Congresso Filcams, il report
In quell’occasione veniva loro improvvisamente comunicato che la percentuale “definitiva” raggiunta dal documento si attestava sullo…. 0,75%! Increduli, i compagni, forti di circa 2.800 voti su 125.000, poi diventati successivamente 131.000 della maggioranza, chiedevano esplicite spiegazioni e dopo alcune verifiche ed immancabili continue novità che confermavano quanto affermato dagli esponenti del 2° documento, si arrivava a condividere un 2,05 % che poi si trasformava al congresso in un definitivo 2,12%. Magie dei numeri…
Da notare che in tutti i comparti si era registrata una bassissima affluenza alle assemblee (unica eccezione la regione Campania che registrava una presenza di oltre l’83% di partecipazione ai congressi di base) che sistematicamente lievitava laddove i seggi rimanevano “aperti” e fuori dal controllo dei sostenitori del documento alternativo. Analogie già viste e vissute un po’ ovunque all’interno di questa tornata congressuale in tutte le categorie.
Nel primo giorno dei lavori congressuali i nostri 17 delegati (oltre a qualche invitato) condividevano la linea già tenuta quasi ovunque nei congressi provinciali e regionali precedenti (con l’eccezione di alcune province e regioni): non certificare i risultati delle votazioni dove palesemente falsi e, attraverso una breve comunicazione, denunciare le operazioni truffaldine ed i brogli consumati dalla maggioranza. Questi passaggi venivano accompagnati dalla forte ostilità politica che si respirava in sala nei nostri confronti e soprattutto da una relazione introduttiva del segretario nazionale uscente Franco Martini che, dopo un’analisi accurata delle tragedie sociali subite e vissute dalle lavoratrici e dai lavoratori del settore, si concludeva con vere e proprie staffilate contro la Fiom, Landini, le sue posizioni e chi lo difendeva dentro la categoria. Le battute finali sono state di una determinazione tale da far ammutolire molti dei presenti in sala mentre altri, ringalluzziti e forti di un’intoccabilità garantita dal quadro burocratico presente, si spellavano le mani dagli applausi. Stesso episodio si è consumato quando lo stesso segretario ha lodato e annunciato, come “strumento utilissimo”, il testo unico sulla rappresentanza sindacale coadiuvato dagli accordi del 10 gennaio 2014.
Da ricordare che il segretario della Camera del Lavoro di Rimini, Graziano Urbinati, ha sottolineato, nel suo breve intervento di apertura, che le assemblee fatte nei luoghi di lavoro nel mese di marzo sul territorio hanno registrato il…78% di consensi sull’accordo suddetto. Resta da comprendere realmente, ed esempi concreti non ne mancano in tema di assemblee fantasma, quando abbiano avuto modo di organizzarle dal momento che i tempi erano così ristretti ed estremamente contingentati.
In virtù di questa nostra posizione ci veniva comunicato che, stante il fatto che non riconoscevamo i voti assembleari e, ovviamente, la stessa platea congressuale, la maggioranza si riconosceva il diritto di decidere se darci o meno spazio, in base alla percentuale acquisita, nel direttivo nazionale (4 posti) e altro (un delegato al congresso nazionale confederale ed un membro al collegio di garanzia). Nel secondo e terzo giorno si concludevano gli atti finali di una vera e propria kermesse congressuale della maggioranza (con tanto di concerto serale) che, nonostante la platea comprendesse anche delegati lavoratori, risultava quanto mai distante dai veri problemi del lavoro per milioni di addetti della categoria la quale, contraddittoriamente, continua a crescere per numero di tessere, legate soprattutto a cause legali e/o a vertenze riferite a precarietà e disoccupazione.
Una volta appresa la decisione della maggioranza di tenerci fuori da tutti gli organismi dirigenti e sottrarci quindi perfino il diritto di presenza e di voto, impossibilitati a raggiungere la percentuale del 3% attorno ad una lista elettorale alternativa così come impostoci, il compagno Aron Timpini saliva sul palco per dare lettura di una nostra dichiarazione che denunciava il fatto subito come una una grossa violazione dei principi democratici che si stavano consumando nella categoria, ricevendo boati di disapprovazione davvero poco eleganti per chi si scandalizza quando le contestazioni sono fatte da altri, in piena contiguità con atteggiamenti assolutamente irrispettosi della democrazia; appena dopo e nonostante tutto, il congresso approvava un dispositivo (con un solo astenuto) che ufficializzava il fatto che tutti i 197 membri del futuro direttivo dovevano essere espressione della sola maggioranza. Nello stesso pomeriggio del secondo giorno congressuale veniva rifiutata la parola anche a Giorgio Cremaschi adducendo “limiti di tempo”.
Come ultimo atto, a questo punto, considerando concluso il nostro percorso ed essendoci preclusa ogni iniziativa concreta per vedere rispettati e rappresentati i nostri 2.800 voti (veri), corrispondenti a lavoratori iscritti alla Filcams Cgil, decidevamo di abbandonare il congresso attraverso un preciso intervento del compagno Nando Simeone, ascoltato in assoluto silenzio della platea, in cui e per sommi capi, comunicavamo la rinuncia a presentare anche tre nostri ordini del giorno specifici (10 gennaio, contrattazione interna, ruolo enti bilaterali) e di un documento alternativo. Ricevevamo pochi e sinceri attestati di stima che ci rinfrancavano e che confermavano la nostra “uscita di scena” a testa alta e con dignità politica che ci configurava definitivamente come un’area congressuale diversa da tutte quelle viste negli ultimi congressi.
Il Direttivo nazionale veniva poi eletto con 7 voti contrari e 2 astenuti mentre Franco Martini veniva riconfermato segretario nazionale con il 90% circa dei consensi.
Un’altra brutta pagina di storia sindacale dentro questa categoria veniva così portata a termine…
Per il documento “Il sindacato è un’altra cosa” ,
Enrico Pellegrini
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