17 maggio: uno sciopero contro la regionalizzazione dei diritti e dei servizi universali.
Documento del Coordinamento nazionale di #Riconquistiamotutto nella FLC, Firenze 13 aprile 2019
Tutti/e in piazza il 17 maggio 2019: per sviluppare un movimento di massa, a partire dall’istruzione e dalla ricerca, in grado di bloccare la frammentazione dei sistemi di welfare, conquistare aumenti uguali per tutti/e e difendere i contratti nazionali.
Il coordinamento nazionale dell’area programmatica congressuale Riconquistiamotutto nella FLC – CGIL, riunito a Firenze il 13 aprile 2019, ritiene fondamentale il massimo impegno per la riuscita dello sciopero generale dell’istruzione e della ricerca del prossimo 17 maggio 2019.
Questa giornata di lotta è stata convocata da un ampio fronte (non solo le categorie di CGIL CISL e UIL, non solo Snals-Confsal e Gilda-FGU, ma anche Cobas e Unicobas) ed è sostenuta da un altrettanto ampio insieme di movimenti e associazioni (“Per la scuola della Repubblica”, ACLI, AIMC, ANDDL, ASSUR, CIDI, MCE, UCIIM, IRASE, IRSEF IRFED, Proteo Fare Sapere, Associazione Docenti Art. 33, CESP, Associazione “Unicorno-l’AltrascuolA”, “Appello per la scuola pubblica”, Autoconvocati della Scuola, Gruppo No Invalsi, Link, Lip scuola, Manifesto dei 500, Rete degli studenti medi, Rete della conoscenza, Unione degli Studenti, Uds, Udu). Un percorso unitario e inclusivo, che ha intrecciato l’azione delle organizzazioni sindacali con l’iniziativa di comitati e coordinamenti, in grado quindi di coinvolgere non solo l’insieme dei lavoratori e delle lavoratrici della conoscenza, ma anche il mondo del lavoro e la società nel suo complesso.
Questo percorso si è sviluppato a partire da un appello unitario contro la regionalizzazione dell’istruzione. Questo sciopero, infatti, deve esser focalizzato proprio contro il processo di autonomie rafforzate avviato non solo da Lombardia e Veneto (governate dal centrodestra), ma anche dall’Emilia-Romagna (governata dal centrosinistra). Un processo che si propone di differenziare finanziamenti, organici e programmi, strutture e condizioni di lavoro, lo stato giuridico come i contratti di docenti e personale tecnico amministrativo (nella scuola, nelle università, nella ricerca, nella formazione professionale ed in quella artistica). Un processo quindi che mette profondamente in discussione l’omogeneità dei percorsi didattici e quindi dei relativi titoli, l’equa distribuzione delle risorse e le stesse condizioni per il loro utilizzo. Un processo che mette quindi profondamente in discussione l’eguaglianza dei diritti e l’universalità dei servizi pubblici.
Questa differenziazione di diritti e servizi non può esser arginata da LEA e LEP (livelli essenziali di assistenza e prestazione). Questi strumenti sono stati introdotti con la riforma del Titolo V della Costituzione nel 2001 e le leggi conseguenti (articoli 117 e 119, Legge 42/2009 di attuazione del nuovo art 119). Sostanziano cioè l’impianto neoliberista di queste controriforme. Da una parte, infatti, definiscono solo uno standard essenziale dei servizi pubblici da erogare (sanità, trasporti locali, assistenza sociale ed istruzione), schiacciando i diritti sociali ad un loro livello minimale. Dall’altra, soprattutto, inscrivono e subordinano questi stessi diritti sociali in una logica di pura efficienza economica, sulla base della definizione di un costo e un fabbisogno standard (come indicato dalla Scuola Nazionale dell’Amministrazione della Presidenza del Consiglio).
Questa differenziazione di diritti e servizi determina nel contempo lo smantellamento di fatto del contratto nazionale. Differenziando tra le Regioni i fondi, gli organici, gli orari, l’organizzazione del lavoro e i salari, si riduce il CCNL ad uno scheletro essenziale di semplice adeguamento degli stipendi minimi all’inflazione e definizione di alcune norme essenziali sul rapporto di lavoro. Avviando così un processo di disarticolazione territoriale che inevitabilmente si allargherebbe a macchia d’olio anche ai settori privati. Questa differenziazione rischia poi, per l’ennesima volta, di colpire i precari e le loro speranze di stabilizzazione: da una parte regionalizzando gli organici (cioè restringendo e irrigidendo i percorsi di assunzione e mobilità), dall’altra aumentando carichi di lavoro ed orari del personale giù in ruolo (come è avvenuto nelle provincie di Trento e Bolzano).
