E.Como. Dir. CGIL. Il rischio di navigare a vista…

Direttivo nazionale Cgil, 24 giugno 2019. Intervento di Eliana Como

Passatemi la battuta: sono abituata alle relazioni lunghe del segretario generale, ma oggi siamo andati oltre. Sarà perché sono 3 mesi che non facciamo un direttivo nazionale (e per me questo è un problema), ma a me pare che questo direttivo sia stato intasato, non soltanto di adempimenti organizzativi, ma soprattutto di questioni di merito, che invece secondo me avrebbero bisogno di un maggiore approfondimento di discussione tra di noi (tanto più che il presidente è costretto a tagliare più di 10 interventi).

Rispetto alla relazione, perdonatemi, ma a me sembra di non aver capito quale è la proposta che esce da questo direttivo. Non voglio dire che sia stata poco chiara, non è così ovviamente. Però, ho capito che dobbiamo fare tante cose, che ancora di più ne dobbiamo discutere, che abbiamo mille problemi, ma, alla fine, mi viene da dire: bene, e quindi? La dico di nuovo con una battuta, stavolta è davvero solo ironica: se oggi si dovesse votare, non avrei capito esattamente su cosa dovrei votare contro.

Sull’autonomia regionale, per esempio. Va bene, abbiamo dato un segnale più o meno forte a Reggio Calabria. Secondo me, lo avremmo dovuto dare ben più forte, non delegando alla sola categoria della conoscenza lo sciopero su questo tema. Tanto peggio, poi, che la categoria lo abbia revocato, cosa che io ritengo in generale sbagliata. Il punto, però, è che non capisco dall’introduzione quale è la nostra proposta sulla autonomia, tanto meno capisco quale possa essere una proposta unitaria, e soprattutto cosa facciamo di fronte alle intenzioni del governo. Nello sciopero che viene più o meno annunciato in autunno, il tema dell’autonomia c’è o no? Intendo: siamo contro l’autonomia differenziata, bene, ma cosa pensiamo di fare per impedirla?

Lo stesso sul salario minimo. A parte il fatto che è evidente che c’è una articolazione di posizioni anche all’interno della maggioranza (cosa che mi era già abbastanza chiara nella discussione che facemmo in commissione politica al Congresso). Mi convince una parte dell’analisi che il segretario ha fatto nella introduzione, soprattutto nel non demonizzare il salario minimo, per come è nell’attuale proposta, cioè comunque legato ai contratti nazionale. Ma al tempo stesso sottolineando il rischio che il governo con 9 euro non intenda  la paga minima oraria ma la retribuzione lorda complessiva (comprensiva di tutti gli istituti normalmente previsti dai contratti). Al tempo stesso, però, ammettiamo – giustamente – che in questi anni noi stessi abbiamo firmato contratti ben al di sotto dei 9 euro lordi che oggi propone il governo. O che alcuni contratti sono scaduti da così tanto tempo (la sanità privata, per esempio), che ci sono comunque finiti sotto. Aggiungo che abbiamo anche una serie di rinnovi aperti o che si apriranno nei prossimi mesi non proprio facili, a cominciare da quello dei metalmeccanici.

Allora, io condivido questa analisi, il punto è che, però, secondo me non basta poi dire che noi chiediamo la legge sulla rappresentanza. Sarà pure una parte del problema, ma un minuto dopo ci chiederanno per cosa la chiediamo: per essere noi i soli titolati a firmare contratti sotto i 9 euro? Piacciano o meno (e me non piacciono di sicuro), i 5stelle ci stanno attaccando, passando l’idea che noi siamo contrari a alzare i salari dei lavoratori e delle lavoratrici, perché non vogliamo perdere le nostre prerogative contrattuali. Sarà scorretto quanto vi pare, ma se non proponiamo una linea forte (più forte di quella che mi pare di aver capito oggi), rischiamo di subirla questa propaganda. Tanto più se Damiano (che comunque resta un ex dirigente della Cgil) va in televisione a dire che 1.500 euro lordi sono troppi. Davvero, questo non ci aiuta. Non sarà più della Cgil, ma qualcuno di voi che sicuramente è più in confidenza di me, glielo dica, per favore. Che eviti di dire queste cose, perché poi rischiano di tornarci contro a noi e ai nostri delegati nei posti di lavoro.

E non mi convince, tanto meno, che la risposta venga dalla nostra proposta sulla contrattazione inclusiva. L’unica cosa che mi convincerebbe sarebbe se noi ci dicessimo che da qui in avanti, prendiamo atto del fallimento della politica contrattuale di questi anni, a partire dai contratti poveri sotto i 9 euro, ma non meno dagli altri, soprattutto rifiutando il meccanismo dell’IPCA. Invece di farci dettare la politica salariale dalla propaganda della politica, dovremmo rilanciare noi una stagione rivendicativa di rinnovi contrattuali, non soltanto per difendere lo strumento in sé, ma finalmente per rispondere ai bisogni dei lavoratori e delle lavoratrici, a cominciare proprio dal salario.

