Ag FLC, il nostro odg: nuovo governo e vecchi pericoli
Il testo dell'ordine del giorno alternativo presentato in conclusione dell'AG FLC del 10 settembre 2019
NUOVO GOVERNO, VECCHI PERICOLI: RIPRENDIAMO SUBITO LA MOBILITAZIONE CONTRO L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA, PER IL RINNOVO DEL CCNL E PER STABILIZZARE IL PRECARIATO
Il nuovo governo si è appena insediato con una compagine frutto di un’alleanza che fino a prima dell’estate era improbabile. Si è così risolta la crisi d’agosto, aperta con un colpo di mano di Salvini per imprimere un’ulteriore svolta autoritaria al paese (arrivando rapidamente al voto con la richiesta di pieni poteri e la rivendicazione del suo profilo securitario delineato dai decreti sicurezza). Però, mentre rimane un certo consenso reazionario nel paese, questa soluzione è stata forgiata nel Palazzo, fondendo a freddo programmi, movimenti e impostazioni tra loro conflittuali. Un governo quindi fragile, che non a caso alla sua nascita registra una dei più bassi consensi della storia della Repubblica.
Questo nuovo governo, in ogni caso, non è stato composto solo sulla comune volontà di far fallire l’operazione salviniana, ma anche dall’esplicita intenzione di proseguire le attuali politiche europee, centrate sull’austerità, le esportazioni, il contenimento della spesa e la deflazione salariale. Come nelle stagioni del centrosinistra, infatti, si proclamano politiche temperate, inclusive e solidali, senza però mettere in discussione i cardini della gestione capitalistica della lunga crisi economica in cui siamo inserito da più di un decennio.
È quindi un governo di Palazzo che coniuga la continuità reazionaria del suo presidente e della sua principale forza politica, con la continuità neoliberista dei governi precedenti (a partire dal ruolo determinante dei renziani nella sua nascita e nella sua maggioranza parlamentare). Non a caso è stato accompagnato e sostenuto, sin nella sua gestazione, dall’establishment liberale europeo e da rilevanti settori del padronato italiano e continentale. Non a caso nel suo programma viene posto l’obbiettivo prioritario di non “metter a rischio l’equilibrio della finanza pubblica”, e tra i suoi punti salienti il varo di una manovra da decine di miliardi, gli incentivi agli investimenti privati, il rilancio di Industria 4.0 e l’applicazione del progetto di Autonomia Differenziata.
Oggi molti, nel panorama politico e sindacale, pensano che questo governo rappresenta la soluzione necessaria per sventare il pericolo delle destre al governo. Ma le destre, in questo paese e in questo continente, hanno aumentato il loro consenso e il loro potere proprio grazie alle politiche di austerità che in questi ultimi vent’anni hanno attaccato i lavoratori e le lavoratrici in modo tremendo. È stata proprio la politica del pareggio di bilancio imposta dall’Ue portata avanti in questi anni dai governi di ogni colore a gonfiare il populismo di destra nelle classi subalterne e persino nel lavoro organizzato.
Il sindacato non può rimanere chiuso nella gabbia della falsa alternativa tra i nazionalisti e i liberisti, deve recuperare la sua funzione storica e la sua autonomia per difendere gli interessi delle lavoratrici e dei lavoratori. Altrimenti Salvini e le destre potrebbero nei prossimi mesi consolidare e accrescere il loro consenso, perseguendo una politica comunitaria e ultrareazionaria con l’intransigente repressione di profughi e migranti, come più in generale della classe lavoratrice, mascherata dall’apparire l’unica opposizione a questo governo.
I PERICOLI NEI SETTORI DELLA CONOSCENZA: AUTONOMIA DIFFERENZIATA, CONTRATTO E PRECARI.
Il nuovo governo si propone sin da subito di perseguire l’Autonomia Differenziata. Nel suo programma, infatti, precisa letteralmente che è necessario completare il processo di autonomia differenziata giusta e cooperativa. Un’autonomia differenziata giusta e cooperativa? Non esiste. L’autonomia differenziata, indipendentemente da ogni vincolo o LEP, serve a differenziare i servizi universali e radicalizzare la difformità di condizioni sociali e salariali tra i territori, per dividere i lavoratori e le lavoratrici e permettere quindi di comprimere più facilmente il salario sociale e anche quello diretto. Il governo si propone nei fatti di intraprendere il progetto dell’Emilia Romagna (anche a fronte delle sue prossime elezioni) che non ha nulla di giusto e solidale, ma che è pericoloso come quello del Veneto, del Friuli e della Lombardia.
Qualunque progetto di autonomia differenziata, prevendendo la diversificazione dei servizi, divarica inevitabilmente le disuguaglianze: per questo è intollerabile in tutti i servizi pubblici universali che garantiscano i diritti sociali di base, come mobilità, sanità e istruzione. Il nuovo governo intende sostituire il residuo fiscale (preteso da Veneto e Lombardia) con il fondo di perequazione. Ma il fondo di perequazione è una trappola, che si porta dietro i Lep, con il conseguente calcolo di costi e fabbisogni standard. Questi strumenti sono considerati da molti un argine allo smantellamento dell’universalità dei servizi, uno strumento di garanzia di equità: invece, come previsto dalla legge 42 del 2009 (che applica il titolo V della Costituzione), in pieno stile neoliberista subordina l’erogazione dei servizi alle compatibilità economiche, prendendo a riferimento i costi più efficienti tra le Regioni e imponendoli a tutti come fabbisogno definito per loro prestazioni essenziali. Così, proprio i LEP e la loro logica rappresentano il grimaldello micidiale per distruggere le conquiste e i diritti di lavoratori e lavoratrici.
