Report del congresso FLC
A cura della delegazione del documento "Il sindacato è un'altra cosa" al congresso nazionale FLC. Napoli, 10-12/4/2014
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Ordini del giorno: 10gennaio; Governo; NoTav; invalsi; reclutamento
Il Congresso della FLC si è aperto con una lunghissima (più di un ora e mezza) relazione di Domenico Pantaleo, segretario uscente ed entrante. Una relazione che sullo specifico della categoria ha sostanzialmente ribadito le classiche posizioni della FLC sulle questioni della scuola e dell’università (contro i tagli, la precarizzazione, i blocchi dei contratti, ecc; autonomia e valutazione in generale positive, ma applicate male e distorte dal governo di centrodestra; ecc). Ma una relazione che nel contempo, nella sua impostazione politica generale, sulle questioni della contrattazione e dell’attuale dibattito confederale è stata tesa a demarcare un proprio posizionamento peculiare, “a sinistra”, differenziandosi esplicitamente sia dalla maggioranza camussiana sia dai landiniani. Questo in particolare su tre elementi: ruolo del conflitto, governo Renzi, discussione in CGIL.
Il ruolo del conflitto. La relazione ha ribadito in diversi passaggi un orizzonte sindacale di fondo in cui permane irriducibilmente il conflitto capitale-lavoro. “La sinistra ha smarrito i suoi riferimenti ideali nel lavoro per sposare acriticamente l’idea secondo la quale non esistono più le classi sociali, proprio mentre le società diventano sempre più classiste!” In questo quadro, “non sono più possibili piccole mediazioni per limitare il danno o semplici aggiustamenti di un modello devastante sul versante sociale … Non ho nessuna nostalgia della concertazione che ha portato a una progressiva istituzionalizzazione del sindacato, senza peraltro incidere realmente sui processi decisionali, e non è più proponibile per i prossimi anni…La contrattazione, non dimentichiamolo mai, significa anche volontà di stabilire degli equilibri di potere. … e i contratti presuppongono un compromesso tra capitale e lavoro che è saltato”. “… “Non c’è alternativa alla necessità di investire su pratiche sociali diffuse e di unire in un progetto generale i tanti frammenti di mobilitazioni territoriali e delle categorie. Sarebbe un errore lasciarsi troppo condizionare dal quadro politico e restare prigionieri delle compatibilità… il realismo non deve sconfinare nel moderatismo perché di troppo moderatismo a volte si muore. Al contrario, serve più radicalità nel difendere le ragioni del lavoro non accettando mai accordi che peggiorano le condizioni “.
Renzi. Il giudizio politico di fondo sul governo, oltre che sulla sua azione, è stato particolarmente netto. “Renzi ha abolito dal suo lessico postideologico parole come capitalismo, sfruttamento, uguaglianza, alienazione, classi e conflitto, escludendo così le esperienze sociali e piegando ancora di più la politica all’economia e facendo apparire gli interessi dei più forti come interessi generali. All’antipolitica dilagante egli risponde proponendo un rapporto diretto tra lui e il popolo…. Tutto ciò è la premessa per la creazione di un sistema a vocazione autoritaria che dà al Presidente del Consiglio poteri padronali… dobbiamo constatare che sono confermati i tagli alla spesa pubblica, privatizzazioni per 12 miliardi e nessun impegno per i contratti… Si conferma l’intenzione del Governo di negare il contratto e di imporre con la legge un nuovo sistema di valorizzazione individuale degli insegnanti Tutto questo è inaccettabile. Non è più tempo di tatticismi di fronte a un atteggiamento di pregiudiziale chiusura…”
Discussione in CGIL. Nel ribadire l’appartenenza alla maggioranza ed evitare quindi una contrapposizione frontale con la segreteria confederale (Il testo unico sulla rappresentanza è sicuramente un passo avanti), Pantaleo ha voluto comunque rimarcare alcune critiche significative alla gestione ed al merito dell’accordo di gennaio: “Non aver fatto una discussione preventiva è stata una delle cause delle divisioni che sono emerse nello stesso percorso congressuale. …. ci deve essere obbligatoriamente il mandato preventivo degli organismi dirigenti della Cgil per sottoscrivere accordi, i quali vanno poi sempre sottoposti al voto dei lavoratori … il voto dei lavoratori sulle intese è vincolante per la Cgil … Le sanzioni non possono riguardare i delegati perché i loro diritti sono legati al voto dei lavoratori e non in capo alle organizzazioni sindacali… Anche gli accordi aziendali devono essere sottoposti al voto vincolante dei lavoratori”. In questo quadro, ha avanzato quindi anche delle critiche alla gestione del percorso congressuale: “Per questa ragione sollecito una discussione interna più libera e meno condizionata da logiche tutte interne agli equilibri dei gruppi dirigenti. Sono rimasto stupito che nel percorso congressuale, partito auspicando una discussione libera, si sia tentato di condizionare o addirittura negare la discussione e la votazione sugli emendamenti assunti dal comitato direttivo nazionale. Non possono mai prevalere logiche di autoconservazione dei gruppi dirigente sulla necessità di un confronto libero e franco con le lavoratrici e i lavoratori”.
