Lamborghini: soldi pubblici italiani al padrone tedesco

di Sergio Bellavita

di Sergio Bellavita – Il consenso unanime che ha accolto l’accordo sindacale alla Lamborghini di Sant’Agata Bolognese è un po’ il frutto amaro di questa lunga stagione di distruzione di coscienza collettiva e capacità di critica. Da Renzi a Landini alla stampa mainstream e non, passando per Confindustria, tutti si sono sperticati in elogi forsennati all’operazione che porterà in Italia la produzione di un nuovo suv della casa automobilistica del gruppo Audi. Il più contento è certamente l’amministratore delegato Stephan Winkelmann a cui non deve essere sembrato vero poter ottenere 100 milioni di euro da un paese affossato dalle cure poco premurose della Troika. In soldoni vuol dire che per più di sei anni lo stipendio ai 500 assunti per produrre il suv lo pagherà direttamente lo stato italiano. Non meno contento Renzi che ha potuto dimostrare all’opinione pubblica il suo impegno per l’occupazione e si sa, in campagna elettorale può tornare utile.

Anche Landini esulta in quanto può testimoniare la responsabilità della Fiom e stigmatizzare le differenze tra i tedeschi che contrattano e l’ostracismo di Marchionne, sebbene tutti capiscano che quel modello non è generalizzabile. Ma è vera gloria? L’accordo va valutato sotto due
aspetti. Il primo è quello strettamente sindacale. La Fiom ha concordato il rafforzamento di un modello di cogestione delle ricadute delle scelte aziendali. Non è certo facile, e va riconosciuto, conquistare un sistema di relazioni fondato su un’informazione preventiva e dettagliata ma, con buona pace delle lotte contro la precarietà, si consegna all’azienda la totale discrezionalità sulla scelta dei lavoratori
precari da stabilizzare arrivando persino a mutuare dal contratto a tutele crescenti il meccanismo di compensazione economica per la mancata assunzione. Chi è poco avvezzo alle questioni sindacali lo troverà positivo, è pur sempre qualche euro in più rispetto al tradizionale calcio nel sedere delle altre aziende. Ma non è così per la semplice ragione che un sindacato che firma quel sistema autorizza le aziende nella gestione del lavoro precario, così molto meno costoso di quello somministrato, e si lega le mani dal poter tutelare chi volesse intentare causa
all’azienda. 220 euro al mese sono una cifra irrisoria rispetto alla tranquillità di non avere contenziosi visto che quasi certamente verranno
riconosciuti solo a fronte di una bella conciliazione tombale individuale. Questa “innovazione” ha cancellato il precedente sistema, ben
più tutelante, che definiva il bacino dei precari e una graduatoria nell’assunzione. I tedeschi incassano anche un robusto aumento dei
carichi con l’accettazione del modello MTM-UAS, componente del sistema di misura e controllo dei carichi di lavoro tristemente noto,
almeno per chi lo subisce , come Ergo-Uas. Quello cioè che la Fiom ha rifiutato di sottoscrivere in Fiat. Inoltre si concorda l’introduzione
del welfare contrattuale tanto caro soprattutto alla Fim Cisl che ne ha fatto un suo cavallo di battaglia nella contrattazione di restituzione in
cui si scambiano giorni di ferie per buoni acquisto libri o vacanze. I soldi per i lavoratori ci sono, così come è significativa la normativa sui
diritti. La parte economica è di tutto rispetto sia per la parte strutturale che per l’ammontare del premio di risultato anche se si
accetta l’introduzione di una quota salariale denominata “team bonus” che diversificherà i premi riconoscendo le gerarchie e la
meritocrazia unilaterale dell’azienda. In sostanza per i lavoratori della Lamborghini è un buon accordo se si eccettua l’aumento dei
carichi ed è comprensibile l’alta percentuale dei si. Per l’interesse generale dei lavoratori non è un buon accordo. In primo
luogo perché è fortemente corporativo e aziendalista. Il sindacato in quel modello inizia e finisce ai cancelli della fabbrica, gestisce insieme al
padrone la produzione, i buoni e i cattivi lavoratori. Non c’è nulla che richiami ad una lotta generale, non c’è nulla che richiami al
contrasto al jobs act. Non c’è il caro vecchio articolo 18 cancellato dal duo Fornero Renzi. Particolare che rende più che mai aleatoria la
stabilità occupazionale. Il padrone Audi non ha mollato il comando, solo ha bisogno di un sindacato che collabori e che assuma come comune il primato della qualità e della competitività delle sue merci. È questo Audi lo incassa, insieme ad una montagna di soldi. Non a caso il corriere della sera ha parlato di svolta Fiom. Infine una parola va spesa sul senso generale di questo accordo. Il governo della nuova ondata di privatizzazioni regala soldi ad un’impresa che porta in Italia un modello di auto. Lo stato non può più fare impresa pubblica ma può bellamente continuare a regalare i nostri soldi a padroni che hanno come unico scopo guadagnare dal perenne ricatto sullo spostamento delle produzioni. Un meccanismo vergognoso che droga il cosiddetto libero mercato. L’ad tedesco ha detto di aver scelto l’Italia per le ottime condizioni che si sono prodotte. Bontà sua. L’Italia è ormai un paese low cost. Se poi si ricevono anche cospicui aiuti che si aggiungono
a quelli della legge di stabilità…In realtà non vi è nessuna certezza sulla durata di queste nuove produzioni e della nuova occupazione
prevista. Siamo davanti alla classica operazione di rapina che sempre le multinazionali agiscono. Prendi, spremi e fuggi. È davvero questa la
politica industriale che rivendica la Fiom? È incomprensibile come si possa approvare o addirittura enfatizzare l’uso di risorse tagliate alla spesa sociale pubblica per destinarle ad interesse privato. Perché, sebbene sulla carta si creino 500 posti di lavoro, pur sempre nelle tasche
dei padroni tedeschi finiranno. Così in realtà si accetta e si incentiva la guerra tra paesi e lavoratori per accaparrarsi le produzioni. Chi
offrirà di più la prossima volta? Cosa faremo la prossima volta per convincere i tedeschi a non andare via?

Lascia un commento