Requiem per i migranti dei lavoratori e delle lavoratrici dei Lirici

Mediterraneo Requiem, il 24 giugno a Roma

Secondo l’UNHCR dal 2015 a maggio di quest’anno sono morti o dispersi nel mar Mediterraneo 14.685 migranti. Uomini, donne, bambini. La maggior parte dei loro corpi non riesce nemmeno a essere recuperata e resta lì, nel nostro mare ridotto a un cimitero. Molti altri non arrivano nemmeno alla frontiera del mare, fermati prima, dal deserto o nelle carceri della Libia.

Di fronte a questo sterminio, fallimento di una Europa incapace di fermare gli scafisti e di accogliere attraverso canali umanitari adeguati, non bastano tutti i Requiem composti dal Rinascimento a oggi. E i lavoratori e le lavoratrici del Comitato nazionale delle Fondazioni Liriche lo sanno benissimo, purtroppo. Ma hanno deciso di fare comunque quello che possono e che sanno fare meglio: cantare. Per restituire ai quei corpi un po’ della dignità che è stata loro negata, in vita e in morte, intonando per loro il requiem che non hanno mai avuto. Non c’è intento religioso, ovviamente, ma civile. Un modo per raccogliere fondi e per non restare in silenzio, da parte di chi della propria voce ha potuto fare uno strumento di lavoro. È un requiem particolare, quello di Fauré (in re minore op. 48), senza contrasti, senza violenza, senza Dies Irae. Un requiem intimo dove prevale un sentimento di malinconia, quasi rassegnazione, abbandono a un desiderio di silenzio.

E’ stato già fatto a Torino e a Verona. Il 24 giugno, l’iniziativa si ripeterà a Roma, nella chiesta di Sant’Ignazio da Loyola. Parteciperanno cantanti da tutta Italia, tutti a titolo gratuito, con il sostegno di Slc CGIL, USB, Fistel CISL Lazio, Ecor Natura sì, Scuola Facilitatori, l’autofinanziamento dei lavoratori e delle lavoratrici dei teatri e donazioni di cooperative, associazioni e singoli cittadini gli artist. L’ingresso è libero e i fondi raccolti saranno devoluti a Emergency.

L’iniziativa è partita da quelle tante lavoratrici e lavoratori dei teatri lirici, che reclamano la funzione civile, sociale e culturale dei teatri, in controtendenza con l’attuale spinta privatistica. Li sosteniamo, ora che cantano per i migranti morti nel Mediterraneo, così come nelle loro vertenze per il giusto riconoscimento del loro lavoro, i loro diritti e contro il lavoro gratuito, vera e propria piaga di questo settore.

È anche un modo per ricordare che, come i Camalli di Genova, c’è una parte del mondo del lavoro in Italia che non si rassegna alla barbarie e alla guerra tra poveri. Senza una mobilitazione collettiva e radicale non basta, lo sappiamo benissimo noi e altrettanto bene loro. Ma si insegnasse la bellezza, forse questo sarebbe comunque un paese migliore…

Eliana Como (portavoce nazionale #RiconquistiamoTutto!)

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