Precariato oggi in Poste Italiane

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Dentro un progetto generale di smantellamento del recapito di PosteItaliane – fatto di taglio dei posti di lavoro e degli uffici, aumento dei ritmi e dei carichi di lavoro, mancata manutenzione e insufficienza di mezzi e strumentazioni, consegna a giorni alterni, privatizzazione graduale e apertura del settore al libero mercato con licenze a ditte che sfruttano ancora peggio i lavoratori – non stupisce, e si rende sempre più evidente, il ruolo di leva che svolge la costante precarizzazione del lavoro nel settore.
Le premesse sono ovvie: il recapito deve essere il settore da esternalizzare e appaltare, oltre a dover essere quello da colpire per fare cassa.

A dare man forte a questo progetto è arrivato il JobsAct renziano, che permette la massima discrezionalità per i datori di lavoro nell’utilizzo del lavoro precario, per periodi sempre più prolungati nel tempo.
Il CTD (Contratto a Tempo Determinato o, come scritto da alcuni lavoratori Contratto Troppo Deludente), negli accordi sindacali e nella logica di gestione di un servizio essenziale e strategico come la corrispondenza, idealmente è una figura professionale per gestire e affrontare le sostituzioni, in gergo infatti viene definito personale di “scorta”. In poche parole i contratti a breve scadenza vengono giustificati con l’utilizzo di questi lavoratori per coprire assenze, ferie stagionali programmate, “lunghe” malattie, particolari e improvvisi picchi di lavoro.
Oggi invece, questi lavoratori, come denunciato praticamente da tutte le burocrazie sindacali (chi più e chi meno), vengono utilizzati per sopperire alle strutturali carenze di organico, per sostituire titolari di zona esodati e pensionati, per svolgere tutto il lavoro straordinario e per superare – grazie al ricatto del non rinnovo e di “pagellini” negativi ai responsabili del personale – i limiti orari e geografici consentiti per la flessibilità operativa (abbinamento).

Nei centri di distribuzione, così come nei centri meccanizzati di smistamento, i precari divengono sempre di più la colonna portante che garantisce la continuità del lavoro postale, svolgendo mansioni che dovrebbero essere affidate a lavoratori stabili.
Grazie alle maglie larghe del Jobs Act, interpretate in termini restrittivi dal management di PosteItaliane per garantirsi l’impossibilità dell’accesso allo strumento del ricorso (strumento che permise negli anni passati l’assunzione a tempo indeterminato di migliaia di lavoratori precari ingiustamente lasciati a casa e non stabilizzati), i precari vengono assunti con contratti brevissimi, in alcuni casi anche inferiori alla durata di un mese, per poi essere regolarmente rinnovati.

Nota importante: a nessun nuovo assunto è consentito aspirare a superare il limite massimo di 24 mesi di lavoro con PosteItaliane SPA.

In alcuni casi i conti non tornano, per cui può avvenire che utilizzando i 5 rinnovi a disposizione – prima che si renda possibile l’appello all’assunzione a tempo indeterminato – il lavoratore non abbia raggiunto i 24 mesi. Ecco allora che interviene un nuovo escamotage: il precario viene lasciato a casa per almeno 20 giorni e poi riassunto con una mansione differente, che spesso non corrisponde alla reale mansione svolta sul luogo di lavoro, per poter arrivare a consumare i suoi 24 mesi di lavoro presso l’azienda.

Già solo questo gioco di calcoli e limiti rende evidente la strumentalità delle condizioni di precarietà imposte a questi lavoratori. Così facendo non solo l’azienda garantisce a se stessa il blocco dello scatto dei livelli e l’esclusione del rischio di dover assumere a tempo indeterminato, ma si assicura una massa sempre più grande di lavoratori ricattabili e disposti a tutto pur di non veder messo in discussione il rinnovo del contratto, solitamente comunicato uno o due giorni prima della scadenza di quello in corso.