Insomma, la relazione risultava molto più spostata a sinistra di quanto la FLC e le stesse posizioni di Pantaleo all’interno del Comitato Direttivo uscente abbiano finora dimostrato di essere. Non credendo in un’improvvisa folgorazione, c’è rimasto un legittimo sospetto che, attraverso l’esibizione di una cravatta rossa e di toni più accesi del solito, Pantaleo abbia tentato di infiammare la platea o almeno di parlare al cuore rosso che ancora rimane in CGIL (una sorta di captatio benevolentiae). Chi poi ha avuto modo di seguire la discussione all’interno delle commissioni perché facente parte o perché sentito in audizione come presentatore di ordini del giorno, ha potuto verificare anche a questi “alti livelli” una differenza sostanziale tra la platea congressuale e le Commissioni, composte ovviamente dai vertici più stretti, ove ogni cravatta rossa veniva riposta e regnava la più assoluta moderazione.
Se i passaggi sul governo Renzi, ed alcuni specifici sulla categoria, hanno effettivamente visto l’applauso della platea, alcuni settori della maggioranza si sono evidentemente trovati in sofferenza rispetto al taglio complessivo della relazione. Una sofferenza ed una distanza che si è espressa nei capannelli e nelle chiacchierate al bar e durante il pranzo, ma poco se non per nulla nel dibattito congressuale e nel confronto politico. Anzi, terminata la relazione ed i saluti di alcuni ospiti (Sel e PRC gli unici esponenti di partito che hanno parlato dal palco), la sala si è svuotata ed è rimasta sostanzialmente semi-deserta per tutta la durata del congresso (cento-duecento presenti in media, gli interventi sono stati ascoltati pochissimo, spessissimo e ripetutamente i delegati chiamati a parlare risultavano assenti). Il congresso si è cioè svolto soprattutto nelle commissioni (che si sono riunite, contrariamente alla prassi, sempre durante la giornata e praticamente mai alla sera), ed in molteplici riunioni parallele (precari, alcuni comparti, delegazioni regionali, componenti e sub componenti). Il confronto non è quindi avvenuto nel dibattito congressuale, né è avvenuto sul piano politico: non si è voluto mettere in discussione le posizioni del segretario della categoria negli interventi dal palco o nel documento politico, la discussione e le tensioni sono emerse solamente in commissione elettorale e (come vedremo) nel voto finale del Comitato Direttivo su Pantaleo (ma sempre implicitamente).
Per il secondo documento erano presenti al congresso 20 delegati su 528 complessivi (3,7% il risultato definitivo che è stato riconosciuto al documento: dei 20 delegati presenti, 1 della Valle d’Aosta, 2 del Piemonte, 3 della Lombardia, 1 del Veneto, 1 del Friuli Venezia Giulia,1 della Liguria, 3 della Toscana, 3 dell’Emilia, 2 del Lazio, 1 delle Marche, 1 della Puglia, 1 della Calabria; a questi compagni e compagne si aggiungevano alcuni invitati).