Per questo è più che mai necessario battersi per il ritiro di qualunque processo di Autonomia Differenziata. A luglio si è svolta a Roma un’assemblea di associazioni, partiti e sindacati, che ha lanciato il Comitato per il Ritiro di qualunque Progetto di Autonomia Differenziata per il coordinamento di Comitati di scopo da creare sui territori e una manifestazione nazionale prevista in autunno. A quell’assemblea era presente la FLC, che con un intervento ha garantito la partecipazione ed il sostegno a quel percorso. Il 29 settembre ci sarà la prossima assemblea a Roma: proprio in questa fase, in cui il governo sta iniziando il suo percorso sulla base di quel programma, è importante rilanciare la lotta. Non si può aspirare ad una riduzione del danno o al suo contenimento.
E la battaglia per il ritiro dell’Autonomia differenziata è legata a quella del rinnovo contrattuale. Il contratto deve essere salvaguardato a livello nazionale, impedendo ogni possibile integrazione regionale e quindi differenziazione di salari o carichi di lavoro, e anche per questo deve essere rinnovato subito. L’ultimo contratto è stato rinnovato con aumenti contenuti, con la promessa di veri aumenti in quello successivo. Le prime linee guida contrattuali unitarie della categoria e l’intesa del 23 aprile fanno, esplicitamente o di fatto, riferimento ad un aumento tabellare legato all’IPCA per il prossimo triennio. Altre categorie (dai metalmeccanici agli alimentaristi) nei mesi successivi hanno definito piattaforme ben più impegnative (che prevedono dai 150 ai 200 euro di aumento tabellare mensile). È necessario rompere prima possibile la gabbia salariale che ha bloccato il salario da oltre trent’anni, “valorizzando” gli stipendi tabellari di tutto il comparto dell’istruzione e della ricerca (non solo della scuola) e di tutte le professionalità (non solo i docenti), con aumenti per tutti e che non dividano ulteriormente lavoratori e lavoratrici, con qualsivoglia ulteriore selezione o differenziazione presuntamente meritocratica (le dichiarazioni del nuovo ministro non lasciano ben sperare). Anzi, proprio questo rinnovo contrattuale deve esser avviato subito, non solo per affrontare adeguatamente la questione salariale, ma per imporre parallelamente una revisione del 165/2001 e dei decreti Madia, che riconquistino una contrattazione reale sull’organizzazione e le condizioni di lavoro. Occorre quindi che il nuovo governo inserisca nella legge di bilancio non solo le risorse necessarie a tenere fede agli impegni dell’intesa del 23 aprile, ma quelle a garantire aumenti tabellari consistenti a tutto il pubblico impiego (oltre che una più generale stagione di grande investimento pubblico sullo stato sociale, l’istruzione, l’università e la ricerca). Altrimenti, insieme alla Funzione pubblica, deve esser costruita una mobilitazione e lo sciopero delle lavoratrici e lavoratori pubblici. Sarebbe infatti un errore per il sindacato firmare un ulteriore contratto povero e iniquo. Un errore che assesterebbe un colpo durissimo alla sua stessa credibilità nei luoghi di lavoro.
Da ultimo, ma non per importanza, è necessario che la FLC si impegni affinché il governo assuma urgentemente impegni precisi e concreti per risolvere la questione dei precari e prevedere una vera stabilizzazione: quest’anno scolastico è infatti partito con oltre 120mila posti vacanti, rendendo evidente come la piaga del precariato interessi ancora una parte rilevante della categoria. Per questo, oltre ed al di là l’istituzione di nuovi PAS senza barriere di ingresso per il precariato storico, è urgente provvedere un concorso straordinario che vada ben oltre le 50mila posizioni previste, almeno raddoppiandole.
Per questo, l’AG della FLC del 10 settembre affida alla segreteria nazionale il compito, sentite tutte le altre organizzazioni sindacali della categoria, di organizzare rapidamente in tutti i luoghi di lavoro (scuole, università, enti di ricerca, afam, ecc) una stagione di assemblee e successive riunioni di delegati/e, definendo con loro una vera e propria piattaforma per il rinnovo del CCNL, contro il precariato, contro ogni autonomia differenziata. Un’iniziativa necessaria ad accompagnare con la mobilitazione il confronto con il governo, a partire dalla partecipazione alle iniziative che si decideranno all’assemblea del 29 settembre, e se necessario, come probabile, arrivare entro l’autunno alla costruzione di uno sciopero generale.
In questo quadro, ritenendo importante da un punto di vista politico generale sostenere e intrecciare l’ampia mobilitazione internazionale di Friday for Future, come abbiamo fatto nel passato per simili movimenti politici internazionali come nonunadimeno, l’AG della FLC CGIL ritiene necessaria l’adesione politica della FLC alla mobilitazione del 27 settembre con l’indizione di uno sciopero generale del comparto dell’Istruzione e della Ricerca, oltre che impegnando l’organizzazione nel supporto concreto di questa iniziativa con assemblee e iniziative nei territori insieme ad esponenti dei coordinamenti e dei comitati di FFF, ovunque sia possibile.
Vincenzo Cimmino, Anna Della Ragione, Francesco Locantore, Luca Scacchi
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