Taranto. La sentenza rimanda ma non risolve
La sentenza dei giudici del tribunale del riesame con cui si revoca lo spegnimento dell’ AFO 2 dell’ex Ilva di Taranto sposta avanti la soluzione ma non risolve il problema. Lo stabilimento deve essere ambientalizzato con decisivi interventi strutturali a salvaguardia delle esigenze di salute ed ambiente della cittadinanza e dei lavoratori stessi. Ciò detto va superato un modo vecchio di organizzare il lavoro in cui c’è la corresponsabilità dell’azienda ma anche di chi deve tutelare la vita, la salute e la dignità dei lavoratori calpestate dal ricatto occupazionale per il mantenimento del posto del lavoro. Di questo si tratta, altro che sperare in una transizione “tecnica” nella risoluzione pratica dilungando tempi.
Ci viene in mente, ancora una volta lo slogan “Si al riscatto NO al ricatto!”. Dobbiamo rilevare, come dato fondamentale, che le OO.SS pendono solo ormai dalle iniziative della magistratura. Non si spiegherebbe diversamente perché dal 2015, cioè dalla morte dell’operaio Alessandro Morricella, i sindacati non abbiano fatto praticamente nulla per imporre le modifiche tecnologiche all’AFO2, prima ai Commissari e poi ad Arcelor-Mittal.
La soluzione politica, quindi sociale, è negli articoli chiarissimi della Costituzione italiana, basta rileggerli ed applicarli. Il ruolo sindacale è per noi “altra cosa”. I problemi derivano dalla scarsa e sommaria capacità di conoscere complessivamente e singolarmente gli impianti, la loro interrelazione in quanto ciclo integrale. La sicurezza sul lavoro impone la loro conoscenza profonda e per essere tale la volontà ed il protagonismo di chi vive direttamente ed a proprio rischio le operazioni. La sicurezza sul lavoro non deriva solo dai tanti problemi “tecnici” ma dalla “organizzazione del lavoro” lasciata oggi, rispetto al passato, al completo potere del padrone e, quindi, dal mercato che stabilisce modi, tempi e consegne delle produzioni. Troppo spesso il lavoratore viene lasciato solo nel decidere come operare, a volte anche con “metodi tradizionali” per evitare lungaggini di “pratiche operative”.
Quella che va combattuta è la loro “solitudine”. Essa priva la loro coscienza consapevolezza di essere “classe”. Occorre cambiare la attuale “organizzazione del lavoro” e non solo rivisitare vecchie e superate dagli eventi tragici “pratiche operative. Occorre rendere i lavoratori protagonisti del loro e del nostro, come cittadini, cambia mento. Occorre legare intimamente la battaglia della sicurezza con quella per un ambiente vivibile di lavoro, sanitariamente perché nasce nella fabbrica ed è lì la soluzione del loro e dei nostri problemi.
L’operaio Morricella arso vivo sull’AFO 2 quattro anni fa, come i sette operai della Thyssen-Krupp 12 anni fa, chiedono una legittima rivendicazione di classe. La questione di volere a tutti i costi l’applicazione dell’accordo del settembre 2018 cade in grave errore, non considerando la possibilità di battersi per nazionalizzare il gruppo Ex-ILVA, così come avviene anche in altre nazioni europee e per altri settori produttivi: Francia e Germania in primis.
Crediamo che solo l’intervento dello Stato può garantire la realizzazione di quelle modifiche impiantistiche atte a salvaguardare l’ambiente e la sicurezza dei lavoratori e della cittadinanza.
#RiconquistiamoTutto Taranto
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