Se Franceschini non va alla montagna, vada la montagna da lui

Pretendiamo risposte dal ministro del Mibact sulle fondazioni liriche. Dal 9 settembre, nessuna risposta alla nostra richiesta di incontro.

C’è una domanda che si pongono i lavoratori e le lavoratrici delle fondazioni liriche. Che ne è dell’incontro richiesto dalle loro segreterie nazionali del sindacato al Ministro Franceschini il 9 settembre?

La situazione attuale delle fondazioni lirico sinfoniche è connotata da totale incertezza sul futuro. Con la legge 112/2013 si è imposto un processo di risanamento che assicurasse l’equilibrio economico-finanziario dei teatri in crisi (pareggio di bilancio ed equilibrio patrimoniale). Questo processo doveva raggiungersi entro il 2016, pena la liquidazione coatta amministrativa. Successivamente la legge 160/2016 ha reso più flessibili questi termini, introducendo la parola “tendenziale equilibrio” e con le varie proroghe inserite nelle leggi di stabilità, il termine ultimo per il raggiungimento degli obiettivi indicati dalla
legge 112 è stato posto al termine del 2019.
“Liquidazione coatta amministrativa” è un termine che non può lasciare indifferenti i sindacati.
Ma c’è anche un’altra questione. Per troppi anni nei teatri lirici c’è stato un abuso dei contratti a tempo determinato e nell’ottobre
dello scorso anno è stata la Corte di Giustizia dell’Unione europea a pronunciarsi in tal senso.

La vicenda che ha portato alla luce il caso è quella di Martina Sciotto, ballerina di fila del Teatro dell’Opera di Roma che dopo 4 anni di contratti a tempo determinato ha chiesto al Tribunale di Roma di accertare la legittimità di questi contratti. Il Tribunale di Roma respinge il ricorso, ma la corte d’appello decide di rivolgersi alla Corte di Giustizia europea,
la quale sancisce l’illegittimità delle norme italiane e afferma l’obbligo di sanzionare questo tipo di abuso e di violazione del diritto dell’Unione, in questo caso convertendo il contratto a tempo determinato in un contratto a tempo indeterminato. A questo punto in tutta Italia le fondazioni liriche sono entrate in “freezing”: i sovrintendenti, preoccupatissimi per la sentenza europea, hanno scelto l’autotutela, non assumendo più i precari storici per timore di doverli assumere a tempo indeterminato e di rispondere di danno erariale. La risposta al problema – una riposta normativa difficile, controversa e attualmente ferma a causa del cambio di Governo – arriva con il Decreto Cultura del Ministro Bonisoli. Con il decreto-legge 59/2019 (da agosto legge 81) vengono stabilite permanenze massime dei contratti a tempo determinato, non sufficienti comunque a risolvere il problema del precariato nelle fondazioni liriche
italiane, che coinvolge soprattutto figure professionali molto qualificate (ballerini, professori d’orchestra, artisti del coro, tecnici ma anche amministrativi altamente formati per la musica ed il teatro), tutti lavoratori precari da molti anni. La legge avrebbe anche i suoi aspetti positivi, ovvero la scelta di sbloccare i concorsi per assunzioni a tempo indeterminato e di procedere alla stabilizzazione dei precari storici. Peccato che dal Ministero dovessero arrivare alla fine di luglio degli “schemi-tipo”che indicassero le nuove “dotazioni organiche” dei teatri, ma questi schemi-tipo nessuno li ha ancora visti.
Se la situazione non si sblocca, il futuro delle fondazioni liriche più in crisi appare incerto, e con esso centinaia di posti di lavoro.

Sembrano questioni sufficienti a ritenere incomprensibile e inaccettabile la mancata risposta del Ministro Franceschinialla richiesta di incontro delle segreterie nazionali. Il 12 gennaio del 2017 alcuni lavoratori delle fondazioni liriche si erano rivolte ai segretari nazionali del settore affinché venissero intraprese iniziative di mobilitazione contro le leggi che destrutturano il sistema musicale, e in particolare scrivevano:
“[…] Per questa ragione torniamo a chiedere di poter protestare contro il Governo e di accogliere le nostre istanze. […] A coloro di voi che hanno espresso perplessità riguardo alla poca partecipazione dei lavoratori alle lotte contro il disegno politico di questi anni rispondiamo che il Sindacato deve assumersi anche questo rischio e parte della responsabilità.
La mancanza di iniziative forti contribuisce a rafforzare in molti lavoratori l’erronea convinzione che la situazione si risolverà da sè, generando un atteggiamento di diffuso fatalismo.
La poca partecipazione dei lavoratori, quindi, non deve essere additata come causa di una mancata manifestazione nazionale, ma ne è paradossalmente l’effetto”.

Qualche segretario aveva bollato questa lettera come espressione di un fastidioso movimento che nasce dal basso. Sicuramente la democrazia ha le sue regole che non possono essere esluse con l’illusione di una partecipazione diretta di tutti i soggetti interessati. E siamo ben consci che il sindacato è l’organo di rappresentatività dei lavoratori, e ha le sue regole. Ma il problema non sono i movimenti dal basso. Il problema è quando dall’alto non c’è la capacità di orientare e guidare questi slanci.

A questo punto pensiamo che non sia più rinviabile da parte delle segreterie nazionali un intervento forte, per rendere più consapevoli i lavoratori e le lavoratrici e per mobilitarli. Dobbiamo pretendere risposte da parte del ministro Franceschini. Questo governo va incalzato, molto più di quanto non stiano facendo i Confederali fino ad ora, non solo sulle tematiche della cultura, ma sull’intero impianto della legge di bilancio, delle pensioni e delle crisi industriali.
Tanto più dobbiamo mobilitarci se un ministro come Franceschini, immagine inequivocabile della continuità con le scelte politiche del passato, non soltanto non dà risposte, ma nemmeno si degna di accettare il confronto con noi.

#RiconquistiamoTutto in Slc: le voci ‘fuori dal coro’

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