Volantino 27S: #workers4future
27 settembre: global strike!
L’estate 2019 è stata tra le più calde mai registrate, con intere foreste andate irrimediabilmente in fumo, in Amazzonia, Groenlandia, Siberia e Alaska. Gli effetti del surriscaldamento globale li abbiamo vissuti sulla nostra pelle, soprattutto in quei posti di lavoro dove i picchi di calore hanno determinato condizioni insostenibili: fabbriche, fonderie, cantieri navali, edili e stradali…
Stiamo precipitando verso il punto di non ritorno. É indispensabile ridurre drasticamente l’utilizzo di energie fossili, bonificare i siti più inquinanti (a partire dall’ILVA), riconvertirli e creare nuovi posti di lavoro ecosostenibili. È urgente ripensare il sistema di produzione manifatturiera e agricola, il modello di consumo e di smaltimento dei rifiuti. Produrre solo plastica riciclabile, limitare imballaggi e consumi inutili, combattere l’obsolescenza programmata delle merci e il trasporto di prodotti alimentari in giro per il mondo. Va ripensata la mobilità, investendo sui trasporti pubblici e non inquinanti. Le risorse indispensabili, a cominciare da quelle idriche e energetiche, devono tornare a essere pubbliche e gratuite. Bisogna smettere di pensare a uno sviluppo basato essenzialmente sulle grandi opere, sulla cementificazione, sulla deforestazione, sulle monoculture.
Ma è possibile farlo senza mettere in discussione il sistema capitalistico? Senza che governi e multinazionali sacrifichino i loro profitti? È possibile che sia il mercato a governare la transizione ecosostenibile? NO, non è possibile.
Ci dicono che siamo noi a dover cambiare le nostre abitudini di vita. È vero, certo. Ma non servirà a niente se non imporremo investimenti a governi e imprese; se non pretenderemo la lotta alle ecomafie e al sistema di criminalità legato in particolare allo smaltimento dei rifiuti; se non imporremo ai potenti della terra misure ecologicamente efficaci quanto socialmente giuste.
Le mobilitazioni dei giovani sono necessarie e vanno estese ai lavoratori e alle lavoratrici, a cominciare dalla rivendicazione della riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, anche a fronte delle alte temperature estive. Il 27 settembre, non rivendichiamo soltanto di cambiare il clima ma tutto il sistema, perché sono e saranno i più poveri e i più sfruttati a pagare i danni della crisi ecologica, a ogni longitudine e latitudine del mondo: i paesi poveri, da un lato, con decine di milioni di persone costrette a fuggire dal proprio paese a causa di siccità, carestie e disastri ambientali; le classi lavoratrici e subalterne dei paesi ricchi, dall’altro.
Per cambiare il sistema abbiamo, da sempre, un solo strumento: il conflitto, lo sciopero e la lotta di classe. Tutto il resto rischiano di essere soltanto parole, buone intenzioni e promesse.
#RiconquistiamoTutto!
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