Per il secondo documento è stato un congresso “tranquillo”, in particolare in confronto ad altri congressi di categoria (FILT, FILCAMS o FILCTEM). Cioè, non abbiamo avuto particolari problemi: rappresentanti del secondo documento sono stati inseriti, con nostro diritto di proposta, in tutte le commissioni ed in tutti gli organismi (vedi commissione elettorale), tra i saluti è potuto intervenire il compagno Fabrizio Burattini del Direttivo nazionale, i nostri interventi non sono stati contingentati rispetto alla percentuale ottenuta. Non che non ci siano stati piccole o grandi tensioni o piccole scorrettezze (la più evidente è stata durante la discussione sull’Invalsi: per evitare il rischio che passasse il nostro ordine del giorno, la maggioranza ne ha fatto un altro, che alla fine proponeva solo una generica volontà di riconsiderare la modalità delle prove; contrariamente a tutti gli altri ordini del giorno fatti propri dalla maggioranza, di cui, su nostra esplicita richiesta, è stato letto di malavoglia solo il titolo, sull’Invalsi è stato letto per intero l’ordine del giorno già approvato, facendo passare il nostro per superfluo ed oltranzista). Ma, nel complesso, possiamo valutare un atteggiamento sostanzialmente corretto.
Vediamo quanto accaduto nelle commissioni e quindi poi nel voto della platea congressuale.
Commissione verifica poteri: per il secondo documento c’era Daniele Chiavelli (Emilia Romagna). In riunione d’area avevamo deciso di astenerci sulla relazione della verifica poteri, in quanto non riconosciamo validi i risultati dei congressi di base. Il Direttivo FLC aveva correttamente deciso di non prevedere l’apertura di seggi di voto dopo le assemblee congressuali, e la segreteria nazionale aveva ribadito questa posizione in una circolare interna. Ma in alcune zone, in particolare al sud ma non solo, ci sono stati dei risultati poco chiari e delle percentuali di voto del secondo documento francamente poco credibili; in Calabria in particolare sono stati presentati diversi ricorsi e denuncie per una gestione scorretta del congresso; in Lazio come in Lombardia sono stati segnalati seggi aperti anche in giorni diversi dalle assemblea, anche in realtà importanti (ad esempio la Sapienza), ecc. Quando è stata presentata questa posizione in Commissione, c’è stata un’alzata di scudi e i componenti della maggioranza hanno detto che allora si doveva bloccare il congresso. Tutti i delegati e gli invitati del secondo documento hanno quindi nuovamente discusso la posizione da tenere, anche davanti alla possibilità di una rottura su questa decisione e valutando la praticabilità di presentare eventualmente una lista alternativa al 3%, nel caso la maggioranza si rifiutasse di proporre lista unitaria bloccata (i numeri li avevamo). Abbiamo quindi deciso di mantenere la posizione di astensione. Il giorno dopo in commissione la discussione è stata molto più pacata e hanno accettato la nostra astensione.
Commissione statuto (per valutare e proporre modifiche allo statuto della FLC): per il secondo documento c’era Antonella Casalino (Toscana). La maggior parte delle modifiche proposte sono state di buon senso o positive (in sostanza, comunque marginali). Due elementi critici: la possibilità nelle “piccole e medie” regioni che il segretario regionale assumesse anche la segreteria del capoluogo o di altra provincia (nelle Marche, ma non solo, uno stratagemma per aggirare il limite di mandato); la nostra proposta di rimettere in discussione la struttura di comparto dei dirigenti scolastici (che in quanto dirigenti, sono controparte) non è stata accolta nemmeno come terreno di confronto in Commissione. Il punto più delicato è stato fondamentalmente quello di metodo: le proposte di modifiche sono state messe al voto tutte insieme e non nel loro dettaglio (una per volta), per evidente paura che quella più delicata (segreteria regionale) non passasse; la richiesta, da noi appoggiata, di votare punto per punto è stata infine messa ai voti e bocciata dalla platea. Le modifiche sono state quindi approvate con 294 voti favorevoli, 44 contrari e 28 astenuti. Al di là delle apparenze, sono cioè passate per soli 20 voti: dovevano infatti esser approvate dai ¾ dei votanti (cioè almeno 275 su 366).
