Modena. Conferenza di organizzazione
Comunicato sindacatoaltracosa Modena
Alla Conferenza di Organizzazione provinciale della Cgil di Modena è stato impedito ai componenti l’area “Il Sindacato è un’altra cosa” di presentare come Ordine del Giorno il testo già presentato al Direttivo Nazionale Cgil del 5 giugno scorso. Riteniamo questa scelta, non avvenuta in alcuna altra camera del lavoro in cui ad oggi si sia svolta la Conferenza di Organizzazione (non ultima ieri quella di Parma), un gesto di autoritarismo molto grave che dimostra ancora di più quale sia il vero scopo di questa conferenza. Ovvero dare una ennesima sterzata autoritaria, accentratrice e repressiva nei confronti di ogni forma di dissenso interno all’organizzazione. Un gesto che non trova nessuna giustificazione in nessun passaggio del regolamento della Conferenza stessa. Così facendo non solo si è impedito agli iscritti nei luoghi di lavoro di esprimere un loro parere in merito a quanto sta accadendo in Cgil ma nemmeno agli organismi dirigenti. Così come questa Conferenza di organizzazione viola lo statuto stesso della Cgil, ne viola persino il suo regolamento. Una ennesima pagina deplorevole del nostro sindacato è stata scritta. Non vi è bisogno di ulteriori commenti.
I compagni dell’area Il Sindacato è un’altra Cosa di Modena
Di seguito l’intervento alla Conferenza del nostro compagno Iozzoli
Modena 26/06/15 Intervento di Iozzoli ( Il sindacato è un’altra cosa) alla Conf. di Org.
Questa conferenza d’organizzazione si presenta come un’iniziativa sbagliata, controproducente, che evoca forti dubbi di legittimità – un passaggio di cui nessuno, al di fuori del ristretto gruppo dirigente confederale, sentiva davvero la necessità. Si utilizza uno strumento e uno spazio istituzionale dell’organizzazione, per proseguire lo scontro congressuale che ci siamo appena lasciati alle spalle, dando anche all’esterno l’idea di una specie di guerra permanente tra bande per il controllo della CGIL.
Infatti, anche se le motivazioni di questa convocazione fanno appello alla necessità di adeguare la struttura dell’organizzazione alla nuova fase storica, nel documento presentato dalla segreteria non si vede nessuna di queste “storiche” innovazioni. L’unico obiettivo che traspare è un obiettivo politico – la “normalizzazione” della vita interna della CGIL, con la definitiva neutralizzazione dell’unica categoria che ancora manifesta un certo grado di vitalità e autonomia . Nessuna seria riflessione circa la totale distanza esistente tra la CGIL e la società italiana, il mondo dei giovani, del precariato di massa; nessuno sforzo per allargare la base democratica di partecipazione alle decisioni in favore dei nostri iscritti. L’unica finalità politicamente leggibile di questa operazione è il completamento di quella che è stata la vera mission dell’era Camusso: neutralizzare e sterilizzare l’anomalia del sindacato metalmeccanico che pur, tra mille contraddizioni e limiti, sta cercando di non arrendersi, di non abdicare alla sua storia e al suo ruolo.
Susanna Camusso, in questi anni ha oscillato e sbandato su tutti i terreni più strategici; si parlasse di contrattazione, di gruppo Fiat, di pensioni, il gruppo dirigente della CGIL si è sempre mostrato debole o tentennante. L’unica linea su cui davvero Susanna Camusso ha tenuto la barra dritta è stata questa: eliminare il pluralismo, far tacere le voci di dissenso, spingere tutta l’organizzazione verso il baratro di una cislizzazione strisciante. Perchè così è stata governata questa organizzazione in questi anni: ricordiamo i tanti voti di fiducia imposti ai direttivi nazionali più cruciali, l’accordo del 28 giugno, quello del 10 gennaio e adesso il tentativo di ricomporre definitivamente la cd unità sindacale con un nuovo pastrocchio sul regime della contrattazione.