Ma questo non lo facciamo di certo nel quadro della politica unitaria con Cisl Uil, sulla quale anche mi pare che si navighi a vista (che magari a volte sarà anche bello, evocativo e romantico navigare a vista, ma non per il più grande sindacato del paese, soprattutto in una fase difficile e con un governo simile). Ci diciamo “avanti tutta” con l’unità sindacale fino allo sciopero, ma continuando a portarci dietro tutte le contraddizioni, che prima o poi esploderanno o, peggio, imploderanno. E non parlo nemmeno di quelle più “folcloristiche”, come le bandiere SI Ponte della Cisl a Reggio o Barbagallo che vaneggia sullo sciopero virtuale. Le contraddizioni sono già a partire dall’autonomia regionale e dalla contrattazione, soprattutto in alcune categorie, sicuramente nella mia dei metalmeccanici. E anche sull’Europa sociale, di cui il segretario ha parlato nell’introduzione. Lo capisco, lo condivido, anche. Ma allora perché promuovere con Cisl Uil e Confidustria l’appello per le elezioni europee, in cui auspichiamo sviluppo, crescita e promozione del capitale umano invece che salario, diritti, pensioni e riduzione dell’orario di lavoro.

Peraltro non ho capito nemmeno, guardate, come si possa intrecciare il giusto richiamo alla nostra identità con questa corsa all’unità sindacale, costruita per me tutt’altro che dal basso, ma nei piani alti dei nostri palazzi e delle nostre burocrazie.

A proposito di identità, due ultime cose.

La prima. Riferendosi a altro, il segretario nell’introduzione ha detto che non parliamo con chi ci offende. Bene, sono d’accordo. Non parliamo nemmeno con chi ci querela, allora. E tanto meno con chi chiude i porti ai migranti e manganella gli operai. Ovviamente siamo disponibili a incontrare il governo, nel suo ruolo istituzionale. Ma dovremmo dire con altrettanta chiarezza che non siamo disponibili a incontrare Salvini in quanto tale, a uso e consumo della sua becera propaganda.

La seconda. Accolgo l’invito che ha fatto il segretario nell’introduzione a non discutere oggi di GPA (gravidanza per altre/i… vi prego, chiamamola così, perché altri termini sono già a una presa di posizione). Ben venga di discuterne in un appuntamento dedicato. Mi auguro che, per quanto complicato, riusciremo a farlo in modo rigoroso ma al tempo stesso pacato e soprattutto con il rispetto di tutte e tutti, a partire dal rispetto della autodeterminazione delle donne, su cui per me non possiamo fare passi indietro rispetto alla nostra storia. Proprio perché è un tema complicato e sensibile ed è sicuro che ci sono posizioni diverse anche tra di noi, dobbiamo provare ad affrontarlo così, con l’ascolto e con il confronto, escludendo, vi prego, contrapposizioni a prescindere e i toni apocalittici che normalmente utilizza la destra. Altrimenti, lasciamo perdere, anche perché, di fronte a un diritto soggettivo non ce la caveremmo nemmeno con un richiamo alla coscienza individuale, come è stato detto.

E a proposito, non dimentichiamoci mai che nemmeno la laicità della nostra organizzazione è un fatto di coscienza personale o di scelta individuale. La Cgil è laica per statuto. Da questo punto di vista, a me non è piaciuto l’episodio della visita dal Papa. Posso capire che, se il Papa ti convoca ci vai a parlare (tanto più se ha convocato la Cgil e rifiutato l’udienza a Salvini). Però francamente avrei preferito un approccio più critico e meno agiografico, tanto più che l’incontro si è tenuto pochi giorni dopo l’ennesima dichiarazione anti-abortista del Papa, che ha ricordato che la vita è sacra e di Dio dal primo istante del concepimento nel grembo materno fino all’ultimo respiro nell’infermità e nella malattia. Due mesi fa siamo stati – giustamente – in piazza a Verona contro il World Family Congress e senza colpo ferire un attimo dopo santifichiamo il Papa!

Ultima cosa e chiudo. Come ho detto, a me va bene che si prenda l’impegno a confrontarsi anche su questi temi, come sulla GPA, con i movimenti e la società civile. Anzi, per me è giustissimo e dovremmo farlo sempre. E infatti chiedo di farlo anche con il movimento di NUDM, perché, Maurizio, altre femministe ti hanno scritto dopo l’8 marzo, in occasione della tua intervista a Rossana Rossanda, chiedendoti un confronto sul tema dello sciopero delle donne. A differenza di altre, lo hanno fatto nel reciproco rispetto e senza insultare nessuno. A loro però non hai nemmeno risposto. Mi auguro che tu lo faccia e che si apra una discussione serena e di merito anche su questo.

 

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