Odg RT! nella FLC: uno sciopero generale dell’istruzione e della ricerca!

l'OdG di RT! nella FLC presentato dai compagni/e presenti all'AG del 6 novembre 2019.

Foto Daniele Leone / LaPresse 10/10/2014 Roma, Italia Cronaca Roma, Cortei degli studenti in occasione dello sciopero nazionale della scuolanella foto: momenti della mafifestazionePhoto Daniele Leone / LaPresse10-10-2014 RomeStudent demonstration against Renzi 's governorin the picture: the demonstration

UNO SCIOPERO GENERALE DELL’ISTRUZIONE E DELLA RICERCA: PER IL RINNOVO DEI CONTRATTI, UNA REALE STABILIZZAZIONE DEL PRECARIATO, L’ABBANDONO DI OGNI AUTONOMIA DIFFERENZIATA.

 Qui il testo in pdf.

Il nuovo governo del paese ha rivelato con evidenza, in questi pochi mesi, il suo reale profilo. La maggioranza 5S, PD, LeU e del nuovo partito di Renzi (IV), si è mostrata frammentata nelle aule parlamentari, sempre più fragile nel consenso, contradditoria e litigiosa nella sua azione. Lungi da rappresentare una “soluzione necessaria” o un argine alla deriva reazionaria, rischia sempre più di rivelarsi una semplice parentesi che incuba la conquista del paese da parte di Salvini e dell’asse reazionario Lega-FdI.

L’azione del governo, infatti, si caratterizza non solo per incertezza e confusione, ma soprattutto per la conferma degli assi padronali ed europeisti delle sue politiche di austerità. Il segno della Legge di Bilancio è inequivocabile. Nessuna rottura con l’impostazione neoliberista che domina da lungo tempo la politica economica, nessun rilancio della domanda aggregata con una sostanziale ripresa degli investimenti. Tanto meno la difesa e il rilancio dei servizi pubblici universali, dalla scuola alla sanità. Dal taglio dell’aumento dell’IVA alle nuove tasse, con una ridotta defiscalizzazione dei salari, dall’Ilva all’Alitalia, sono gli interessi privati dell’impresa quelli al centro di questa compagine governativa.

Fioramonti, il nuovo ministro dell’istruzione e della ricerca che già abitava le stanze del MIUR con Salvini, rivela con sempre maggior forza la sua inconsistenza. Dopo aver predicato per settimane la necessità di nuovi e significativi investimenti per il settore (quantificandoli addirittura in tre miliardi), rivela lui stesso che la Legge di bilancio e le specifiche norme che la contengono sono state definite a sua insaputa. Mentre gli accordi sindacali siglati dal MIUR sul precariato, vengono rivisti dalla Presidenza della Repubblica e dal governo dopo settimane di stallo, rendendo palese la sua sostanziale inaffidabilità.

In questo fosco quadro complessivo, proprio sul terreno dei settori della conoscenza, proprio sul terreno delle rivendicazioni dello sciopero revocato lo scorso 17 maggio, sono emerse in questi mesi le maggiori criticità del governo.

Il DL sul precariato rappresenta un sostanziale passo indietro rispetto al già problematico accordo di giungo con il governo Salvini. Non solo, come allora, è coperta una quota ridotta dei posti vacanti nelle scuole (50mila a fronte dei 140/160mila effettivamente calcolabili), quindi inevitabilmente perpetuando un’ampia fascia di precariato strutturale nel settore. Non solo, come allora, l’intervento si limita sostanzialmente alla scuola, tralasciando gli altri settori della conoscenza (a partire dall’università). Ma inoltre, al di là dei 24mila posti a concorso per il precariato di lungo corso, diventa incerto nel suo percorso legislativo e nella sua effettiva declinazione il percorso di abilitazione e stabilizzazione che avrebbe dovuto interessare altre decine di migliaia di precari.