Ma tutto questo non basta, perchè andando ad indagare un pò meglio nelle condizioni di lavoro si scoprono nuove e più interessati manovre.
Nel settore della distribuzione, per esempio, i CTD non sono più utilizzati come scorte, se non in minima parte. Essi si trovano ad aver assegnate zone prive di titolare, tendenzialmente le peggiori, quelle definite “spazzatura” poichè vi vengono aggiunti pezzi di vie tolti ad altre zone o di zone eliminate, insostenibili per estensione e carico di lavoro.
Mancando le scorte, poi, sono proprio i precari quelli a cui vengono imposte vessazioni da caporalato. E’ così che vengono costretti a superare il limite di ore obbligatorie di abbinamento (14 ogni mese), alcuni sono costretti a fare abbinamento ogni giorno, al di fuori delle areole di riferimento, schizzando così da una parte all’altra della città; vengono spinti a uscire dal loro orario di lavoro per completare la zona e l’abbinamento senza che però vengano riconosciute le ore in più e senza la conseguente copertura in caso di infortuni o incidenti; vengono costretti sotto ricatto a svolgere ore di straordinario per sopperire alle mancanze di organico nelle mansioni di consegna dei pacchi, in particolare legati alla commessa di Amazon. Su quest’ultima, poi, l’azienda vuole mantenere standard di consegna dignitosi, spesso spingendo i lavoratori a falsare le consegne (le prime gite si sparano avvisate anche quando il postino non si è neppure lontanamente recato presso il portone di consegna) per poter vantare con l’amministrazione standard di consegna elevatissimi, e quest’ultima poter spendersi i dati gonfiati con i committenti. Se per caso il postino dovesse osare rientrare in ufficio, dichiarando di non esser riuscito, entro l’orario di lavoro, a consegnare qualche pacco amazon o qualche atto particolarmente lucroso, o anche solo una raccomandata, incapperebbe nelle peggiori flagellazioni, che per i precari si traduce, in fine dei conti, nel non-rinnovo. “Piuttosto sparala non consegnabile, non deve risultare non lavorata, ci pensiamo noi a ridartela domani”, in questo gioco di bluff chi è costretto ad assumersi le responsabilità e le conseguenze è il postino, sul cui palmare tutto viene registrato.
Non sono rari i casi in cui in busta paga le ore di straordinario e di flessibilità operativa spariscono, anche se concordati con la direzione; casi in cui i postini venivano fatti lavorare al sabato con l’indicazione di non timbrare l’entrata e l’uscita per poi poter segnare le ore che la direzione riteneva opportune; casi in cui i direttori invitavano “caldamente” i precari a non fare mutua (quasi fosse una colpa del lavoratore ammalarsi), a non dichiarare l’infortunio e, infine, casi in cui venivano negate le ferie quando venivano richieste salvo poi obbligare a “scaricarle” prima della scadenza del contratto, quando la dirigenza riteneva possibile e utile farli astenere dal lavoro.

Sull’abbinamento, poi, ci sarebbe da aprire una parentesi infinita. Così facendo, infatti, la flessibilità operativa da eccezione entro certi limiti diviene norma priva di qualsiasi regolamentazione, proprio perchè il personale che dovrebbe essere di scorta in realtà svolge lavorazioni standard e, in particolare nei periodi delle ferie estive e invernali, copre le assenze con un numero di ore di abbinamento senza limiti. Un notevole risparmio per l’azienda che invece di assumere il personale necessario spalma sui lavoratori precari tutte le carenze di personale con una formula che permette l’aumento dei ritmi e il non pagamento del lavoro straordinario, che viene così svolto entro l’orario di lavoro.

Inutile parlare del fatto che i precari raramente si vedono riconosciuta la fornitura delle divise e la sostituzione dei DPI logorati o danneggiati e che siano sempre loro quelli a cui vengono assegnati i mezzi e gli strumenti peggiori, malfunzionanti, incidentati o, spesso, pericolosamente privi di manutenzione.

