8 dicembre a Torino. NOTAV
Piazza Statuto, Torino, ore 14
Eravamo, siamo e saremo CON CHI RESISTE!
Aderiamo alla mobilitazione indetta dal movimento No Tav per sabato 8 dicembre a Torino in sostegno delle ragioni dei cittadini della Val di Susa e di tutti i territori italiani interessati da grandi opere inutili, devastanti per l’ambiente e dissipatorie di risorse pubbliche. Le bufale da bassa propaganda in sostegno della Tav e la manifestazione di piazza promossa lo scorso 10 Novembre a nome del grande capitale da Mino Giachino (berlusconiano doc già presidente dei club “Forza Silvio”), prima nella storia in cui la Digos dichiara un numero di manifestanti superiore agli organizzatori, merita una risposta di massa.
Come ben documentato da Luca Rastello su Repubblica, non esiste nessuna nuova via della seta da Lisbona a Kiev. Il Portogallo ha rinunciato, in Slovenia non esiste neanche sulla carta, Ungheria ed Ucraina non sanno nemmeno cosa sia il Corridoio 5 e una linea ferroviaria ad alta capacità/velocità non è prevista in modo compiuto neppure in Lombardia e Veneto.
I traffici merci su rotaia attraverso il Frejus (ché di persone non si parla più da vent’anni) si sono ridotti del 71% dal ’97 a oggi a scapito di quelli nella direzione Italia-Svizzera che hanno continuato a crescere: del 43% nel solo periodo 1997-2007. Se il traffico è in costante diminuzione e agevolmente assorbito dalla linea storica con le pendenze che la caratterizzano a che serve un intervento modificativo che comporta rischi ambientali enormi e una spesa complessiva che come stabilito dalla Corte dei conti francese nel 2012 ammonta alla esorbitante cifra di 26 miliardi di euro?
Gli effetti dello scavo di un tunnel di 57 chilometri in una montagna a forte presenza di amianto e uranio con un cantiere ventennale che produrrà un inquinamento certo, a fronte di un recupero successivo del tutto incerto così come gli ingenti consumi energetici per il sistema di raffreddamento del tunnel la cui temperatura interna sarà superiore a 50 gradi stanno lì a dimostrare che questa è un’opera tutt’altro che a tutela dell’ambiente. Se davvero si volesse realizzare uno spostamento consistente del traffico dalla gomma alla rotaia la strada maestra sarebbe quella (sperimentata con successo e a costo pubblico zero in Svizzera) di disincentivare il traffico stradale e di prevedere tariffe agevolate per quello ferroviario. La soluzione è semplice e poco costosa, ma va in direzione opposta alle politiche adottate, nel nostro Paese, da tutti i Governi (di ogni colore) succedutisi negli ultimi decenni.
Dal punto di vista della creazione di occupazione poi, l’esperienza dimostra in modo inoppugnabile che un piano di messa in sicurezza del territorio è molto più utile (superfluo ricordarlo nell’Italia dei crolli, delle frane e delle esondazioni) e assai più efficace in termini di creazione di posti di lavoro di qualunque infrastruttura ciclopica. Le grandi opere sono infatti investimenti ad alta intensità di capitale e a bassa intensità di mano d’opera (con pochi posti di lavoro per miliardo investito e per un tempo limitato) mentre gli interventi diffusi di riqualificazione del territorio e di aumento dell’efficienza energetica producono un’alta intensità di manodopera a fronte di una relativamente bassa intensità di capitale (con creazione di più posti di lavoro per miliardo investito e per durata indeterminata). Sia sul versante dell’utilità sociale che su quello della crescita occupazionale, dunque, la nuova linea ferroviaria Torino-Lione è tutt’altro che l’affare evocato dai proponenti e dai loro sponsor politici. Che dire infine del fatto che del tunnel transfrontaliero non è stato scavato ancora nemmeno un centimetro (tant’è che ad oggi non sono stati banditi né tanto meno aggiudicati appalti per opere relative alla costruzione del tunnel di base)? E del fatto che, a differenza delle bufale di questi giorni, non esiste nemmeno alcuna penale da dover pagare in caso di annullamento dell’opera? Gli accordi bilaterali tra Francia e Italia infatti non prevedono nessuna clausola che accolli a una delle parti, in caso di recesso, compensazioni per lavori fatti dall’altra parte sul proprio territorio. La rinuncia di una delle parti implica solo il mancato versamento da parte dell’Europa dei contributi previsti.
A fronte di tutto questo un’opera come la Tav, totalmente inutile se non agli interessi e ai profitti di potenti gruppi finanziari privati, deve vedere la ferma opposizione da parte della nostra organizzazione sindacale. Ci schieriamo con nettezza contro fronti politici (mascherati da “iniziativa civica”) come quello Si Tav, in cui prevale l’egemonia e la mobilitazione di forze d’impresa, reazionarie, di destra, che vedono nelle cosiddette “grandi opere” l’occasione di speculazione e appropriazione di risorse pubbliche, nonché la conferma di un modello di sviluppo malato che non produce occupazione ma solo profitti e infiltrazioni criminali.
Sabato 8 dicembre saremo tutti in piazza a Torino per dire No alla Tav e a tutte le grandi opere inutili che stanno devastando il suolo ed il sottosuolo del nostro paese!
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