Commissione politica: per il secondo documento erano presenti Diana Terzi (Emilia Romagna) e Giancarlo Benazzi (Lombardia). In commissione abbiamo dichiarato sin dall’inizio che avremmo fatto un documento alternativo, considerando anche l’esistenza di un documento politico di categoria dall’inizio del percorso congressuale, che aveva avuto il voto contrario dei nostri componenti del Direttivo. La discussione nella maggioranza, oltre che suo documento politico, si è concentrata in particolare sulla questione di alcuni emendamenti al documento 1, sul Testo unico (è stata costituita un’apposita sottocommissione) e su alcuni ordini del giorno. In ogni caso è stata raggiunta una sintesi-mediazione nella maggioranza, che ha compreso anche LavoroSocietà e la ex-CGILchevogliamo, dal momento che le posizioni camussiane non si sono particolarmente esposte e tutt@ sono risultati “coperti” dalla sintesi di Pantaleo espressa nella relazione (come, nello stesso tempo, LavoroSocietà non è apparentemente stata attraversata dalle tensioni interne con i “pattiani” che si sono mostrate in altre categorie o territori).
Il nostro documento alternativo è allegato. Il documento conclusivo di maggioranza ha ottenuto 264 voti (su una platea teorica di 528, ma con moltissimi assenti anche per l’ora di voto, primo pomeriggio di sabato), il nostro documento 20 (conquistando quindi qualche voto, essendo noi rimasti in 16 o 17 in platea), 14 astenuti (sostanzialmente l’area ex-CGILchevogliamo, la delegazione di Reggio Emilia voleva fare dichiarazione di voto di astensione ma non gliel’hanno lasciata fare).
Abbiamo poi presentato altri 5 ordini del giorno (gli unici arrivati al voto della platea): uno sull’Invalsi, uno sul Notav, uno sul governo Renzi, uno sul reclutamento, uno sul testo unico (testi allegati).
ODG Invalsi. Su questo, la maggioranza ha tentato una mediazione, proponendoci di eliminare la parte sullo sciopero. Dopo una discussione tra i delegati del secondo documento, non essendo possibile tale mediazione, è andato ai voti. Ha ottenuto 60 favorevoli, 157 contrari, 10 astenuti.
ODG No Tav. Il segretario di Torino (poi intervenuto nella dichiarazione contraria in congresso) ha sostenuto in commissione che, dato che in Piemonte era passato un odg che diceva che era necessario un ripensamento sulle grandi opere, non c’era bisogno di presentarne un altro che tirava in ballo altre questioni. In realtà, un compagno di Lavoro e Società ha spiegato “a lato” della discussione qual era il problema: noi abbiamo chiesto solidarietà per gli arrestati, questo non andava bene perchè il giorno prima c’era stato un attacco ad un autista del giudice che segue il procedimento. Il problema insomma è la legalità, le proteste vanno bene ma senza esagerare e guai a confondersi con chi dissente in modo “eccessivo”. Siccome non siamo stati disponibili a ritirarlo, anche questo è andato ai voti. Ha ottenuto 51 favorevoli, 147 contrari, 34 astenuti.
L’ODG sul governo è stato assunto dalla commissione, e quindi non si è votato.
L’ODG sul reclutamento è andato ai voti perché la posizione della FLC è che per risolvere il reclutamento si devono fare i concorsi e quindi chiedere che non si facciano non è la posizione ufficiale. Sul resto dell’odg, erano disposti ad accettarlo. E’ l’unico ordine del giorno che non ha ottenuto particolari consensi oltre quelli della nostra delegazione: 20 favorevoli, 206 contrari, non hanno contato gli astenuti.
L’ODG del 10 gennaio è stato messo ai voti con parere negativo della commissione. Il nostro intervento a favore è stato svolto da una compagna, delegata RSU dell’Università di Milano. Quello contrario direttamente da Pantaleo, che ha ribadito con enfasi la posizione espressa dalla relazione. Nonostante questo, l’ordine del giorno ha ottenuto 30 favorevoli, 197 contrari, 1 astenuto.
Commissione elettorale: per il secondo documento c’era Luca Scacchi (Valle d’Aosta). Il confronto del congresso, non essendosi espresso negli interventi e sugli ordini del giorno, si è in realtà concentrato qui, nella formazione degli organismi dirigenti. Ma, ovviamente, si è espresso implicitamente o comunque molto cripticamente. Le osservazioni qui avanzate sono quindi parziali e con un certo grado di interpretazione.