In questo scenario, ad oggi, diviene quindi normale che per la lavorazione di una delle principali commesse ottenute da PosteItaliane, ossia quella della consegna dei pacchi Amazon sotto un certo peso, si proceda all’assunzione di solo personale a tempo determinato. La linea della consegna dei pacchi infatti, che trasforma il postino in un para-corriere in FiatPanda, è completamente affidata a personale sotto ricatto e precario, costretto ad un orario differente da quello dei loro colleghi, non tanto per le necessità di consegna quanto per evitare all’azienda di dover fornire i centri di recapito di ulteriori strumenti (palmare e stampanti) e di ulteriori mezzi – i portapacchi lavorano al pomeriggio, accavallando il loro orario di entrata a quello di uscita degli altri postini, costringendoli all’attesa della chiusura della lavorazione dei secondi per poter partire nella loro gita di consegna -.

UN TIMIDO ABBOZZO DI MOBILITAZIONE DEI PRECARI

Di fronte a tutto ciò, in controtendenza generale, si è generato un particolare subbuglio tra i CTD di PosteItaliane che hanno cominciato a sperimentare prime forme di condivisione delle proprie esperienze, con la finalità di denunciare le condizioni che gli vengono imposte.
In particolare questo processo è stato accompagnato da alcuni vertici locali dell’SLC-CGIL particolarmente sensibili a queste vicende e sicuramente interessati a strappare consensi al dominio della CISL che, tra le altre cose, strappava tessere e adesioni al sindacato che esprime anche la maggior parte dei direttori e dei quadri, sotto la falsa promessa di un più facile rinnovo. Ovviamente promesse regolarmente smentite e che nel tempo hanno perso credibilità.

Questo percorso, in particolare, è partito dalla Liguria e da alcuni precari particolarmente combattivi che, legandosi a doppio filo con il locale coordinamento dell’SLC-CGIL, hanno avviato una campagna di sensibilizzazione e denuncia dell’abuso dell’utilizzo dei contratti precari in Poste tramite una raccolta firme e la creazione di un gruppo facebook.
Da qui il percorso è staordinariamente avanzato, costringendo i vertici burocratici nazionali dell’SLC a cercare di essere conseguenti alle rivendicazioni dei giovani precari che non volevano più accettare certe vessazioni e ingiustizie.
Si sono così sviluppate assemblee locali dei precari promosse e patrocinate dal SLC in quasi tutti i territori. Queste assemblee hanno portato alla convocazione di presidi pomeridiani presso i consigli regionali e le prefetture, per poter portare alle istituzioni, e così ufficializzare, le proprie rivendicazioni:
una graduatoria per tutti i precari che hanno svolto servizio presso PosteItaliane per garantire una quota fissa di assunzioni a tempo indeterminato, con criteri oggettivi di valutazione per l’assegnazione dei punteggi;
La fine dei ricatti sul posto di lavoro e degli abusi con cui si costringevano i precari a ritmi sfiancanti e al superamento delle ore obbligatorie, con la trasformazione dello straordinario “volontario” in “obbligatorio per ricatto”, e all’allungamento dell’orario di lavoro senza paga;
il pagamento delle lavorazioni legate alla consegna delle Pagine Gialle, in sospeso da oltre un anno;
l’ottenimento del premio di produzione al pari di qualsiasi altro lavoratore a tempo indeterminato.

Questa piccola scintilla, con presidi nelle principali città italiane (Genova, Torino, Brescia, Napoli, Roma, Bologna, Milano etc.), ha spinto i vertici dell’SLC a coinvolgere gli altri sindacati in questa vicenda e a portare sul tavolo delle trattative per il rinnovo del CCNL dei postali la questione della graduatoria e della stabilizzazione del personale precario e part-time.