Si delineano i tempi lunghi ed i limiti del rinnovo del contratto nazionale. La legge di Bilancio rende evidente che questo governo intende andare al rinnovo dei contratti del pubblico impiego solo nel 2021, nell’ultimo anno del triennio da rinnovare. Con importi sostanzialmente schiacciati sull’IPCA (sotto la semplice difesa del potere di acquisto), oggi intorno al 3% (ben distante dal 4,1% delle Linee guida dello scorso anno). A cui magari solo per i docenti o per il personale della scuola si aggiungerà qualcosa sulla Rpd o su altre indennità specifiche, utilizzando in parte altre risorse del settore (come la card docente). Un’impostazione salariale che non sfonda la gabbia IPCA, mantiene squilibri e divaricazioni del settore, mentre non si prospetta nessuna sostanziale revisione della Legge 150 e 165, cioè la possibilità di ri-espandere la contrattazione collettiva su organizzazione del lavoro e salario accessorio.

L’autonomia differenziata viene confermata non solo nel programma di governo, ma anche nella sua azione concreta. La richiesta di differenziazione regionale nell’inquadramento e nel finanziamento di alcuni dei principali servizi universali (sanità, scuola, trasporti, ecc) non è solo una rivendicazione della Lega, ma una pressione di ampi settori padronali e produttivi che pensano di rimanere agganciati al cuore produttivo del continente scaricandone i costi sul lavoro e sui diritti sociali universali. Lungi da contrastare questa domanda padronale e da segnare quindi una reale discontinuità con il governo precedente, il ministro Boccia sta lavorando in queste settimane per adattare e rilanciare questa prospettiva, a partire dall’implementazione della logica neoliberista dei LEP e della legge 42 del 2009 (scritta da Calderoli proprio per subordinare i diritti al calcolo di un fabbisogno secondo la logica della maggior efficienza). Questa azione, se non è ancora sfociata nella definizione di un percorso e dei relativi provvedimenti, ha già determinato effetti concreti. Diverse regioni, anche governate (per ora) dal centrosinistra, hanno avanzato ipotesi e proposte di allargare le loro ipotesi di autonomia differenziata, includendo con più determinazione proprio i settori dell’istruzione e della ricerca. Si sta cioè consolidando nel paese l’ipotesi e la prospettiva di una segmentazione territoriale dei servizi, dei diritti e dei contratti, che proprio per questo deve esser contrastata e respinta senza esitazioni e senza cedimenti, riprendendo con urgenza l’iniziativa e la mobilitazione nel paese.

Nel panorama della possibile prossima ripresa di un nuovo picco della crisi, segnata anche dalla precipitazione dello scontro economico e persino militare tra le grandi potenze, con guerre e conflitti che si diffondono con sempre maggior forza, il sindacato non può rinunciare all’autonomia del lavoro.
Non deve lasciarsi sovra determinare da logiche astratte di schieramento politico (che per di più neanche reggono alla prova dei fatti). Non deve lasciarsi trascinare ad una prospettiva di grandi alleanze sociali con il padronato, che ripropone all’infinito la logica dei due tempi che abbiamo conosciuto negli ultimi decenni (oggi, nella crisi, l’austerità, i sacrifici, persino la compressione “temporanea” dei diritti; domani, in un futuro indefinito e che mai si concretizza, la ripresa di salari e diritti).
Il sindacato deve cioè mantenere con determinazione la sua focalizzazione e la sua azione in difesa dei contratti, dei salari, dell’organizzazione del lavoro, dei diritti sociali. Il rischio, altrimenti, non è solo segnare un profondo arretramento nelle condizioni di vita e di lavoro delle classi subalterne, ma anche favorire e consolidare la deriva reazionaria in corso.

Per questo, davanti al profilo ed all’azione concreta di questo governo, si pone con urgenza la necessità di organizzare la mobilitazione e la lotto contro questo governo, in difesa degli interessi e dei diritti del lavoro.

L’Assemblea Generale della FLC, di conseguenza, propone di organizzare subito, nelle prossime settimane, una stagione di assemblee in tutti i luoghi di lavoro (scuole, università, enti di ricerca, afam, ecc), seguite da successive riunioni di delegati/e nei territori e a livello nazionale, definendo una vera e propria piattaforma per il rinnovo del CCNL, per una reale stabilizzazione del precariato, contro ogni autonomia differenziata. Per arrivare, entro i tempi di approvazione della legge di bilancio, all’indizione di uno sciopero generale dell’istruzione e della ricerca su questa piattaforma.

Francesco Locantore
Monica Grilli

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