Questa regionalizzazione per di più non si limita all’istruzione e la ricerca, ma da subito prevede ed estende simili differenziazioni territoriali anche per altri servizi universali (dalla sanità ai trasporti). Questo sciopero e questa mobilitazione interessa allora non solo il mondo della conoscenza (la scuola e l’università, i docenti, gli studenti, il personale assistenziale, tecnico amministrativo e le famiglie), ma tutti i lavoratori e tutte le lavoratrici, tutta la popolazione. Questo progetto di regionalizzazione frammenta infatti diritti e servizi, dividendo i lavoratori e le lavoratrici di questo paese, abbassando il costo del lavoro ed il salario sociale di tutti e di tutte. Questo sciopero e questa mobilitazione, allora, sono e devono esser di tutti/e: in primo luogo di ogni sindacato che si pensa generale, di ogni confederazione che intende difendere il lavoro nel suo complesso. Per questo deve coinvolgere, nella sua costruzione e nel suo sviluppo, non solo il mondo della scuola, ma anche la CGIL e tutte le sue categorie.
Questo sciopero arriva comunque tardi, praticamente in conclusione dell’anno scolastico, a mesi di distanza dalla sottoscrizione delle proposte di intesa tra governo e Giunte regionali. Dopo un lungo periodo di incertezze e ambiguità, dopo molte assemblee in cui non era ancora chiara né la piattaforma né tantomeno la sua effettiva data di svolgimento.
Per questo riteniamo fondamentale che questo sciopero sia preparato e costruito in tutti i territori, in tutti i posti di lavoro, in tutti i settori della conoscenza. Per questo chiediamo che la FLC e tutta CGIL organizzino assemblee in tutte le scuole, in tutte le università, gli AFAM, i centri di ricerca. Distribuendo materiali specifici, coinvolgendo e sensibilizzando i cittadini in ogni territorio. L’unità realizzata deve essere concretizzata in ogni realtà, sviluppando e rafforzando il suo percorso. E questa battaglia contro la regionalizzazione deve esser condotta, con la stessa forza e la stessa determinazione, in ogni settore ed in ogni territorio. Per questo riteniamo fondamentale che assemblee ed iniziative siano sviluppate anche nell’università e nella ricerca, possibilmente con la stessa ampia unità della scuola. Cercando, in tutti i settori, di coinvolgere le decine di migliaia di precari che negli ultimi mesi hanno visto l’azzeramento delle loro speranze di stabilizzazione per le proposte senza capo né coda del ministro Bussetti e del governo. Pensiamo poi che la FLC non debba entrare in nessun modo nella discussione, in cui governo e forze politiche vorrebbero trascinarla, su quale autonomia differenziata possa essere migliore. Questa è una trappola nella quale non possiamo cadere. Riteniamo cioè sbagliata ogni ambiguità od interlocuzione, ogni iniziativa in cui sin dal titolo sia lasciata aperta l’alternativa tra “secessione per ricchi” o possibili “opportunità”, ogni confronto (magari con esponenti dell’amministrazione regionale) su quali possano esser le “richieste” più opportune per quel territorio (come ad esempio in Toscana lo scorso 11 aprile). Per questo riteniamo poi necessario che la regionalizzazione sia al centro di tutti i materiali prodotti dalla FLC per lo sciopero del 17 maggio (non come in recenti video, in cui non è neanche menzionata).
Noi sappiamo, tutti lo sanno, che la mobilitazione unita dei lavoratori, delle lavoratrici e delle loro organizzazioni, lo sviluppo di un grande movimento di massa, può ottenere la fine dei processi di regionalizzazione: la salvaguardia dell’istruzione pubblica e di tutti i servizi sociali, come dei contratti nazionali. Per questo, però, questo sciopero e questa mobilitazione deve crescere fin da subito, nei settori della conoscenza e oltre. Per questo, però, a fronte di una spinta strutturale alla regionalizzazione (anche di alcuni apparati produttivi territoriali e delle Confindustrie locali) e del possibile risultato delle prossime imminenti elezioni, la mobilitazione dovrà proseguire anche dopo il 17 maggio. Bisognerà continuare e riprendere la lotta in autunno, fino al successo completo: il ritiro di tutti i piani di regionalizzazione, la riconferma del carattere pubblico e universale dell’istruzione e della ricerca (con l’abrogazione ed il definitivo superamento della Legge 107), la riconquista di un contratto nazionale di lavoro in grado di garantire consistenti aumenti salariali uguali per tutti/e (che cioè riconquisti sostanzialmente quanto perso nel decennio passato, senza limitarsi all’automatica difesa di una parte del potere d’acquisto -IPCA- o differenziando i salari nella sua parte variabile, per merito e professionalità). Per questo ci impegneremo sino in fondo, con tutte le nostre forze.
Riconquistiamotutto nella FLC
Firenze, 13 aprile 2019
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