Cd FLC. L.Scacchi: siamo ad un bivio, l’intesa è sbagliata, scioperiamo!
Intervento di Luca Scacchi al Direttivo nazionale FLC, Roma 3 maggio 2019
Qui potete sentire l’audio (su youtube) dell’intervento.
[In corsivo, fra parentesi quadre, alcune riflessioni presenti nello schema dell’intervento e poi tagliate per ragioni di tempo (solo cinque i minuti a disposizione, per permettere di intervenire al maggior numero possibile di compagni e compagne). Concetti in linea generale comunque espressi il giorno precedente, alla riunione dei segretari regionali e metropolitani della FLC, a cui come siamo invitati come area programmatica congressuale].
Compagne e compagni,
io credo che noi oggi siamo ad un bivio. Nel senso che non dobbiamo semplicemente valutare un’intesa, ma dobbiamo compiere una scelta e questa scelta peserà sullo sviluppo della categoria e dell’organizzazione nei prossimi mesi e, mi auguro, non nei prossimi anni. Siamo ad un bivio. E siamo ad un bivio in mezzo a un bosco. Un bivio vicino alle ultime settimane di maggio, ad una lunga pausa estiva, in cui come tutti sanno i nostri luoghi di lavoro saranno impossibilitati per tre mesi a costruire alcun confronto ed alcuna mobilitazione con i lavoratori e le lavoratrici. Ci rivedremo in autunno. E quindi siamo ad un bivio senza avere chiara prospettiva e possibilità di incidere sulla dinamica dei prossimi mesi. Le scelte che prendiamo oggi le prendiamo in parte al buio. E io credo questo sia grave e pericoloso. Perché appunto io credo che prenderemo delle scelte che incideranno nella coscienza e nei livelli di consapevolezza della nostra categoria, ma io credo di larga parte del mondo del lavoro di questo paese.
[Perché le scelte di oggi sull’intesa e soprattutto sullo sciopero del 17 maggio segnano la risposta complessiva del sindacato, e quindi dell’insieme del mondo del lavoro, rispetto al processo di regionalizzazione e le sue conseguenze. Perché la mobilitazione della nostra categoria, lo sciopero del 17 maggio, è stato sino ad oggi l’unica grande mobilitazione del mondo sindacale contro la regionalizzazione.
Proprio oggi, proprio con questo bivio, emergono allora con nettezza i due limiti principali con cui abbiamo iniziato questa mobilitazione, che già abbiamo sottolineato all’AG del 3 aprile scorso: da una parte l’isolamento (la mancanza di una simile mobilitazione delle altre categorie, in particolare i pubblici ed i trasporti coinvolti da questo processo, come della confederazione), dall’altra la confusione della piattaforma e dei suoi percorsi. Confusione, perché come già altri hanno detto prima di me da questo palco, abbiamo costruito sin da febbraio un quadro vertenziale articolato (rinnovo contrattuale, precariato e regionalizzazione), in cui non era chiaro asse e priorità; e questa piattaforma articolata è stata poi condotta attraverso schieramenti molteplici (da una parte il fronte confederale di categoria, poi allargato a SNALS e GILDA; dall’altra il tavolo ampio di sindacati e associazioni, dalla CISL ai Cobas, dagli studenti ai comitati in difesa della costituzione).]
Sull’intesa, molti interventi che qui mi hanno preceduto hanno sottolineato la positività della parte contrattuale ed in particolare della parte salariale. Io non sono d’accordo. Non solo, e non tanto mi viene da dire, perché stiamo parlando solo di promesse, parole che saranno verificabili e verificate solo in autunno. Non sono d’accordo perché quello che portiamo a casa [come promessa] è il 4,1%, cioè l’indice IPCA. L’ha detto anche Francesco [segretario generale FLC] nella sua relazione. Cioè non portiamo a casa neanche esattamente la difesa del potere d’acquisto dei nostri stipendi: è infatti la difesa del potere d’acquisto MENO il prezzo dell’energia e della benzina. E quanto pesa esattamente il costo di energia e benzina lo vediamo e lo vedremo ai distributori adesso e nei prossimi mesi estivi. Noi non difenderemo il potere d’acquisto, difenderemo qualcosa di meno. E proprio questa gabbia della difesa del potere d’acquisto e dell’indice IPCA è quella gabbia che sta in questi anni su tutta la contrattazione nazionale. E io credo che invece uno dei compiti che ci si doveva dare all’interno di questo percorso contrattuale è esattamente quello di rompere quella gabbia. Non solo. Come hanno detto altri compagni e compagne prima di me, ci sono altri problemi in questa intesa, a partire dalla centralizzazione sulla scuola e le evidenti sofferenze degli altri settori, di università e ricerca.
