuola lavoro come uno degli elementi pragmatici per inserirsi nel mercato del lavoro. Ecco, non pensavo, non penso, che questa sia la posizione della FLC, avendo anche promosso negli anni scorso un referendum in merito, anche contro la CGIL (o almeno con il suo disaccordo esplicito).
Cosa diversa è invece rafforzare l’intervento e la difesa sindacale del lavoro nei settori privati della conoscenza. Dagli ammortizzatori sociali agli interventi sociali di difesa. Però capiamoci. Se come CGIL, se come FLC, pensiamo che la nuova IRI, cioè un nuovo intervento diretto del pubblico nella vita economica, sia la via di uscita da questa crisi epocale, ecco allora la nuova IRI non parte dalle acciaierie e dalle auto (pur con tutti gli ovvi motivi di necessità e di urgenza su questi settori), parte della conoscenza, dalla formazione, dalla sanità e dal sociale. Davanti all’epocale crisi in corso la posizione della FLC non può e non deve esser quella di dire, va beh, allora diamo straordinariamente soldi alle scuole private in crisi, per salvarle, perché in fondo sono imprese private come tutte le altre. Come crediamo tra l’altro che sia utile e necessario anche per le aziende normali, noi dovremmo viverla come occasione per ripubblicizzare quei settori che secondo noi dovrebbero esser pubblici. Dovremmo cioè costruire una grande campagna perché tutto il sistema della scuola di infanzia, per esempio, proprio la crisi ne faccia occasione perché diventi in larga parte pubblico (nazionalizzando gli istituti in crisi), certo garantendo i lavoratori e le lavoratrici, ripublicizzando o pubblicizzando anche loro. Fare sì, cioè, che la nuova IRI, il nuovo straordinario piano di lavoro nuovo per affrontare la crisi, si centri sul sociale, sulla sanità, sulla conoscenza.
Per concludere. Una questione anche sulla questione della tutela del lavoro in questi settori. Sono riportati in entrambi i documenti delle SdS dei ragionamenti sulla stabilizzazione del welfare previdenziale e sanitario, come sulla bilateralità, su cui io credo che dovremmo anche qui approfondire. Non tanto e non solo perché bisognerebbe fare qualcosa di diverso da CISL e UIL, come ha detto qualcuno negli interventi che mi hanno preceduto. Io lo dico chiaramente, io spererei che la FLC faccia qualcosa di diverso da quanto fa la FILCAMS o la FILLEA, dentro il sistema della bilateralità e in quella modalità di tutela individuale, che in realtà come molti esempi dimostrano, non tutela lavoratori e lavoratrici.
Ecco, allora io credo che su alcune cose sia necessario veramente approfondire la discussione, ma che bisogna in primo luogo ribadire l’asse fondamentale su cui la FLC è nata, nel rapporto con questi settori. Ed anzi, proprio l’occasione della grande crisi epocale che stiamo vivendo è un’occasione, come dicevamo al congresso nell’ordine del giorno, per rilanciare sul versante politico la nostra iniziativa, a difesa della scuola pubblica, non di un sistema integrato pubblico e privato.
Luca Scacchi
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