Tutti passaggi in cui la crisi devastante di rappresentatività della CGIL è restata sullo sfondo, come un evento naturale e inevitabile: ogni risorsa, ogni intelligenza, ogni sforzo, è stato dedicato da Susanna Camusso e dal suo gruppo dirigente, non al rilancio del nostro sindacato, ma al tentativo di ridisegnarne la governance in senso accentrativo. Fino al tentativo, usando questa C.d.O, di imporre evidenti forzature sul piano statutario senza passare per il congresso – forzature che proveremo a contrastare in ogni sede.
Questa conferenza di organizzazione chiude in qualche modo un ciclo, il più disastroso della storia centenaria di questa organizzazione; e si pone, questo evento, anche come simbolo di questa fase: quanto costa, in termini di risorse dei lavoratori, questa kermesse? Qui in questa sala ( ce lo possiamo dire con franchezza) sono state raccolte centinaia di delegati per ratificare scelte che sono già state assunte altrove. Una finzione di democrazia, una finzione di dibattito, mentre fuori infuria la bufera e il peggior governo di destra (destra seria, destra economica) ci sta mettendo all’angolo su tutti i terreni disponibili.
La Cgil, vista da questa conferenza d’organizzazione, è una struttura autistica, rassegnata a diventare una specie di ente parastatale, un centro servizi, totalmente incapace di pensare a se stessa come guida di un processo di rinnovamento della società italiana. In pochi anni si è passati dai fasti della concertazione alla rottamazione dei corpi intermedi; siamo stati utili quando c’era da tenere bassi i salari e allungare l’età pensionabile; ci hanno dato un calcio nel sedere quando si sentivano abbastanza forti da fare a meno di noi. E’ una stagione che si chiude, e questo fortino, con gli interventi blindati, le procedure fissate, tutto già predefinito, tutto accuratamente preparato nei mesi scorsi per arrivare ad un esisto scontato, è il segno conclusivo di questa stagione.
Di cosa avremmo dovuto invece discutere, in questa fase?
1) come aprire davvero le Camere del Lavoro ai movimenti sociali, al precariato organizzato, alle lotte per il diritto alla casa.
2) come organizzare i precari in una nuova stagione di sindacalizzazione di massa – a cominciare dal precariato che si è sviluppato, in questi anni, mentre noi spesso giravamo la testa dall’altra parte, proprio dentro i perimetri del nostro insediamento sociale, dentro i cancelli delle nostre aziende
3) come affrontare la crisi organizzativa e finanziaria della Cgil, in particolare la condizione inedita e pericolosissima di intere categorie che ormai ricevono più risorse dalla bilateralità che dalle quote delega – e che nei prossimi anni saranno costretti a firmare di tutto, con una brusca ulteriore perdita di autonomia, perchè chi dice no e non firma resta fuori dal gioco degli Enti
4) e ancora, come svincolare il nostro potere contrattuale e lanciare una nuova stagione di in cui si possa andare a testa alta dai lavoratori con piattaforme dignitose, finalmente libere dalle zavorre che ci hanno incatenato per venti anni
5) come chiudere definitivamente la stagione del collateralismo verso quel certo partito – che adesso in CGIL fanno tutti finta di non conoscere, ma a cui fino al 2013 abbiamo fatto campagna elettorale dentro le nostre sedi ! – coi risultati che ben conosciamo
6) e soprattutto, questione delle questioni, avremmo dovuto discutere di come spalancare le stanze di questo sindacato alla partecipazione dei lavoratori, alla riappropriazione della CGIL da parte dei nostri iscritti per un uso operaio e popolare di questo sindacato e delle sue strutture – perchè nessuno oggi, anche in mezzo alla nostra gente, avverte più la CGIL come elemento indispensabile di tutela ed emancipazione della propria condizione.
E’ per questo che oggi presentiamo due o.d.g., nel tentativo di stimolare la parte più sensibile di questa platea, che non è venuta qui, precettata, semplicemente per alzare la mano e tornarsene a casa in un rituale già scritto. Proviamo a lanciare un segnale di esistenza in vita e di protagonismo, da una delle CDL più importanti d’Italia. Proviamo a salvare la CGIL dalla sua deriva.
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