Dai precari però arrivavano, e arrivano tuttora, richieste e istanze di una maggior concretezza e di una minor timidezza nel porre la questione sul tavolo. Molti precari chiedono e spingono per lo sciopero, quasi tutti chiedono all’SLC la convocazione, per lo meno, di una iniziativa nazionale in un’unica data per fare presidi sotto le prefetture delle principali città italiane.
A queste richieste ovviamente la burocrazia dell’SLC al momento non da risposte, cercando di vendere come una conquista il fatto che il 10 e l’11 Ottobre l’azienda abbia accettato di “parlare” di questo problema. Peccato che quegli incontri nel frattempo siano saltati a data da destinarsi e ora inseriti entro il ricatto Riorganizzazione PCL – Firma Rinnovo CCNL – in poche parole l’azienda chiede di accettare tagli di zone e personale in cambio della graduatoria (a quel punto nettamente depotenziata) e del contratto collettivo scaduto da 5 anni.
Sarebbe inutile stare a perder tempo nel spiegare dettagliatamente gli atteggiamenti degli altri sindacati, con una CISL che invita a attendere le scelte dell’azienda, rinvigorendo questa presa di posizione con la scusa del recente cambio di vertice che ha visto l’arrivo di DelFante per sostituire l’ormai consumato Caio, non più utile ai governi del PD perchè si era inimacato lavoratori e utenti – grandi e piccoli – senza però esser riuscito a concludere la privatizzazione del colosso pubblico; e una UIL che a livello nazionale cerca di vivere di rendita sulla scelta di non aver firmato l’accordo conclusivo sulla riorganizzazione del recapito a giorni alterni nelle zone extraurbane, limitandosi a distribuire libretti ai precari in cui si “ricordano” al lavoratore i propri diritti, senza però aver mai messo in campo la prospettiva di una mobilitazione collettiva e la necessità della saldatura delle rivendicazione dei precari con quelle, per lo meno, dei lavoratori a tempo indeterminato.

L’SLC, forte delle piccole ma inaspettate mobilitazioni locali dei precari, è riuscito invece a strappare, ai tavoli di confronto, il riconoscimento, a partire dal 2017, del premio di produzione per i CTD che abbiano svolto almeno 6 mesi di lavoro, anche non continuativi, presso PosteItaliane, e l’allungamento del limite massimo di mesi di assunzione a 30, anziche 24.
A questo ha accompagnato la promessa di un presidio coordinato a livello nazionale sulla rivendicazione della graduatoria, cercando però di dilatare nel tempo la mobilitazione che stava crescendo, consapevole del fatto che il continuo e rapido ricambio dei precari potrebbe facilmente far spegnere la debole fiammella e far calare nuovamente il buio della rassegnazione e della paura.

LA NECESSITA’ DI UNA MOBILITAZIONE UNITARIA E DI SETTORE

A fronte di tutto questa lunga analisi, oggi, si rende necessaria una valutazione di classe, incondizionatamente dalla parte dei lavoratori e delle lavoratrici di Poste Italiane e in generale del settore delle Telecomunicazioni, e a livello politico del sostegno al ritorno del totale controllo pubblico su tutte le aziende già privatizzate (Telecom, Enel, Trasporti etc.).

E’ necessaria la costruzione e il radicamento di una lotta che punti ad invertire la tendenza generale e che unisca i diversi e spezzettati fronti di conflitto, dove questi già esistono, e per aprire nuove trincee anche laddove i lavoratori subiscono arrettramenti senza precedenti e in assenza anche solo di una minima strategia di difesa.