Il punto centrale, però, è l’autonomia differenziata. Quelle frasi, quelle parole, quegli elementi contenuti al riguardo nell’Intesa sono contenute anche esattamente nelle stesse Intese sull’autonomia rafforzata, strette dal Governo con le Regioni, pubblicate da alcuni mesi su diversi siti e diversi giornali. Non arrivano ad esser né un argine né un limite al processo concreto di regionalizzazione che è in corso nel nostro paese. Guardate, io vengo da una regione dove la regionalizzazione c’è: la Valle d’Aosta. C’è, in virtù dello Statuto autonomo e della sua storia. Ed è una regionalizzazione che si gioca su due elementi non toccati, neanche minimamente, da questa intesa tra noi e il governo: gli organici e la possibilità di gestione di fondi ulteriori. Perché organici e fondi aggiuntivi daranno la possibilità di costruire contratti di secondo livello in cui si differenzia, ad esempio, il rapporto tra studenti e insegnanti nelle scuole; o daranno la possibilità di erogare salari differenti sulla base di compiti aggiuntivi, per esempio 80 ore annue di flessibilità per recuperi, supplenze ed impegni aggiuntivi oltre le 40+40, ogni giorno dalle 8 alle 19 (per capirsi, è questo nella sostanza il contratto oggi del Trentino e che potrebbe domani esser esteso in qualunque altra Regione con le intese stando dentro i principi enunciati dalla nostra intesa con il governo). Noi qui non costruiamo nessuna barriera, nessun limite [alla differenziazione dei servizi e dei diritti universali nel nostro paese].
[Così, in un’intesa di sole promesse, con quest’impianto salariale e senza nessun argine concreto alla regionalizzazione, in tutta la dinamica di questa trattativa e di questa intesa, nei suoi tempi e nelle svolte improvvise, io credo anche che la CISL conquisti oggi sul campo quel ruolo di guida della categoria che sinora aveva registrato solo alle ultime elezioni RSU. Un ruolo guida che credo pagheremo a caro prezzo nel futuro.]
Però l’elemento fondamentale del bivio che abbiamo di fronte è un’altro: oggi sulla base di quell’intesa noi ritiriamo lo sciopero. Guardate, Francesco [segretario generale FLC] nella sua relazione ha detto “no, ma noi proprio oggi, davanti a quest’intesa, intensificheremo la mobilitazione e la lotta”. Ecco, io credo che proprio davanti ad un bivio, proprio quando c’è un bosco, come gruppo dirigente bisogna esser chiari tra di noi. Non possiamo intensificare la lotta sull’autonomia nel momento in cui si revoca uno sciopero, a metà maggio, e tre/quattro settimane dopo chiudono le scuole e le università per la pausa estiva. Si svuota anche di ogni contenuto e possibilità concreta la proposta di lanciare occupazioni di Atenei e istituti [avanzata in qualche precedente intervento]. Noi oggi diamo a questo governo la possibilità di dire “con l’unica forza sociale che contro questa autonomia si stava muovendo e stava dichiarando sciopero, abbiamo raggiunto un accordo” [e quindi cancellato questa mobilitazione]. Esattamente prima di quelle elezioni europee in cui Salvini conquisterà una larga percentuale di voti ed indirizzerà poi, conseguentemente, il governo futuro.
Davanti a questa dinamica io credo che allora noi compiamo una scelta pesante, perché noi così diamo un sostanziale via libera, una sostanziale spinta in avanti, a quel processo di autonomia differenziata e regionalizzazione [contro cui volevamo opporci]. Un processo che non saremo poi più in grado di contrastare, perché noi per tre mesi non saremo nemmeno più nei luoghi di lavoro e quindi nelle piazze. Avremo la possibilità poi di recuperare qualcosa in autunno, forse, e con molta difficoltà.
E allora io credo, e concludo, che noi questa intesa dobbiamo respingerla. Perché noi siamo andati a dire, lo ha ricordato Massimiliano [segretario FLC di Torino] nell’intervento appena concluso, che bisognava difendere l’unità del sistema formativo, del lavoro e dei diritti universali. Davanti ai contenuti concreti di questa intesa, allora, io credo che non ci possiamo permettere di revocare oggi lo sciopero del 17 maggio. E che su questo sia necessario tenere la posizione.
[Perché altrimenti si produce una rottura. Non solo e non tanto nella nostra organizzazione (su cui comunque sono un segnale le diverse prese di posizione, anche molto nette, di alcuni territori). Quanto nella categoria, tra i lavoratori e le lavoratrici. Io ricordo la Fornero. Io ricordo quello sciopero e anche le assemblee prima e dopo di allora. Non solo non ci fu grande partecipazione a quello sciopero. Non c’era neanche un particolare clima di mobilitazione, di rabbia o anche solo di attenzione. La Fornero fu vissuta allora con molta rassegnazione tra lavoratori e lavoratrici, come un destino ineluttabile a fronte di un governo d’emergenza che aveva un consenso nel paese. Questo sentimento diffuso non è però una scusante per noi, per la nostra scelta e la nostra responsabilità di allora. Un sindacato dei lavoratori e delle lavoratrici, un sindacato generale, deve saper guardare oltre la coscienza e l’attivazione di massa di quel momento, deve saper dare l’allarme, deve saper tracciare la strada. Ed infatti lavoratori e lavoratrici, negli anni successivi, ci imputarono esattamente questa mancanza, questa responsabilità: non averli avvertiti, non averli stimolati, non aver innescato un sufficiente contrasto verso quella controriforma delle pensioni. Ecco, io penso che oggi siamo davanti ad un passaggio simile per la nostra categoria. So che non c’è particolare attenzione ed attivazione oggi nelle scuole e nelle università contro la regionalizzazione. Ma revocare oggi questo sciopero, dare oggi questo segnale sull’autonomia differenziata, ci sarà imputato domani come una responsabilità cruciale da quei lavoratori e da quelle lavoratrici che si troveranno costrette ad affrontare quel processo. Questo è oggi il bivio, ed il bosco, che abbiamo di fronte.]
Grazie.
Luca Scacchi
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