Nella discussione sui criteri, come poi nella prima proposta e in tutto il lavoro della commissione (confermato il numero di partenza di 130 componenti del Direttivo) , sono infatti emerse in modo evidente diverse tensioni. Oltre a quelle ”classiche” sui comparti (in particolare per università e ricerca) e quelle di alcuni territori, sono risultati evidenti alcuni elementi “politici”. LavoroSocietà ha chiesto il rispetto della sua percentuale ”concordata”, mai espressa esplicitamente (intorno al 20%?). Non l’ha ottenuta pienamente, ma si è parecchio avvicinata. Le tensioni maggiori si sono però accumulate su due altri versanti. Il primo è quello di alcune regioni più grandi (e rappresentate da segretari regionali più apertamente “camussiani”), che hanno contestato la necessità di farsi carico nella loro quota di riequilibri politici o di comparto imposti dal centro, con interventi polemici e dando vita a scambi accesi con altri esponenti di maggioranza. Il secondo è stato quello della ex-Cgilchevogliamo, che chiedeva una rappresentanza maggiore di quella assegnata e soprattutto chiedeva di non rispettare le quote interne di genere e di comparto. Se sulle tensioni dei territori è stata raggiunta una “quadra” (anche per la riduzione della “quota” del centro nazionale), sino a sabato mattina alle 10 (e oltre) risultava probabile la presentazione di una lista del 3% da parte della ex-Cgilchevogliamo. In realtà loro stessi erano attraversati da notevoli tensioni (una parte dei delegati avrebbe voluto presentarla comunque, anche senza molto senso politico stante la relazione di Pantaleo e l’atteggiamento in commissione politica). All’ultimo minuto è stato comunque trovato un accordo, che ha previsto 6 componenti nel direttivo (4 uomini e 2 donne) e 3 negli organismi collaterali, tutti uomini (collegio verifica e sindaci).
Sulla proposta nominativa avanzata dal secondo documento non è stata sollevata nessuna obiezione. La delegazione è così composta: Diana Terzi (Emilia Romagna, scuola, docente, RSU, “giovane”), Anna Della Ragione (Toscana, scuola, docente), Luca Scacchi (Valle d’Aosta, università, ricercatore), Giancarlo Benazzi (Lombardia, scuola, ATA), Francesco Locantore (Lazio, scuola, precario,”giovane”).
Solo dopo la chiusura del direttivo si è discusso degli organismi collaterali. Come secondo documento avevamo chiesto sin dal primo giorno una presenza, “di garanzia” per una minoranza politicamente e chiaramente costituita con un documento alternativo, che non ci era stata assicurata. Dopo le tensioni nella maggioranza si riteneva poco probabile ottenerlo, per il suo utilizzo a compensazione delle tensioni nella maggioranza. E’invece stata accolta la nostra proposta di Marino Bergagna (Friuli Venezia Giulia) nel collegio dei sindaci.
Le diverse tensioni politiche e territoriali si sono infine esplicitate nel voto al Comitato Direttivo e poi, nello stesso direttivo, sulla conferma di Pantaleo. Il CD è stato approvato con 400 favorevoli, 66 contrari, 17 bianche e 3 nulle. Pantaleo è stato eletto, su 120 presenti del CD, con 83 favorevoli, 27 contrari (tra cui noi 5), 10 tra nulle e bianche.
Nel corso della riunione dei delegati del secondo documento si è comunque deciso di organizzarci in FLC, a partire dalle posizioni che abbiamo definito in categoria, nel quadro del percorso di costituzione di quell’area di opposizione nella CGIL che sarà definita al termine del congresso di Rimini (decisione dell’assemblea di Bologna del documento “Il sindacato è un’altra cosa”). Un’area organizzata in categoria che dovrà esser capace di sviluppare non solo una critica negli organismi della FLC (nazionali e territoriali), ma anche un intervento attivo ed autonomo di elaborazione, di proposta, di indicazione politica e sindacale nei confronti dei lavoratori e dei movimenti di lotta. In questa direzione sono stati elaborati in particolare sia il documento politico conclusivo, sia alcuni ordini del giorno come quello dei precari che, integrato da una premessa analitica già approvata, definisce una vera e propria piattaforma rivendicativa della nostra area su questa questione. In questo quadro e con questa prospettiva, i delegati al III congresso della FLC del documento il “sindacato è un’altra cosa” hanno deciso, all’unanimità, di attivare sin da subito una mailing list di tutti i componenti del nostro documento negli organismi nazionali e nei direttivi regionali, o in loro assenza dei nostri punti di riferimento territoriali (per socializzare la discussione), e di organizzare un successivamente un incontro nazionale per fare il punto e cercare di strutturarci a livello nazionale.
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