Deve essere chiaro ed evidente che le rivendicazioni dei precari in Poste Italiane, non sono e non possono essere scollegate dalle rivendicazioni e dalle necessità dei lavoratori a tempo indeterminato della stessa azienda e dai diritti dei cittadini rispetto ad un servizio postale efficiente, economico ed universale.
Allo stesso tempo deve esser chiaro che le rivendicazioni dei lavoratori e delle lavoratrici di Poste Italiane non possono essere slegate dalle rivendicazioni dei lavoratori delle ditte private di recapito e della logistica, di quelli delle cooperative e dei consorzi di cooperative che lavorano in appalto e subappalto in SDA come in tutte le ditte di corrieri (TNT, DHL, Bartolini, GLS etc).
Non solo, deve essere chiaro che tutte queste rivendicazioni e necessità vadano collegate alla prospettive di un progetto economico e sociale differente, completamente rovesciato rispetto alle direttrici imposte dalle borghesie nazionale e internazionali: privatizzazioni, precarizzazione, superamento dei CCNL in peggio, introduzione del cottimo, aumento dei carichi di lavoro per sempre meno dipendenti etc. Di conseguenza le lotte di tutte queste realtà devono essere collegate a quelle di tutte le aziende dei Servizi e delle Telecomunicazioni per rivendicare la proprietà interamente pubblica sotto il diretto controllo dei lavoratori e dei loro organi di autogoverno.

Per fare questo è necessario riportare tra i lavoratori e le lavoratrici un lavoro sindacale funzionale allo sviluppo della coscienza di classe e della forza che i lavoratori uniti tra loro possono avere.
E’ necessario sviluppare assemblee in tutti i luoghi di lavoro in cui spiegare la necessità di una lotta dura, continuativa e unitaria sulla base di piattaforme chiare e unificanti, rimettendo in piedi gli strumenti basilari della solidarietà di classe come le casse di resistenza e gli scioperi in solidarietà.

Per questo l’SLC-CGIL non può limitarsi a cercare di incanalare la rabbia dei precari di PosteItaliane nella delega a una burocrazia che vada a trattare le loro rivendicazioni con i vertici aziendali, ma deve incanalarla verso la lotta e verso il pieno sviluppo delle potenzialità unificanti che essa ha.
Le rivendicazioni che possono permettere questo devono mettere in discussione, però, anche il JobsAct e tutte le riforme del lavoro degli ultimi venti anni, le riforme del sistema pensionistico e il continuo innalzamento dell’età pensionabile, accompagnato dalla truffa dell’indebitamento per l’esodo anticipato.

COSTITUZIONE DI COMITATI DI PRECARI CHE ELEGGANO DELEGATI PER UN COORDINAMENTO NAZIONALE DEI PRECARI IN LOTTA, L’SLC SI FACCIA GARANTE DI QUESTO PERCORSO
GRADUATORIA IMMEDIATA PER LA STABILIZZAZIONE DEI CTD E LA COPERTURA DEL TURN OVER
STOP IMMEDIATO AI RICATTI NEI CONFRONTI DEI CTD, PIENO RICONOSCIMENTO DEI DIRITTI SANCITI DAGLI ACCORDI SINDACALI E DAL CCNL
UN PIANO DI MODERNIZZAZIONE DEI MEZZI E DELLE STRUMENTAZIONI E IMPLEMENTAZIONE DELLE SCORTE
RITORNO ALLA CONSEGNA A PIENO REGIME E ELIMINAZIONE DEL PROGETTO DELLA CONSEGNA A GIORNI ALTERNI ASSUMENDO IL PERSONALE STABILE NECESSARIO
BLOCCO DELLA PRIVATIZZAZIONE DI POSTE ITALIANE E DELLA LIBERALIZZAZIONE DEL RECAPITO, ASSIMILAZIONE IN POSTE DEI LAVORATORI, DEI MEZZI E DELLE STRUTTURE DELLE DITTE PRIVATE (NEXIVE, POST@, HIBRIPOST ETC.)
PER UNO SCIOPERO GENERALE DEI SETTORI DEI SERVIZI E DELLE TELECOMUNICAZIONI, PER IL RINNOVO DEI CCNL, PER MIGLIORI CONDIZIONI DI LAVOROE CONTRO LE PRIVATIZZAZIONI
CANCELLAZIONE DEL JOBS ACT E LOTTA SENZA QUARTIERE AL PRECARIATO

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